Tempo addietro scrissi che la nuova musica italiana aveva linfa vitale. Lo penso ancora. Penso che, che in ambito culturale, sia in atto un movimento di rinnovamento e di ricerca che affonda le mani nell’insoddisfazione giovanile e ne tira fuori frutti meravigliosi e funghi velenosi. Di solito questo movimento è radicato negli ambienti “ai limiti”, quelli che vengono da circuiti indipendenti non minati dalla necessità contrattuale di mantenere uno standard di vendite. Un talento che nasce genuinamente dalla voglia di gridare. Ma penso anche che a volte, spesso, questo talento si faccia sedurre dagli stili del momento, da quelle gabbie di mercato che, a seconda della luce, hanno all’interno dei gioielli che attraggono più per riflesso che per sostanza. In sintesi, da quelle sonorità che nascono genuine, diventano familiari e poi si banalizzano. Ed è così che mi domando, se quelle sonorità genuine diventano poi banali, cosa potrà nascere da chi si appella a qualcosa di già sentito? Spesso un prodotto validissimo che, fra le tante perle, si perde in cali di stile. E’ proprio quello che succede con Al Silenzio, il lavoro dei Coreya. La musica di questo quartetto rock non può assolutamente deludere, ma decisamente lascia insoddisfatti e in attesa di quella botta di sangue che purtroppo non arriva. Il disco ha molti picchi di stile ma altrettante cadute di tono, non mantiene gli standard che promette, non rende giustizia alla bravura dei musicisti. Inizia come qualcosa che dovrebbe suonare alla maniera dei Linea 77 e invece arriva a ben altro. L’Odio, presenta un testo diretto e furioso, alcuni versi hanno una forza dirompente (“Se l’immagine splende è solo perché sta scoppiando” è qualcosa che rimane, che ti fa pensare), è una prima traccia che incanta per atmosfera e furore del cantato così come incanta Mentre Mi Perdo. Eppure già con Quando L’occhio Non Vede e Raccontami lo stile cade, diventa qualcosa di già sentito (appunto). Un alternarsi di calma e violenza che ci si aspetta da chiunque sappia suonare uno strumento e abbia qualcosa da dire. Neanche Una Luce mantiene il discorso dell’alternanza arricchito da derive metalliche che hanno spunti interessanti ma che, secondo me, potevano essere spinte ancora di più. Come6 lascia il tempo che trova e El Sueno Es La Vida, cantata in spagnolo, è qualcosa di addirittura prescindibile. E finalmente si arriva a Farti Molto Male, un brano massiccio, sia nei toni che nei concetti, che eguaglia e sorpassa la promessa della traccia iniziale. In assoluto il momento migliore di tutto il disco, qualcosa che si fa fatica a togliersi dalla testa. Ali Come Armi, che ha un incipit di chitarra di quelli che restano nelle orecchie, e Pari a Uno, che rappresenta un altro bellissimo momento, chiudono il lavoro di questa band emiliana mantenendo alta la musica e inespressi i concetti.
Il disco va via così, fra momenti di grande raffinatezza, stilisticamente dura, intervallata da rumore sterile e grida indirizzate ad un bersaglio non ben identificato. E’ un lavoro strano. Certo, è palese la validità e la capacità dei musicisti di creare un’atmosfera di furia, qualcosa che spinga la gente a saltare. I disturbi, il noise, sono spettacolari, l’arrangiamento musicale è ricercato nella sua modulazione sonora, alcune cose sono ricami inattesi e superbi. Ma la parola d’ordine di questi tempi è Sperimentare perché già troppi si fossilizzano su suoni duri che poi di concettuale hanno poco o niente.Le grida devono venire dall’interno, la musa che ispira l’artista deve essere tossica o celestiale e comunque pura, non vestita con abiti alla moda. L’aggressività è uno stile di vita, non un atteggiamento.
Credits
Label: Zetafactory – 2008
Line-up: Francesco Sansone (voce, chitarra) – Francesco Severi (basso) – Stefano Cigarini (chitarra) – Daniele Arcuri (batteria, percussioni)
Tracklist:
- L’odio
- Mentre Mi Perdo
- Quando L’Occhio Non vede
- Raccontami
- Neanche Una Luce
- Come6
- El Sueno Es La Vida
- Farti Molto Male
- Distanze
- Ali Come Armi
- Pari A Uno
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