Dietro un nome che evoca visioni, un gruppo ha tessuto cinque brani che sembrano provenire o appartenere ad altri luoghi ed altri tempi e che, proprio per questo, si impongono al sentire come una musica che sta oltre l’attimo e lo spazio determinato, in una dimensione propria della creatività fresca e vivace, brillante con il suo essere madre di sonorità lucenti. Le canzoni, come tinte acide ed al contempo accattivanti, si addentrano nei sensi e a questi parlano di una cura e di un’attenzione che hanno saputo far risplendere ancor di più le pennellate di suoni corrosivi, pungenti, penetranti date da gesti guidati da una consapevolezza e un gusto decisi. La voce disegna schizzi ed esplosioni di colore su un tappeto fatto di colpi, tratti e tocchi, un tappeto creato dagli strumenti proiettando i giochi del caleidoscopio o le danze delle dita. È un quadro fatto di fuochi e reticoli, di intrecci ben congegnati e luci questa musica che ha il profumo dell’aria all’imbrunire, di una strada che costeggia l’oceano, dell’acqua fredda di una sorgente, di un campo che si è appena ricoperto di gemme. Here comes the hurricane, come una tela su cui sono iscritte azioni e slanci, ha una forma la cui armonia nasce dall’equilibrio di contrasti, la staticità perciò non gli appartiene, gli sono piuttosto proprie dinamiche che il corpo per primo recepisce. La musica degli Hiroshima mon amour sembra esser fatta perché a coglierla sia proprio il corpo nella sua interezza, un corpo in viaggio nel vento o su sentieri che si dipanano tra memoria ed avvenire. Le canzoni stesse appaiono come un viaggio, come un movimento, come un avanzare che attraversa paesaggi e sensazioni. Come un viaggio on the road o una serigrafia di Warhol, Here comes the hurricane lascia nei sensi immagini vivide da accarezzare o sognare e fughe da assaporare. Tra pop e new wave, le note e la voce fanno scorrere l’idea e la realizzano, le danno una forma solida o una concretezza quasi toccabile che pure resta fluida…un flusso da ascoltare, da sentire. Squarci, crepe, tagli e abrasioni possono divorare o aprire, devastare o portare un ordine nuovo, “L’uomo è inconsciamente attratto dal fascino perverso della distruzione“, questo ricorda Susan Sontag… e la distruzione ha il suo fascino nell’essere un germe o un seme su cui la costruzione del nuovo può fondarsi. Nelle sonorità degli Hiroshima mon amour si scopre così la fecondità del gesto che graffia.
Credits
Label: Autoprodotto – 2008
Line-up: Mattia (voce) – Davide (chitarra) – Nicola (basso) – Riccardo (batteria)
Tracklist:
- The Nuclear Age
- Ache
- Shooting Star
- Hollywood (Sounds Like A Promise)
- All Across the Nation
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Grande Valentina. Bellissima recensione. Da Basildon mille grazie.