Tra le mani ho un foglio arrotolato. Tolgo l’elastico che stringe forte la magia; con delicatezza ed inconsapevole suspance, tirando piano un lembo di carta, rivelo agli occhi il luminoso ricordo. Il tratto di Davide Toffolo ha disegnato uno dei tanti personaggi, con ampie pennellate su fondo giallo. E’ incredibile!The Mighty Wurlitzer, il più grande theatre organ di sempre! Nato nel periodo del cinema muto, accolto nelle sale per le proiezioni e nei teatri, il Wurlitzer porta con sè la magia di quella musica evocativa, che giungeva al cuore quando mancavano le parole. I suoi tasti bianchi e neri, le sue luci, le sue numerosissime canne: tutto è pronto. I colori sono al fianco della tavolozza; il pittore vagabondo canta e disegna storie di ordinarie fughe, stupefacente meraviglia, gioia sussurrata ed urlata, sospese tra le note del grandioso “mammifero musicale” che è questo incredibile organo. Il Gigante e il Mago sono qui per prenderti per mano, portarti dove non potresti fuggire altrove. Quando hai toccato il fondo, solo in quel momento puoi risalire, appigliandoti all’infinità di fazzoletti colorati che il Mago Wonder estrae dal suo taschino.
Solo in quell’istante riesci a vedere la possente mano del Gigante, che è capace di sollevarti senza alcuno sforzo. E’ il tempo in cui tutto il resto attorno non conta. E’ l’attimo nel quale ti ritroverai a cantare “all’inferno voglio andare / con un gigante e un mago / in una sfera di meraviglia / rimbalzare / pieni di magia magia magia.“. SOLO SHOW! Il grande spettacolo dei freak di tutto il mondo e da tutti i mondi, uniti qui per noi. Storie di viaggi e scarpe rotte, giacche con le toppe, avventurieri stravaganti, maghi strabilianti, bestialità più forte della realtà, Solo Show! Mal accompagnati nell’anima, perchè è nell’amore e nella più sperduta e disorientata fantasia che si è realmente e magnificamente soli. Specchiarsi negli occhi sorridenti degli altri, questo offre la possibilità di stare soli, vedersi, scoprirsi nell’intimo. Osservare la vita riflessa nelle goliardiche mostruosità che la stessa ha travestito ed agghindato per noi: questo è il Solo Show. Il palco del teatro Duse di Bologna pare un circo sgangherato, contornato da magnifiche immagini che rappresentano le mirabolanti gesta dei personaggi. Presto essi si avvicenderanno nello spettacolo, muovendosi tra musicisti in abiti vistosi, tecnici delle luci vestiti da conigli bianchi, strumenti giocattolo ed impianti luci degni di un Luna Park. Il viaggio di Vinicio Capossela parte dall’Italia e giunge in America, e nel tragitto di ritorno porta con se souvenir incredibili, atmosfere impensabili, fantasie rinnovate ed altre completamente nuove per una nazione più abituata al televisivo Silvan, piuttosto che a quel provocante circo degli “strani” fatto di donne barbute, vacche a cinque zampe, nani e pagliacci decadenti. C’è magia in tutto ciò, c’è una sincerità che in Italia è andata persa, ma che la terra conserva con cura. Per Capossela è come una missione; egli sembra essersi spinto sempre in quella direzione: sollevare la terra. Come un contadino fa con l’aratro, di zolla in zolla il terreno viene semplicemente capovolto, girato, cambiato. Ciò che è sotto va sopra, ciò che è sopra va sotto. L’energia e la vita sono un po’ nascoste, naturalmente discese, e il terreno le custodisce. La forza dello strumento classico, l’incanto del giocattolo, l’immortalità profonda della tradizione; riscoprire l’appartenenza alla terra, alle cose… quelle che si toccano, che si creano, che si sudano, che suscitano emozioni soltanto sfiorandole. Vinicio Capossela ci accompagna come Virgilio scortò Dante negli inferi, e questa epopea di moderna fantasia non è meno pericolosa di quella dantesca, anche perchè dietro le maschere del circo c’è sempre la vita, piegata da tutta la sua pesante precarietà. Un po’ guida turistica, un po’ presentatore, un po’ musicista, un po’ poeta: Capossela è il mattatore della serata, spiccando in uno show che lo vede al fianco di attori, illusionisti, musicisti e tecnici che brillano di professionalità unica, capace di realizzare uno spettacolo impeccabile. Lontani dalla consueta forma del concerto pop-rock, Solo Show è uno spettacolo completo, che propone tutti i brani dell’ultimo album dell’artista, rispolvera i vecchi “cavalli di battaglia” e scopre il filo che tiene unito tutto il “pensiero caposseliano”.
