Ci sono band italiane che partono dall’esperienza dei gruppi stranieri contemporanei. Vogliono dimostrare che è possibile realizzare lo stesso genere di musica in Italia. Alcune ci riescono ed arrivano anche a farsi apprezzare in qualche apparizione live in terra di Albione come i Kiss Me Emily. La band di Forlì propone una miscela di post-punk alla Bloc Party, ma in trame più elettro-pop alla The Killers. Allo start-up sono queste le loro radici ma ci sono ampi margini di creatività che promettono bene per il futuro. All in one: tutti gli ingredienti in un unico calderone. Dopo un Ep, i Kiss me Emily si presentano con il loro primo album, tra momenti più spiccatamente rock e schizzi di elettronica; l’emozione è superficiale, il ritmo coinvolgente. LostHighways ha voluto indagare questo interessante e giovane progetto prodotto dall’etichetta Forears.
Il vostro sound è marcatamente ispirato ai Bloc Party di Silent Alarm. Quali opportunità creative sta offendo il post-punk revival alla storia del rock nell’ultimo decennio?
Offre sicuramente grandi possibilità di ispirazione, rivisitazione e ampliamento degli orizzonti compositivi. Se devo essere sincero, la corrente è stata fondamentale per la mia personale esperienza, anche se ora me ne sono staccato, mi concentro su altre esperienze e ascolti.
Ho trovato I ain’t looking veramente interessante. Un ottimo crescendo con un perfetto uncino melodico. Com’è nato?
Questo brano è nato molto tempo fa, senza troppe pretese. Racconta di un viaggio, un incontro impossibile, tema ricorrente nel disco. Non pensavo potesse diventare così come lo ascoltiamo ora, devo molto alle intuizioni della produzione. Hai detto bene, è un crescendo continuo, che esplode nell’inciso, e che segue le intenzioni del testo, il suo significato.
Come vi siete trovati con l’etichetta Forears?
Se mi chiedi com’è nata la collaborazione, per caso. Una serie di eventi ci hanno messo in contatto con la neonata etichetta, noi ci siamo buttati, seguendo il destino, e abbiamo firmato. Sono stati anni intensi, con alti e bassi, ci sono stati momenti critici, ma anche tante soddisfazioni. Credo sia stata, quella del disco e tutto il resto, una delle esperienze più importanti della mia e delle nostre vite. Con Daniele e i ragazzi, anzi le ragazze dell’agenzia, è nata anche una bella amicizia, e questo è molto importante.
Avete suonato a Manchester. Com’ è stata l’esperienza?
Un’esperienza unica, non tanto per i risultati, quanto per la possibilità in sé. Quando Daniele ci ha detto che eravamo stati selezionati per l’evento siamo rimasti di sasso. E là è tutta un’altra cosa, l’approccio, l’intenzione, e anche l’impatto è stato inaspettato. Ci aspettavamo un pubblico freddo, che avrebbe storto il naso a chi cercava di imitare la musica che, effettivamente, lì aveva il massimo riscontro e partecipazione. Invece gli inglesi ci hanno sorriso, applaudito, hanno ballato.
Quanto è importante la dimensione live per voi?
Molto. Ci piace suonare, ci piace il contatto con il pubblico, e a me piace comunicare. E solo live questo è possibile.
In Italia attualmente il post-punk revival trova spazio dal punto di vista live? In UK risulta anche ballabile!
Ora in Italia il genere ballabile è un altro. E i gruppi che vanno per la maggiore sono quelli che lo impersonano. Noi restiamo un po’ a margine, non riuscendoci ad identificare esattamente con nessun genere, anche se le assonanze ci sono. E così ci troviamo a metà, troppo pop per il locale electro-rock, e troppo rock per il disco pub. Date ne abbiamo, ma è davvero difficile trovarle, e soprattutto essere nel posto giusto al momento giusto.
A chi vi dice che siete interessanti ma non originali e che dovete sperimentare di più cosa rispondete?
Che hanno ragione. Noi siamo interessanti e anche originali, a mio parere. Però comprendo perfettamente chi relega la nostra produzione all’interno di una corrente, chi ci vede echi di altre band, ecc. anche se molte volte i gruppi ai quali veniamo paragonati non rientrano all’interno dei nostri ascolti, ma questo credo sia positivo. In ogni caso, hanno ragione. Il nostro disco, la nostra musica fino a questo momento, solo apparentemente è semplice, diretta, dritta. In realtà nasconde molto altro, ma è anche vero che una sperimentazione è necessaria, a volte non è semplice percepire le cose, soprattutto quando sono celate dietro al banale, al già sentito. Si finisce in un paradosso, complicare il semplice per mostrare l’essenza.
Perché Kiss me Emily?
La spiegazione poetica? Emily sta a indicare l’universo amoroso, l’essenza dell’amore, personificato in una donna, nel nome di una donna. Kiss è il bacio, l’atto dell’amore per eccellenza. Quindi, in definitiva amore, energia. La verità: non si sa, nacque casualmente, dall’unione di intenti. Ma a me piace immaginarne già un significato in fieri.
I social network (es. Myspace, LastFm, Facebook) aiutano veramente nella promozione di un gruppo o sono solo aggregatori di fan fittizi che alla fine solo una minima parte seguirà dal vivo i concerti?
L’hai già detto tu. Servono a perpetuare l’illusione.
I cinque migliori dischi che avete comprato negli ultimi anni?
Bloc Party, Silent Alarm; Death Cab For Cutie, Plans; The Killers, Sam’s Town; Modest Mouse, We Were Dead Before The Ship Ever Sank; TV On The Radio, Return To Cookie Mountain.