Quattro anni fa gli Hollowblue si affacciavano al balcone della musica “made in Italy”: di fronte a loro un panorama ricco, forse troppo per gli spazi che effettivamente c’erano. Tante api laboriose in un alveare troppo piccolo, quasi tutte le celle sono occupate, alcune di queste api occupano addirittura abusivamente. Gli spazi sono ridotti e riuscire ad imporsi con autorità non è questione da poco. Il loro genere è ricercato e non così immediato nei sui rimandi lirici e musicali ad una cupa poetica romantica. Era il 2004 quando gli Hollowblue stupivano i pochi che riuscirono a trovarsi tra le mani un album quasi privato, tanto intimo, molto audace. Un numero di copie limitato, con ogni disco numerato uno ad uno, a mano, con calore. Una rarità che potrà diventare pretesto di invidie: un tesoro, un dono, un segreto. Ma è tempo di svelare i segreti, ed è bene farlo in larga scala. L’album, pubblicato la prima volta con la Suiteside, da pochi giorni vive la sua nuova esistenza digitale. Il mercato musicale che si affaccia al net sembra un mezzo portentoso per donare luce a quel materiale che, volente o nolente, ha goduto dei suoi claustrofobici spazi, e ora pretende di uscire allo scoperto. Come di fronte ad un biblico miracolo di moltiplicazione, le copie limitate dell’album ora possono essere assaporate anche da chi si è fatto sfuggire una perla preziosa o da chi, ignaro, viveva senza accorgersi di ciò che si era lasciato alle spalle. Questo è possibile grazie alla caparbietà e alla lungimiranza della band che ha deciso di realizzare un’etichetta personale (A cup in the garden) al solo fine di pubblicare in digitale materiali inediti, rarità e live della band stessa. Poi i-Tunes farà il resto.
Appare profetico pure il titolo dell’album, che sembra giocare con questa nuova situazione di rinascita in cui chi non ha tra le mani il prodotto materiale deve voltarsi e correre incontro a ciò che per la strada non seppe raccogliere. What you left behind. Se nel 2004 la band impressionava per la sua marmorea personalità artistica e musicale, ora l’ascolto di quest’album permette di chiudere un cerchio, e osservarne tanti altri allargarsi. Gli Hollowblue sono il naturale prolungamento delle idee di Gianluca Maria Sorace che tanto ammiccano a personaggi del calibro di Nick Cave, Bowie, edulcorati con il criptico ed ombroso fascino di Jim Morrison. Le note di Black birds sono le prescelte per aprire l’album. La voce profonda e vetrificata è capace di tagliare senza far sanguinare come una lama rovente, bagnata nel whisky. Il brano che presta il titolo all’album è una ballata dolorante che porta dentro tutte le sofferenze dell’animo umano, arrancando alla ricerca di spiragli di luce naturale. Il terzo pezzo vanta la semipaternità di Antony Reynolds (dei Jack): “Io bevo” è scritta e cantata dall’artista inglese insieme a Gianluca Maria Sorace, ed è forse il pezzo più coinvolgente nel suo trascinarsi a terra, affaticato e sconsolato. La vellutata Baker sfoggia un’eleganza dimenticata negli anni del “bianco e nero” mentre la più variopinta Days of wintry hill… danza sospesa nell’aria grazie al violino e batteria, chitarra e basso giocano a creare continui vuoti ed imprevedibili folate di vento. L’ultimo pezzo è Triplex sin, in cui tutte le ombre dei pensieri di Sorace trovano magicamente forma nelle dilatazioni musicali in un crescendo che trova un finale di redenzione. Dopo 26 minuti e 35 secondi ha termine un album che indubbiamente è un piccolo capolavoro da rispolverare, anche per capire ed assaporare la nascita delle prossimi produzioni della band (dopo l’apprezzatissimo Stars are crashing in my backyard – Midfinger 2008, sono previsti due album per il 2009).
What you left behind è per chiunque abbia voglia di guardarsi dentro, senza paura, senza muovere un sopracciglio. Eleganti maschere bruciate dal dolore, da indossare per quasi mezz’ora. Quando le si toglie, resta solo il candore.
Credits
Label: (Suiteside Records – 2004), A cup in the garden – 2008
Line-up: Gianluca Maria Sorace (voce, chitarre, organo, loops, piano, maracas) – Marco Calderisi (chitarra elettrica) – Giancarlo Russo (basso) – Chiara Cavalli (violini, piano, vibraphone) – Federico Moi (batteria)
Tracklist:
- Black birds
- What you left behind
- “Io bevo”
- Baker
- Days of wintry hill…
- Triplex sin
Links:Sito Ufficiale,MySpace
Black birds – Preview
“Io bevo” – Video