Da qualche parte qualcuno ancora grida. Da qualche parte in quest’Europa che ormai sembra avere la soluzione a tutto, c’è ancora qualcuno che grida di rabbia e di noia. E’ quasi sintomatico il fatto che spesso siano ragazzi poco più che ventenni a urlare di rabbia, quando in realtà dovrebbe urlare chi aveva un progetto una trentina di anni fa ed ha fallito miseramente nel portarlo a termine. Ma questa è un’altra storia. Eppure chi è che dovrebbe accollarsi il peso dell’angoscia quotidiana, delle delusioni per aspettative deluse, della noia che ci affligge sempre più spesso, se non dei ragazzi a cui era stata promessa l’ambrosia e invece si sono trovati sul tavolo una bottiglia di vino scadente? Me lo chiedo spesso. Sembrerebbe che ultimamente abbia trovato una risposta. Ora come ora sto ascoltando Shoot me, I’ll pay you dei Pandora. E chi sono questi tipi? Vi chiederete. Del resto perché dovreste saperlo? I Pandora sono poco più che ragazzini, non sono belli e non sono fighettini, non sono americani, non scalano le classifiche di MTV, non hanno il trucco sugli occhi e non hanno le tette rifatte. Detta così sembrerebbero dei non allineati, dei ritardatari del rock. Forse lo sono davvero ma, se sono ritardatari, sono ritardatari di classe! Infatti sono incazzati neri, suonano con raro furore, gridano da spaccare le orecchie, sembrano anche sapere perché lo fanno, e forse, se non lo sanno, hanno ancora più ragione a gridare. Shoot me, I’ll pay you è una demo. Una Demo, una sola demo, che però ha attirato le attenzioni di una casa discografica e che a momenti farà sfornare ai Pandora il loro primo disco. Una demo, una sola demo, la cui prima traccia è entrata a far parte della raccolta Riot On Sunset Vol.2, promossa da uno dei più grandi megastore musicali americani, addirittura come Open Track. Una demo di quattro brani che si trova nella Top 20 di radio BRF1, la radio del settore pubblico belga, e che sta passando in moltissime radio statunitensi. Mica poco per dei “ragazzini” con solo quattro brani all’attivo! Quattro brani che però racchiudono tutta la forza dirompente del punk e di quella rivoluzione che negli anni novanta veniva chiamata Grunge, se la parola ha mai avuto significato. E’ davvero bello ascoltare, a quasi sedici anni dalla rivoluzione di Seattle, quelle sonorità che spesso abbiamo accantonato per far posto ai nostri dischi Indie. Ti fa pensare che, da qualche parte, si ascolta ancora buona musica e non quella di benvestiti fenomeni preconfezionati con il Fattore X. Da qualche parte, a volte non troppo lontano e questa volta in terra belga, qualcuno ha preso la lezione di quel tipo di Seattle che si sparò una fucilata e l’ha traghettata ai giorni nostri con tutta l’arroganza di chi ti guarda e ti dice: “E’ la mia musica e se non ti sta bene puoi anche andare a prendertela in quel posto!”.
La prima traccia dura una manciata di minuti ma bastano a fare di Bored la classica dichiarazione di guerra. Le sonorità sono sporche, l’ingresso ribattuto della chitarra è coinvolgente e breve al punto giusto per spostare l’attenzione sui suoni duri, la voce di Annie è impertinente e stupendamente sgraziata. Sembra quasi di vederla mentre fa le boccacce e grida al microfono. Basso, batteria e chitarra. C’è chi dice che da questo trio può uscire solo musica grezza. E se anche fosse? Se è musica grezza come quella dei Pandora, ben venga. Le atmosfere scartavetrate di A bottle Of Wine sono affascinanti. Hanno la seduzione delle cose dolorose, del pugno che arriva inaspettato e che ti spinge a colpire più forte. Il pezzo migliore penso sia comunque Like A pissed Flower In A Spring, con quel riff iniziale che mi ricorda molto un gingle di un noto telefilm anni ’70, se non fosse che questo è un giungle al vetriolo. La batteria di Christian picchia sulle pelli come un martello sull’incudine e Mia, al basso, fa ciò che deve fare un basso. Nella quarta traccia, Born In My Eyes, ci si accorge che un semplice arpeggio fa la sua figura quando c’è qualcosa da dire e lo stile sporco per dirlo. Eppure inizia con una voce quasi sussurrata e cantilenante per poi divenire il grido di cui parlavo all’inizio. Ed ecco che le tracce finiscono, improvvise come erano iniziate. Tutto perfetto, allora? Non manca niente? In effetti l’unica cosa che manca in questi brani è la presenza di una chitarra solista che faccia… come dire, la solista. Che riesca a riempire gli spazzi vuoti che, per ovvi motivi nelle formazioni a tre, si fanno notare spesso. E’ forse l’unica pecca dell’autoproduzione, quello di non riuscire a vedere le mancanze. Una chitarra solista avrebbe sottolineato determinati passaggi e valorizzato alcuni momenti che forse sono risultati ridondanti.
Nel complesso comunque, questo Shoot me, I’ll pay you è un lavoro che spacca, che fa sanguinare le orecchie, un qualcosa di furente e violento come un animale selvaggio, un lavoro con tutta la genuinità che ci si dovrebbe aspettare da chi suona con passione. Bisogna attendere il disco per sapere se questi ragazzi hanno saputo mantenere le promesse fatte in questa loro demo, ma se gli inizi sono questi possiamo essere fiduciosi. Il fatto è che i Pandora abbiano sfornato quattro brani che hanno la forza di un treno in corsa o del proverbiale cazzotto sui denti. Il fatto è che a momenti arriverà il loro disco. Il fatto è che se queste sole quattro canzoni hanno spaccato le casse e costretto a ciondolare la testa, il disco probabilmente sarà qualcosa di granitico. Il fatto è che i Pandora stanno arrivando. Siete preparati?
Credits
Label: Autoprodotto – 2008
Line-up: Annie (voce, chitarra) – Mia (basso) – Christian (batteria)
Tracklist:
- Bored
- A Bottle Of Wine
- Like A Pissed Flower In A Spring
- Born In My Eyes
Links:MySpace
Forse la chitarra solista non c’è proprio per scelta…
nella loro imperfezione attirano la perfezione….
comunque anche io li ho travati buoni…me li hai fatti ascoltare tu!