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We passed that place miles ago: Robert Fisher (Willard Grant Conspiracy)& Cesare Basile @ Sur le sofà (VA) 11/12/08

rob-ces-fisch-006Un grande specchio, tavolini, candele. Due divani, librerie, luce gialla da lampade bianche. Una stanza fatta di periferie in cui si incontrano occhi e parole speciali. Ad ogni angolo un momento di cordialità che si traduce ora in chiacchiere, ora in discreto silenzio. Paolo ti accoglie dal suo angolo di sorrisi. Maria tiene fra le mani le redini di un clima domestico che si respira delizioso. Sur le sofà, il loro salotto, questa sera ospita in concerto Cesare Basile e Robert Fisher (Willard Grant Conspiracy). Ad accompagnarli, l’ars pianistica di Michela Manfroi e le intuizioni di Erik Van Loo al contrabbasso. Robert Fisher ci vuole più vicini, lascia intuire che gli piace essere lì, che restituirà intensità in plauso al rispetto che respira. Scherza sugli scatti che alcuni di noi maldestramente cercano di rubare alla serata, ci invita ad un brusio connivente, ad una preghiera che sia profana, più che mai terrena. Fra lui e Cesare Basile la complicità è palpabile, di un’amicizia fatta di stima e condivisione: le loro canzoni dialogano l’una con l’altra, si consegnano all’ascolto sostenute dal reciproco consenso, dalla particolarità di un carattere forte e generoso che annuisce all’istinto folk di uno sguardo schivo, dalla poesia ermetica e suggestiva.

Drunkards prayer è il primo pezzo che Robert Fisher ci regala accompagnato da Cesare Basile alla fisarmonica. Il particolare color seppia dell’intonazione della sua voce, il roteare degli accordi di chitarra acustica concedono ossigeno delicato al nostro respiro, fermano le ciglia perché non distraggano gli sguardi, perché sia il cuore a sentire, perché senta la pelle, poro a poro. Cesare Basile la nostra pelle la usa, le ricama attraverso giochi di polvere con la sua To speak of love; raccoglie il testimone di grazia di Lost Hours con All’uncino di un sogno, come sempre impeccabile con la sua lucida, onesta alchimia di segno. Sono pezzi che spiano il rumore silenzioso delle nostre ossa e lo spifferano alla sera, ce lo restituiscono in forma di legame, di fotogramma al rallentatore. Mary of the angels, The Trials of Harrison Hayes, The ghost of the girl in the well, Evening mass, Fare thee well: Robert Fisher, l’incedere dei pezzi, la sua chitarra acustica, sembra ti intuiscano, tu, le tue ombre e il tuo cappotto di non-curanza; ed intuendoti riescono a commuoverti, a strattonarti. La voce di quest’uomo è un miracolo e non lo nasconde la semplicità rara dei modi che sceglie, che coglie, facendo del canto, della propria musica, un ode alla rivoluzione di rob-ces-fisch-010essere vivi. Le virate della tastiera, del contrabbasso, della chitarra elettrica sono colori spatolati fra le parole a renderle impeccabili. Canto dell’osso, A tutte ho chiesto meraviglia, Donna al pozzo, Il deserto: Cesare Basile ce le recita, in palmo di mano e bellissime, rarefatte e salvate, misericordiose e pure. What Else Have I To Spur Me Into Love? e Odd man blues li vede conniventi, intrappolati nel gioco raro delle occasioni destinate alla perfezione: Odd man blues ha davvero il colore della terra, delle mani grate al lavoro, della fatica, di certi tramonti guardati dall’alto, di certe prove d’amore; colore che con Ballad of John Parker (cantata da Robert Fisher senza alcun accompagnamento) diventa sigillo, marchio; colore che Cesare Basile con Lu bene mio (meraviglioso brano di Matteo Salvatore) restituisce all’innata purezza con il piglio a piedi nudi della sete, della devozione. No such thing as clean, elettrica e impulsiva, e Notes from the waiting room, malinconica, francobollo di una memoria saggia, chiudono il concerto, lo incorniciano di benessere, ed aprono un fine serata impeccabilmente fuori dal comune: i ringraziamenti si consumano fra abbracci riconoscenti, strette di mano al profumo di caffè, risate lasciate cadere nei posacenere come monete preziose, una certa devozione conservata come pegno, la riconoscenza incisa nei gesti, senza l’urgenza delle maschere o il farfugliare di falsi inchini.
“La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.” (Albert Camus)

Grazie a Robert per la cordialità, la generosità e quel po’ di follia necessaria; a Cesare per il suo sguardo attento; a Michela per l’eleganza e la dolcezza; a Erik per la genuinità.
Grazie a Maria e Paolo per essere Maria e Paolo. (Foto by Roberta Molteni)

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