Francesco Memeo ci propone un album completamente autoprodotto e si cimenta nell’ambiziosa veste di autore, arrangiatore, strumentista e fonico. Comincio col dire che di solito si rimane perplessi di fronte alla capacità di far bene tutto da sè, senza avere un produttore o comunque una figura di riferimento alle spalle che fornisca una direzione artistica competente. Tale figura torna utile spesso, soprattutto se l’autore non possiede un necessario distacco critico dalle proprie composizioni. Ma devo dire che comunque ho avuto modo di ascoltare tante autoproduzioni fatte in casa e molte di esse mi hanno piacevolmente sorpreso.
Ascoltando le tracce non si capisce bene proprio quale sia la precisa direzione musicale dell’album che si presenta come una collezione di composizioni molto diverse tra loro, sembra di trovarsi di fronte a composizioni senza una precisa identità o cifra stilistica, talvolta pure in cerca di sonorità insolite, ma sostanzialmente monotone e carenti di soluzioni interessanti. Sembra quasi che la “scusa” di una sperimentazione incerta tra psichedelia, lo-fi e incursioni elettroniche voglia giustificare canzoni che fondamentalmente hanno una struttura debole e testi francamente molto inconsistenti. La connotazione lo-fi diventa forma d’arte quando realmente si prende un suono grezzo, ruvido e lo si trasforma e usa in modo talmente divergente da fornire originalità o suggestione alla composizione. Il grande Beck, tanto per citarne uno, ne ha fatto il suo cavallo di battaglia nei suoi primi album. Nel caso di Memeo si assiste invece a preset e campionamenti spalmati qua e là con qualche effettuccio, ma senza una contestualizzazione adeguata. Nelle canzoni, anche in quelle più “estreme”, alla fine non si scappa dal triangolo classico formato dai lati testo-musica-interpretazione. Con Memeo non si riesce a calcolare il giusto perimetro di tale triangolo.
Qua e là si trovano anche degli spunti sonori più validi, come nella traccia d’apertura Nel Bar dove in qualche modo si colgono certe suggestioni sonore che tuttavia non trovano riscontro adeguato in un testo che non apre a nessuna immagine o rievocazione onirica che la musica fornisce. Amore Platonico ha un tiro e un groove non male, anche se l’interpretazione vocale paga un deciso tributo a Rino Gaetano. Il valzer sbilenco di Resto qua è gradevole. Ne La sbronza delle 3 ritorna un loop ritmico caro all’autore e le premesse sembrano buone, ma il testo forse evoca luoghi comuni. E sui testi, che dire? Non c’è ricerca linguistica, interesse fonico o immaginifico, rime prevedibili e, seppur assonanti, cadute nella banalità. Tirando le somme questo Prendoforma decisamente non prende alcuna forma né lascia il segno nel vasto e variegato panorama indie contemporaneo che pure ci regala spesso produzioni molto più interessanti di quelle legate al business musicale.
Credits
Label: Autoprodotto/Video Radio – 2008
Line-up: Francesco Memeo (tutte le voci e gli strumenti)
Tracklist:
- Nel Bar
- Amore platonico
- La sbronza delle 3
- Clown, Perdermi
- S.F.M., Buonanotte
- Il solito addio
- Lettera di uno psicosomatico
- In fretta
- Resto qua
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…in verità sono le stesse cose che ho pensato io quando l’ho ascoltato.
C’è qualcosa di buono ma per il resto è alquanto ripetitivo.
Resta una mia opinione personale, per carità.