Dentro un abbraccio di carta si apre, come una rosa che chiama al suo centro, Lemming… si apre come un quaderno liso da cui cadono respiri, frammenti di celluloide, pagine gremite di boccioli d’inchiostro, fotografie color seppia. Si ascolta. Si sente. Ed è come ritrovarsi inchiodati ad un pavimento, tutt’intorno vecchie pellicole, parole, silenzi, foglie fragili, sguardi resi traccia dall’acqua salata… oggetti sparsi legati insieme dal loro esser eco, segno. Tutt’intorno, e al profondo, musica. I Ronin fanno dono di un disco che possiede la bellezza dei taccuini, di un cahier du voyage, per ogni pagina un colore, una figura, una parola, un seme o un occhio, ad ogni pagina una carezza, un disegno, un ricordo, un profumo, uno slancio, una traccia. Uno spago lega i segni, è fatto di ricerca, dell’immaginazione che è ricerca e volo, tiene insieme cammini e passi di danza, le infiorescenze della luce in 35 o 16 mm, venti che hanno ingoiato distanze e le anime incantate e incatenate da tutta questa aria densa di meraviglia, di suono che è meraviglia. Molte dita hanno tessuto questo filo, stretto la corda, vegliato sui nodi e proprio sotto queste mani e dentro i nodi c’è da sentire ed ac-cogliere il susseguirsi di nove capitoli o romanzi, nove avventure, nove poesie… Portland, Mar morto, La banda… strade, parallele o perpendicolari, comunque in qualche modo intrecciate, come sentieri con-fusi, come passi che sanno addentrarsi, attraversare, come gesti che sanno trovare, trovarsi. Le sonorità di questi passi evocano terre, lontananze, prossimità… il sogno che le sogna scontorna ed elude i nomi e così resta solo la forza dei luoghi, la potenza delle brezze, le voci dell’acqua, le invocazioni del vento. Tra le note, echi dalle Americhe del Sud, dai Balcani, dai deserti d’Africa… echi che, facendosi musica, diventano respiri di terra, suolo, orizzonte a cui si mescolano i flussi ipnotici creati dalle carni. Fra le bocche e i dirupi del mondo e gli oceani dell’anima, pensieri e sensazioni a tracciare spirali da cui restare avviluppati, incontrando le malie di un Mantra infernale o la struggente bellezza di un canto che trat-tiene, com’è quello che dice: I pescatori non sono tornati, lasciando che la perdita diventi dolcezza scura. Imbattersi poi, lungo il viaggio, in voci ridotte a un sussurro o una lingua tremante, a un bisbiglio di conchiglia… e fermarsi. Fermarsi a sentire Amy Denio evocare stelle e catene, flutti e schianti. Fermarsi a sentire il dialogo di due chitarre, di quattro mani. Fermarsi, per farsi stringere. Fermarsi in You need it, then it comes, dove le dita di Bruno Dorella, che anima da solo questo pezzo con voce, chitarra, timpano e violoncello, fanno restare impigliato un soffio, un’intimità. Fermarsi in You need it, then it comes (l’unico brano del disco suonato altrove, non a Varese, ma nel Salento) ad avvertire le strade incrociarsi… la via fatta di pochi accordi e di una manciata di parole tracciata da Colleen Kinsella, il cammino di Dorella e il percorso in divenire di Earbait, progetto, fatto di incontri ed occasioni, nato da Colleen e Caleb Mulkerin (Cerberus Shoal). Rimanere sospesi e sentire confluire in Lemming gli erramenti della psiche, i mormorii del cuore, quel laccio che a volte sa essere un posto, le fascinazioni germinate delle visioni. Da questo con-fluire si delinea ed erge la possibilità di infiniti viaggi, di inesauribili percorsi. Ad ogni ascolto si scopre infatti l’occasione di perdersi lungo sentieri che offrono sempre nuove aperture e così si scorge e vive il piacere del vagare, dell’immergersi, del trovare in una fessura o segno sensi, avventi e sogni. Tra le trame trapunte nell’aria dai Ronin con le chitarre e con i piatti, con la fisarmonica e con la sega, con i battiti e i fiati, si dischiudono di-segni, una sorta di lanterna magica che si dona alla sensibilità del sangue… gira e gira e gira… si manifestano immagini, colori informi, onde di mare o di gola, danze e marce; non la luce, ma il suono disvela queste orme, queste tracce da sentire, questi lampi, fragori e fruscii da accogliere. È il suono, che di rado si congiunge alla parola, ad indicare ed offrire un disegno che reclama occhi, mani e labbra, un corpo o un mondo intero come casa, come letto in cui fiorire.
Credits
Label: Ghost Records – 2007
Line-up: Bruno Dorella (chitarra, tamburello, voce, timpano, violoncello, coro) – Marco Anicio (chitarra) – Chet Martino (basso, coro) – Enzo Rotondaro (batteria, tamburo, gong, coro) – Nicola Ratti (chitarra, coro) – Luca Galuppini (sega, coro) – Andrea Cajelli (piatti) – Giordano Geroni (basso tuba) – Lorenzo Rizzi (fisarmonica, coro) – Federica Maglioni (fagotto); E con Amy Denio (voce in Il Galeone); Tutti i brani sono stati scritti e composti da Bruno Dorella ed arrangiati dai musicisti (eccetto You need it, then it comes di Colleen Kinsella, arrangiata da Bruno Dorella. Il galeone è stato reinterpretato sulla base del testo di Belgrado Pedrini nella versione di Paola Nicolazzi); L’editing e il mastering del disco sono stati affidati a Kramer.
Tracklist:
- I pescatori non sono tornati
- La banda
- Mantra infernale
- Il Galeone
- Portland
- You need it, then it comes
- L’etiope
- Mar morto
- Lemming
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