L’incantevole Clandestinità non trova difficoltà a dividere il palco con lo scatenato Maraja, mentre l’intensità di Orfani ora disegna un percorso che da Che cossè l’amor sembra avere trovato risposte, date dal tempo, dall’esperienza vissuta sulla propria pelle. “Che coss’è l’amor / chiedilo al vento / che sferza il suo lamento sulla ghiaia / del viale del tramonto”…“E nuda è la strada e i binari e le insegne / e nuda sei tu / il mondo ora è nudo / se non lo copre il tuo amore”. Il paradiso dei calzini è una dolce metafora che stupisce per l’ingenua delicatezza musicale e poetica, che ben si abbina alla più spensierata Una giornata perfetta. Quest’ultima, canzone di felicità per eccellenza, scuote irresistibilmente l’ascoltatore: acquistando vita propria dopo poche note, la melodia si impossessa di chiunque ascolta e porta il pubblico a far dondolare la testa, anche senza volerlo. Una grande gabbia prende forma al centro del palco. Tra le sbarre metalliche le creature del bestiario di Capossela verranno esposte al grande pubblico: il minotauro di Brucia Troia e la sensuale Medusa cha cha cha mostrano quanto di umano è in loro e quanto di animale è in noi. L’uomo vivo (inno alla gioia) è rappresentato dallo sfavillante numero del Mago Wonder che si vede costretto a tramutarsi in una “human pignata“. La bizzarra versione messicana della “pentolaccia” obbliga il mago a restare appeso per le caviglie, immobilizzato da una camicia di forza; deve tentare di liberarsi mentre a testa in giù viene percosso. Fuochi d’artificio, canditi, caramelle e coriandoli escono a fiotti dalle sue tasche: niente sangue ma solo magia, niente dolore ma solo colore. Non serve nemmeno dirlo: ovviamente il Mago si libererà dalle catene! Esorcizzare la paura, frantumare la realtà, costruirsi un nuovo mondo attorno a noi, anche per poche ore, ispirandosi ai “side show” d’oltre oceano: Vinicio Capossela in questo suo ultimo tour va ben oltre la musica. Certo, essa rimane protagonista indiscussa, ma il teatro, la parodia, l’incanto e la magia sono capaci di abbracciarti intorno alla tua poltroncina in seconda galleria, dove si è più vicini al cielo, soli e mal accompagnati. “Così resto solo col cielo / e altro non vedo e non so / ma se tutto è nascosto nel cielo / al cielo io ritornerò” (Non c’è disaccordo nel cielo). La grandiosità della musica di Capossela è sostenuta dai suoi tanti compagni di viaggio, musicisti e tecnici. Il Teatro Duse ha avuto l’onore di ospitare questa sera insieme al Mago: tra i musicisti Enrico Gabrielli (in studio è stato arrangiatore degli strumenti a fiato per quasi tutti i brani inseriti in Da solo) ed Alessandro Bergonzoni. E’ davvero splendido vedere l’attore bolognese dividere il palco con Capossela, ed avere conferma di tutti i legami che l’arte è capace di creare: l’approccio nei confronti del mondo circostante, e l’essere usati dall’arte per infondere messaggi di vita volti agli altri prima che a se stessi, la ricerca del sorriso, la fantasia come unica via verso la realtà più intima… tante sono le cose che accomunano i due artisti, ed è emozionante osservarli, ed imparare. L’arte non è nulla però senza le capacità tecniche che possono offrire ad essa gli adeguati supporti, e per questo un grande applauso va fatto a tutti i tecnici che hanno reso fisico e perfetto questo show, in particolare a Taketo Gohara ai mixer: penso che sia anche merito suo se io, pur essendo in seconda galleria, sia riuscito a sentirmi sul palco, tra il maiale a due teste e il pianoforte giocattolo.
Lo spettacolo volge al termine; come nelle feste di paese, stiamo giungendo agli ultimi tre botti finali: nel cielo del Duse immagini del Solo Show vengono proiettate, l’insegna luminosa si incendia di gioia, i musicisti sfilano uno per uno tra le note finali mentre Vinicio intona “E ci siam poi noi musicisti / un po’ beoni, un poco artisti / compagnoni e nati tristi / sempre afflitti dal denaro / perchè la roba costa caro / ma l’arte è cosa sacra e seria da salvar / per cento sacchi alla serata / facciamo una vita sregolata / ma il grande mito ci ha fregato / che sei un eroe se sei suonato…” (All’una e trentacinque circa). Chissà che succederà ora dietro quel sipario? Chissà se tutto sparirà nel nulla, o tolti i brillanti abiti, ritroverò i musicisti nella pasticceria notturna aperta, giù all’angolo della strada? Chissà chi darà lo straccio sulle tavole del palcoscenico? Chissà che fine faranno i coriandoli del mago Wonder? Sarebbe bello arrivare a casa, entrare in camera… e trovarne uno sul cuscino.
“venghino, signori! venghino!”
Con Vinicio Capossela si ritorna bambini, si assiste alla messa in scena del circo della vita. Ci si fa beffe delle maschere e dei difetti che l’uomo sa portare, si rimane a bocca aperta e si sogna.
Questo show è assolutamente imperdibile, provare per credere!