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Cantare la luce: Terje Nordgarden @ Bar-Wolf (BO) 02/12/08

La musica non si ferma al check-in. Riesce a passare, perchè sa di essere un dono che non può risparmiarsi. La musica, quella che suona le impalpabili corde dell’anima, è consapevole del proprio valore,  e non permette che qualcosa interrompa il suo cammino. Terje Nordgarden questa sera è solo sul palco; il resto della band è bloccato in aeroporto per una stupida questione burocratica, ma il cantautore norvegese non è nuovo ad esibizioni soliste che lo vendono protagonista assoluto in uno spettacolo che si prospetta di un’intimità completa. Sono curioso. Voglio provare ancora a scovare il suo segreto: chi è l’invisibile sarto che gli cuce addosso quella splendida aurea luminosa? Dove si nasconde la magia della sua musica?

Imbracciando la chitarra, Terje cambia volto: il sorriso che poco fa era timido, ora è mutato. Sicurezza, concentrazione, passione; l’armonica fissata davanti alle labbra, le dita delle mani pizzicano le corde. La musica inebria l’aria intorno, diffondendosi verso di noi. Le dolci note di Weeks at a time portano l’odore dei viaggi, della lontananza. Con naturalezza, tenendosi distante dalla semplice emulazione, Nordgarden offre agli spettatori del Wolf la magia tipica dei grandi folk-singers, mostrando la propria unica personalità nelle vesti di un bizzarro e magnetico Dylan dai capelli biondi. Tra un brano e l’altro gli applausi si riversano copiosi come l’acqua di un torrente dopo abbondanti piogge, sbattendo ed infrangendosi contro le pareti della piccola sala. La spontaneità delle composizioni rispecchia la simpatia personale davvero coinvolgente dell’autore norvegese, che si apre al pubblico in ogni occasione, tra una accordatura e le prime note del brano che vedono la luce. Racconti di aneddoti si intrecciano a emozioni ed episodi narrati con la musica: Nordgarden è un menestrello che sembra voler girare il mondo per scaldarsi con ogni cosa, cercando l’amore, cantando dell’amore. Dopo una breve spiegazione, le note e l’incanto aprono il primo capitolo della trilogia che l’artista ha inserito nel suo ultimo album. Gioia, spensieratezza, ubriachezza d’amore: questo è il Paradiso di Up the hillside. A seguire, The path of love disegna l’accidentato percorso intermedio del Purgatorio, fino alla conclusiva Stay away, che con la sua carica di malinconia riesce poi a trovare la libertà al termine di un rapporto completamente precipitato. Con un calice di Nero D’Avola tra le mani, Terje narra di canzoni scritte in una serata fredda e piovosa a Bologna, come di un’altra, nata durante un improbabile viaggio in autostop intorno alla Sardegna. La travolgente Oh brother riassume tutto il calore mediterraneo, fondendosi al rythm & blues, lasciando gli spettatori a bocca aperta davanti ad un musicista che come pochi riesce ad assorbire diversi stili, generi e sensazioni così distanti dalla propria terra d’origine. Dolce e rabbiosa, So far away si districa con maestria ed eleganza tra i vari generi musicali. Nordgarden riesce a stupire in ogni brano con il contrasto che vive tra l’attitudine rock e l’eleganza della composizione, che mai scivola nella volgare/banale proposizione dei soliti cliché dei quali il rock è spesso vittima e carnefice. Questa è energia nuova che respira aria purificata anche in splendide cover. The night è un bel brano dei Morphine, oppresso dai colori cupi che questa sera gioisce di vita in un nuovo cuore. La notte di Nordgarden non è quella gelida ed impenetrabile del compianto Mark Sandman; agli occhi di Terje la notte è un pretesto per vedere meglio le luci, per scaldarsi con il fuoco e stupirsi dei bagliori delle stelle. Splendente ed incantevole, questo brano dovrebbe essere esempio per tutti i musicisti che si pongono di fronte a brani altrui: l’interpretazione può essere arte, se l’arte la si possiede. Una fuga, un viaggio e chiedersi “Cosa direbbe il vecchio Bob (Dylan)?”. What would ol’Bob say? è nata per sorridere, anzi, per ritrovare il sorriso, cantando una melodia che come un mantra libera la mente. Abbandonando il blues e il pop, Good things die abbraccia sonorità swing colte e raffinate. Ci sono solo chitarra e voce sul palco, ma un’intera band sembra nascondersi alle spalle dell’incredibile one man band che delizia il pubblico con maestria, improvvisando anche la famosissima Summertime, ed un accenno chitarristico di Whola lotta love dei Led Zeppelin.
Il rock, lontano da ogni altra etichettatura consumistica, è materializzato nella persona e nell’arte di Terje Nordgarden. Malinconia e gioia di vivere albergano in un ragazzo che non si può guardare senza ammirazione ed un velo di invidia per tutti quegli aneddoti che riuscirebbe a narrare solo un vecchio saggio. C’è il segreto della vita nella musica, e il “biondo Dylan” ne conosce uno di incantevole bellezza: sa come non sporcare la luce ed il candore, ha scarpe immacolate che camminano sopra la polvere del mondo. La musica è il mezzo principe per comunicare, fondendo stili di ogni tipo, assorbendo ogni input, donando ogni nota, con affetto. La bravura di Nordgarden, la composizione di ogni brano, gli intrecci sonori che si creano, la voce che da lui giunge alle tue orecchie, davvero, è capace di ricordarti quanto la vita sappia esser bella. (Foto by Emanuele Gessi)

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2 commenti

  1. Porcacciaeva.
    Ogni volta che mi chiedono se ho mai ascoltato qualcosa di Nordgarden e rispoando di no mi guardano con una faccia come a dire:
    -E non ti vergogni?
    …mi sa che devo darmi da fare, allora.
    Tu che dici, Emanuè?

  2. Questo ragazzo è davvero incredibile, nella sua musica nasconde formule magiche. Spero di vederlo prima possibile dal vivo!
    (Emanuele come sempre ha un tocco magnifico)

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