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I giorni cattivi e quei gesti primitivi: Moltheni @ Doria 83 (NA) 20/11/08

E’ solo un novembre che ha sbranato la sua ennesima metà, volge al resto, cede e si arrende al freddo prima della massima declinazione che detta il tempo dell’inverno.
E’ solo presagio di pioggia che cade come ciondoli staccati dal collo del cielo, si stende lungo la strada, inventa un manto di malinconie e fa risplendere le foglie che danzano al ritmo delle chiose.
E’ solo silenzio che recinta i luoghi dei segreti, si posa sulle mani, ne indovina le linee e prova a cambiarne i tratti che un destino forse bacia a tradimento.
E’ solo la memoria, corpo vivo e intimo del corallo che libera una musica fiera, sospesa negli occhi che la invocano oltre l’orizzonte del comune indugiare.
Una sala, soffitto basso rubato al semicerchio delle sospensioni, uno spazio rintanato e difeso da luci soffuse che disegnano un circuito di suggestioni fiamminghe, una chitarra acustica, un piano wurlitzer, dei pedali.

Basta. Basta per il folk che Moltheni sa toccare fino a trarne uno stile audace che scivola per un’ora e mezza di granelli d’emozioni.
Il cantautore marchigiano concede a Napoli e alla sua collina un set che sussurra la rivincita contro gli ostacoli affrontati col petto indomito della poesia.
La morbidezza dà la corda al carillon delle verità taglienti scritte sulle pergamene sparse nei boschi dei ricordi: le parole restano nell’aria come pezzi di nuvole all’imbrunire, le mani sulle corde sono come il battito d’ali di mille farfalle che uniscono la leggerezza e la fine. Tu è preghiera e disincanto, cenno d’attesa e apostrofo all’intesa… “Quando mi compri sai che / poi non mi mangi / Quando mi butto al largo / nuoti con me”.
Nella mia bocca sfoglia le pagine delle intuizioni che osano il rischio della trasparenza e la voce di fuoco degli oracoli, il buio delle tane e la fragilità dei petali dei giorni… “Come una rondine puntami”.
Poi scivola con eleganza il tappeto rubino su cui si sistemano, uno a uno, I segreti del corallo: Gli anni del malto e il suo vigore; Corallo e la sua dolcezza; Ragazzo solo, ragazza sola e il suo inchino alle rarità; Verano e la sua storia di cuori presunti e stretti; L’Attimo celeste (Prima dell’Apocalisse) e le sue dita di fermezza.
A tratti la tenerezza folk è folgorata dal vigore di un gancio rock che è tutto nella voce, nei piedi che cercano l’appiglio e il precipizio, nelle braccia che conoscono la forza e l’attimo cristallizzato nel desiderio.
La musica si assottiglia, affila la sua lama mentre rovista la logica delle energie del due in Simbiosisenza memoria concreta: Moltheni dilata e ferma sulla pelle degli spigoli rubati al tempo uno dei brani più intensi e scuri degli Afterhours.
Scorrono In Porpora e Suprema con la delicatezza e l’urgenza di quanto non può rimanere troppo a lungo ancorato alle fenditure delle rocce. Forse certe sere pretendono solo la resa. Forse certe armoniche tensioni sono come sentieri battuti per un unico percorso, senza ritorno. Perché in ciò che è stato è seminato ciò che può essere, forse. E Moltheni guarda altrove, con gli occhi, col cuore, dentro una quercia, contro il terrore, verso lo splendore.
I giorni cattivi sono i punti della fine e del suo contrario quando i gesti primitivi ignorano il male e tolgono le catene ai polmoni e alle vene. (Lost Gallery)

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Un solo commento

  1. Il colore del corallo traspare nelle foto sussurate del grandissimo nostro fotografo Agostino.
    C’ero e l’atmosfera da brividi era questa… Moltheni è immenso.

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