Guardiamo sempre fuori dai nostri confini per cercare dei capolavori.
Molto spesso perdiamo la bellezza che si cela in produzioni nostrane che non hanno nulla da invidiare a quelle straniere.
Questo è il caso dell’ultimo lavoro dei partenopei Blessed Child Opera. Soldiers and Faith è una perfetta sinergia tra il folk e la new-wave più originale ed intima raggiungendo vette di sperimentazione discreta ed inventiva alla Radiohead.
Le liriche, scritte dal leader Paolo Messere (nonché deus ex machina della Seahorse Recordings), sono poesia dello spleen che si cela nell’insondabile motore della nostra vita: l’amore.
LostHighways ha l’onore di ospitare un’intervista con Paolo Messere, una tra le migliori personalità della musica indipendente italiana.
Iniziamo dalla scelta del titolo del vostro nuovo lavoro (Soldier and Faith) per approfondire il concept del disco…
Soldati e fede dovrebbe essere un monito affinché l’essere umano trovi ragione nel continuare il proprio percorso di vita attraverso il principio o l’ideale di fede in ciò che crede di essere. La modalità è quella del superamento dei tanti ostacoli e limiti a cui è soggetto… i soldati combattono per un fine o per diversi fini… L’uomo è simile al soldato, supera i limiti della sopportazione dei mali e si arricchisce dei traguardi raggiunti solo attraverso la fede ed il conseguimento del senso.
La chiave folk è predominante in quasi tutto il lavoro. Perché la necessità di esprimere la vostra musica in bilico tra due anime, quella acustica e quella elettrico-new wave che vi ha sempre caratterizzato? Tutto è stato solo dettato dalle atmosfere che richiedevano le splendide, delicate ed introspettive liriche?
Non riusciamo per il momento, neanche volendo, a razionalizzare le motivazioni che spesso ci portano a fare incontrare tali mondi apparentemente distanti… solo che siamo oramai bravi a capire come certe songs dovrebbero suonare, una volta che quella magia iniziale è stata catturata… c’è poi un profondo rispetto dei gusti (o chiamamoli riferimenti) che spingono spesso tutti e quattro noi ad interpretare una canzone in mood diversi, ma riconosco che allo stato attuale della nostra carriera è semplicemente e solo una questione di dettagli apparentemente minimi, ma invece determinanti.
Come nasce un brano come Summer waits, che trovo stupendo?
Grazie dal cuore per ciò che dici! Lo scrissi in uno di quei momenti di perfetta solitudine, in primavera… Lontano c’era il baccano delle discoteche… la mattina ero stato in spiaggia, fra i ciottoli… la sera pensavo a come sarebbe stata l’estate prossima… augurandomi di non dovere attendere troppo per l’autunno… In estate le mani coprono gli occhi… per ripararsi dalla luce del sole… che acceca ogni desiderio.
“Do you believe in love? I didn’t think to find love/ But the damage wakes in my heart / As a closed sword“: prendendo spunto da questo cut-up di tuoi versi cos’è l’amore per Paolo Messere?
E’ un sentimento che in questo momento della mia vita ha una connotazione troppo “privata” per diventare un minimo pubblica, ciononostante è il vero antidoto ad ogni forma di stasi e di blocco agli slanci che riconoscerei maggiormente nei termini “vissuto dell’affettività”.
Paolo Messere è anche produttore artistico della Seahorse Recordings. I ricercati arrangiamenti non risultano mai barocchi ma precisi e puntuali per creare una sinestesia unica nell’esperienza uditiva dell’ascoltatore. Come riesci a mantenere l’equilibrio tra il Paolo Messere artista e produttore di se stesso?
Mi piace lavorare ai mix dei brani dei BCO. Credo che questo sia l’unico segreto per poter fare un lavoro così difficile ed in un certo senso di responsabilità. Poi, l’apporto della band anche in questa sede è sempre stato incoraggiante e simbiotico; basta uno sguardo, una parola per aprire le porte della percezione sonora di cui necessità la paternità di un brano dei BCO.
Parlaci delle splendide collaborazioni presenti nel disco. La delicata voce di Valentina Cidda dei Kiddy Car e il cello di Fabio Centurione…
Sono stati momenti necessari. L’incontro tra anime affini e lo scambio profondo di sensazioni fanno sì che la bellezza si esprimi e si manifesti anche al di fuori di uno studio di registrazione.
Possiamo dire che questo vostro quarto lavoro è l’apice dell’arte dei Blessed Child Opera?
Sì, il nostro è un incantesimo che spero duri ancora per molto tempo.
Turn (slowly to this native coast)… sfrutto il titolo di questo brano e, legandomi al fatto che so che ti sei allontanato da Napoli, ti chiedo di raccontarmi il tuo rapporto con questa città che, come una bella donna, si può amare e odiare allo stesso tempo…
Quando parlo con la gente mi viene di denigrare la città in cui sono nato ed ho vissuto per un po’… è come se le mie parole recitassero un copione. Si sa invece come l’emozioni, i sentimenti e le proiezioni alberghino in altre zone della mente e del cuore e riflettano cambiamenti, contraddizioni e nostalgie che rispecchiano il divenire del tempo ed offuscano le visuali e deviano il corso della parola… non so se è amore o odio ma di sicuro non è indifferenza…
Creare musica cosa significa per i Blessed Child Opera?
Sognare tempi comuni, comunicare le vie nascoste, parlare al cuore e all’anima del mondo ed accedere al tempio della predilezione.
La sparo grossa ma penso che nel vostro disco ci sono intuizioni geniali degne dei migliori Radiohead e che se foste nati in UK forse la vostra storia sarebbe stata ben diversa di quella ristretta della nostra penisola…
Ciò mi lusinga ma mi confonde. Amiamo i Radiohead. In comune con questa grande band abbiamo, a mio avviso, un sentire ed uno sperimentare le estremità delle personalità… attraverso forme e sostanze imbarazzanti per quanto semplici.
Ha ancora senso scrivere una recensione di un disco?
Domanda difficile. Scrivere le recensioni è un esercizio per la mente ed un momento altamente creativo. Il recensore parla al lettore spesso come se lui stesso abbia composto l’album. Ovviamente questo è un dono per pochi eletti, queste persone sono facilmente individuabili. Il mondo delle recensioni spesso però non è così pulito, e spesso fa parte di un ingranaggio fatto a mo’ di catena di montaggio.