Il nuovo lavoro God 3 – Myself 0 dei bolognesi My Own Parasite strega al primo ascolto nella sua complessa struttura. Il concept del doppio e dell’opposto che si svolge tra i due cd (cd1 elettrico e cd2 acustico), tra il cantato in inglese e italiano, tra il post-rock e il noise ai limiti del grunge, denuncia un suono personale pur affondando le radici d’ispirazione in grandi come Fugazi, Tortoise, Nirvana. God 3 – Myself 0 è legato fortemente al bellissimo artwork (firmato Ericailcane) che metaforizza la battaglia tra Dio e noi stessi (poveri diavoli). La fruibilità e la densità di contenuti sonori e lirici del disco ci hanno spinto naturalmente a voler approfondire il mondo di questi tre parassiti interiori di Bologna (Ale, Carlo e Christian) che credono nella musica e nell’arte come mondi della contaminazione (indicative anche le collaborazioni con il regista Toni D’Angelo).
Iniziamo dalla scelta del titolo del vostro nuovo lavoro, God 3 – Myself 0, per approfondire il concept del disco?
Ale: L’idea del titolo è nata da un verso di Swimming pool full of boredom, ci piaceva semplicemente l’immagine di rimando della frase… la dualità che ha poi caratterizzato il lavoro è arrivata quasi per caso: per farti un esempio il disco acustico è nato in soggiorno prima di mettersi a tavola, per scherzo; giocando con una chitarra classica abbiamo sentito che i brani, arrangiandoli con accordi aperti “da spiaggia”, funzionavano un bel po’ e ci siamo messi al lavoro per registrarli. L’apporto più potente all’immagine del disco è quello di Ericailcane curando l’artwork, la sua è stata un’interpretazione che ci ha conquistato immediatamente. Quindi alla fine ci siamo trovati un po’ con un “concept” senza volerlo troppo.
Carlo: Sì, effettivamente Swimming pool full of boredom è un brano che un po’ alla volta si è rivelato importante, torna tre volte nel disco in varie salse. Al testo sono abbastanza legato, è una specie di preghiera blasfema… e abbiamo pensato potesse suggerire una “direzione” suggestiva all’album, io sono un po’ fissato con Dio e le varie rivolte metafisiche.
Perché la necessità di esprimere la vostra musica in due anime, quella elettrica del primo disco e quella acustica del secondo?
Ale: Come ti dicevo un po’ per caso e un po’ no. L’idea di separarci dai generi e allo stesso modo di usarli tutti con serenità ci appartiene fin dai primi dischi. Ecco: con la dimensione acustica e con l’elettronica non avevamo ancora stabilito dei contatti, quindi abbiamo colto un’occasione che, quasi per scherzo, si è presentata.
Carlo: inoltre nei lavori precedenti siamo stati (volutamente) lontani dalla melodia più tradizionalmente rock, oggi l’abbiamo voluta ripescare e la dimensione acustica ci offriva la possibilità di approfondire questo aspetto. In passato i rimandi al “grunge” e, in genere, al rock con cui siamo cresciuti non era esplicito, con God 3 – Myself 0 lo abbiamo un po’ celebrato.
Come nasce un brano come Running disorder?
Ale: Nasce da un riff di chitarra che fa l’occhiolino agli Slint, a cui si aggiunge un altro riff che grida ai Fugazi, entra una voce un po’ darkettona e poi giù per cinque minuti… sappiamo che siamo e suoniamo quello che ci piace sentire e ascoltare. Non ci spaventa e anzi ci diverte. Non abbiamo mai avuto la pretesa di inventare nulla, e siamo contenti quando qualcuno, come te, nota che l’identità esce ugualmente.
Catalogare la vostra musica tra post-rock e noise è riduttivo?
Ale: No, direi di no… l’ambiente nostro è quello. Con le colonne sonore abbiamo l’occasione di sperimentarci e di metterci in discussione come suonatori e di interpretare questo nostro ambiente di appartenenza in ambiti e generi altri.
Carlo: come tutti non esco pazzo per le etichette, ma il termine “noise” lo adoro e mi piace usarlo nelle accezioni più vaste e… “esistenziali” possibili, mi piace pensare che facciamo un certo tipo di noise.
Christian: Il mio problema, o la mia fortuna, è che mi stanco in fretta, cerco di trovare sempre nuovi stimoli quando suoniamo e quindi non credo che i MOP abbiano o avranno un genere ben stabilito, è semplicemente lo “Zeitgeist”del momento a farci lavorare in una direzione, che spesso non coincide con lo tendenza della musica rock di altre band nostrane.
