E’ l’uomo dai mille volti. La rabbia caustica e gravosa dei Neurosis, i tetri sperimentalismi ambient dei Tribes of Neurot, il folk psichedelico di Harvestman, l’intimismo acustico intriso di funerea tristezza dei suoi lavori solisti. L’amore e la passione, quasi l’ossessione per il passato, per gli avi; storie e mitologie di un tempo che fu, versi antichi sepolti e riportati alla luce. Mille volti che si configurano come diversi aspetti di un’unica mente umana, quella di Steve Von Till che giunge al suo terzo lavoro solista.
Le dense foreste selvagge, i cieli aperti e la vita rurale del Nord Idaho cullano i pensieri profondi e malinconici di un uomo maturo. Riflessioni incessanti sulla condizione e la vita delle umane genti. Non siamo altro che una piccola parte di un tutto illusorio, non ci rimane che accettare con rassegnazione ciò che la vita e la sorte ci presentano e lavorare il nostro piccolo pezzo di terra (Western Son e The Acre). Gli intensi arpeggi della sua chitarra acustica, i profondi sussurri della voce ci riportano alla vecchia tradizione americana (tradizione che LostHighway di Johnny Cash porta avanti tutt’oggi). Una tradizione che racconta dolori, fatiche, spasimi, sofferenze, a cui il Von Till aderisce e che reinterpreta. Eccolo allora chiedersi: “Who has dressed you in a strange cloches of sand / who has taken you so far from my land?” nella meravigliosa reinterpretazione di Clothes of Sand. A Nick Drake si aggiungono i classici di Mickey Newbury (Willow Tree), Townes Van Zandt (The Spider Song) e Lyle Lovett (Promises). Melodie d’archi meravigliosamente arrangiati, slide guitar e organo creano eterei tappeti sonori che accompagnano i candidi arpeggi di chitarra e i racconti amari della voce anche nei brani originali. Talvolta, a rompere l’armonia limpida delle composizioni, la voce si fa più roca e aspra, linee di chitarra elettrica e batteria appena accenata si insinuano facendo riaffiorare dal profondo della coscienza quella costante inquietudine tipica del cantautore (A Grave is a Grim Horse e Brigit’s Cross). Looking for dry land si configura come uno degli episodi più commoventi del disco. Ma i veri capisaldi concettuali sono Valley of the Moon e la conclusiva Gravity. La prima, ispirata ad un romanzo omonimo di Jack London, diviene simbolo e metafora di pellegrinaggio fisico e spirituale, quell’esodo dalla città, che lo stesso Von Till ha personalmente vissuto, in cerca della terra dei sogni, la valle della luna; la seconda conclude il disco nel segno di quella rassegnazione di fronte ad un’esistenza che non fa sconti: “What’s done is done/ What’s gone is gone”.
E’ impressionante come Steve Von Till riesca ad esprimere in musica, con appartente semplicità, i moti più profondi e autentici di un animo sensibile, umano, eternamente cupo, tenebroso, costernato.
La bara è un oscuro cavallo… che ci può spingere a scoprire cosa ci sia oltre questa vita.
Credits
Label: Neurot Recordings – 2008
Line-up: Steve Von Till (all)
Tracklist:
- A grave is a Grim Horse
- Clothes of Sand
- The Acre
- Willow Tree
- Valley of the Moon
- The Spider Song
- Looking for dry Land
- Western Son
- Brigit’s Cross
- Promises
- Gravity
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