L’artwork del disco?
Ale: Ericailcane è un nome d’arte di un nostro caro amico che ci tatua, ci ha fatto un video meraviglioso di Killer elite (una canzone del nostro primo disco), e la copertina di quest’ultimo lavoro… quindi è nata dal suo talento e dalla fortuna esserci incontrati cinque anni fa.
Carlo: MEAT IS MURDER
In alcuni brani prediligete le parti prettamente strumentali che ben si prestano a colonne sonore di lungometraggi. Mi raccontate della vostra collaborazione con il regista Toni D’Angelo?
Ale: qui si va indietro nel tempo… Toni lo conosciamo in quanto io e lui frequentavamo il DAMS di Bologna, lui con il pallino del cinema e io con quello della musica. Poi Toni si trasferì a Roma e finì lì l’università mentre io e i parassiti ci siamo laureati tutti a Bologna. Tuttavia non ci siamo mai persi di vista e al contrario è nata una collaborazione che ormai conta i sui otto anni. Siamo partiti musicando i suoi corti e lui ci fece il video di God-me (sempre del primo disco) fino ad arrivare al film Una Notte per il quale abbiamo composto la colonna sonora. Anche qui come per Ericailcane un’amicizia di fondo e la voglia di lavorare assieme sono stati il collante. Purtroppo la distanza che ci separa non ci dà possibilità di frequentarci come vorremmo; quindi fare cose assieme è un’ottima scusa anche per stare assieme.
Creare musica cosa significa per voi?
Ale: Che domandina! Significa suonare la mia bellissima telecaster deluxe, fare dischi, concerti e stare con la gente che fa la stessa cosa, che spesso sono amici; significa mettersi in gioco spesso e cagarsi sotto, significa essere in tre con tre teste diverse e stare a sentire che cosa esce a questo giro.
Carlo: so che suona scontato, ma andando al nocciolo della questione, la questione svanisce. Non posso immaginare di non “fare musica” in qualche modo. E’ come se mi si chiedesse cosa significa mangiare, è naturale farlo! Su cosa mangiare poi ci si può spaccare la testa, e infatti sul cosa e come suonare ho sempre mille paranoie e mille entusiasmi, ma suonare di per sé e come far la pipì la mattina appena alzati.
Christian: cercare di stare lontano dalle cattive compagnie, o peggio, da quelle noiose!
Cinque dischi da portare su un’isola deserta?
Ale: Nirvana – In Utero; Silver Mt. Zion – This is our Punk Rock; Radiohead – KidA; Pink Floyd – Ummagumma; Sonic Youth – Washing Machine.
Carlo: Nirvana – In Utero; Radiohead – Ok computer; Pink Floyd – The wall; Nine Inch Nails – The downward spiral; Fabrizio De Andrè – Creuza de ma.
Christian: Smashing Pumpkins – Mellon Collie And The Infinite Sadness; AC/DC – Highway to hell; Una bella antologia di Elvis Presley; Pink Floyd – The Dark Side of the Moon; Coil – Stolen and Contaminated Songs.
Quanto dovete al web (es. MySpace, peer to peer, lastfm) in termini di promozione della vostra musica?
Ale: Non saprei quantificare… forse qualcosa in più di prima sicuramente. Certo è che il prezzo è caro! Noi non vediamo di buon occhio lo svilimento della qualità audio e la perdita del valore del supporto che internet e quel tipo di commercio ha imposto, e sto parlando da fruitore e non da musicista che lo prende nel culo solo perché i dischi non si vendono più. Chi si è arricchito finora sono solo le case discografiche e certi artisti ovviamente. Chi come noi abita il mercato indipendente ci rimette senza averne mai lontanamente guadagnato. E’ molto bello accedere liberamente alla musica senza dover spendere i soldini… ma fra un po’ chi i soldini non li ha mai avuti morirà. Quindi io vorrei fare un appello: “ragazzi, scaricatevi tutto il ben di Dio di gente che ha i mezzi per poter andare avanti cent’anni (vedi la mossa dei Radiohead), ma per i poveri sfigati come noi che si sbattono a fare il doppio disco a prezzo politico di 10€, in quel caso io sono per la manina al portafoglio, come per il cinema , come per il teatro e come per tante altre cose… e, ripeto, parlo prima da fruitore”.
Grazie.
Ciao e Grazie!!!!!