Pianura padana, bassa bolognese: il comune di Budrio nasconde un teatro della seconda metà del ‘600 nel quale questa sera la band di Rivoli si propone in un’insolita veste.
L’occasione è speciale, e LostHighways non poteva perdere la messa in scena di Concerto per disegnatore ed orchestra: le fantasie grafiche di Tommaso Cerasuolo prendono forma e movimento sospinte dalle note del resto della band, in un pittoresco e inusuale splendido buio. Nel silenzio pomeridiano del teatro, i Perturbazione si preparano alla serata mentre i tecnici allestiscono il palco.
Al termine delle prove, tra una sigaretta e tanti sorrisi, Gigi Giancursi, Elena Diana e Cristiano Lo Mele ci concedono una rilassata chiacchierata per raccontarci alcuni dettagli del passato e del futuro della band. (Foto di Emanuele Gessi; in collaborazione con Giulia Gasparato; si ringrazia Estragon Booking)
Siamo in un teatro e stasera la musica dei Perturbazione sarà diversa: cosa succederà in Concerto per disegnatore ed orchestra? Come e quando è nato il progetto?
Gigi: Si tratta di un concerto diverso da quelli classici. Tommaso prende le vesti di un disegnatore e anima il racconto di un uomo e della sua ombra nell’arco di una giornata; noi, come le vecchie orchestre, commenteremo. Tutto è nato quasi per gioco: un locale a Torino, Cafè Liber, ci aveva commissionato la sonorizzazione di un film muto. A quei tempi non ci sentivamo molto ispirati per questa cosa (esperienza che abbiamo invece affrontato più avanti con Maciste), poi ci siamo chiesti perchè non creare noi stessi un film, dato che Tommaso avrebbe saputo farlo. Quindi siamo partiti con un progetto con tre telecamere e dopo, come al solito, abbiamo limato per budget… perchè le cose semplici spesso sono le migliori, arrivando poco per volta allo spettacolo di questa sera.
Leggendo il vostro comunicato di presentazione dello spettacolo, pare che il “buio” abbia un’importanza speciale: cos’è per voi il buio? E in particolare in questa serata qual è il suo ruolo?
Gigi: Un problema! Perché quando iniziamo a suonare non vediamo dove mettiamo le mani!
Cris: Il ruolo del buio è importante perchè il disegno è live, quindi da gustare in una sorta di “silenzio visivo”.
Gigi: Si tratta della storia di un’ombra, quindi calza ancora meglio. In fondo nelle nostre canzoni c’è sempre stata la dicotomia tra giorno e notte, vita e morte, luce e ombra, quindi tutto sommato ci sta perfettamente.
Elena: Il buio rappresenta in questo caso anche la nascita. Il racconto nasce dal buio e arriva sullo schermo bianco, ma nessuno sa cosa ne nascerà, noi compresi; è vero che conosciamo la storia, ma ogni volta Tommaso la disegna sul momento, quindi ogni volta c’è qualcosa di diverso.
Dopo una pausa ricominciate oggi i vostri live. Avete in programma altre date a breve? Vi dedicherete per un po’ a questo progetto o lo affiancherete ai “classici” concerti?
Gigi: Di questo spettacolo ci sono poche date, anche perchè stiamo scrivendo canzoni nuove, quindi non porteremo ancora in giro neanche lo spettacolo classico dei Perturbazione. Stiamo invece investendo molto per fare altre date dello spettacolo Le città viste dal basso. Praticamente, come le industrie che si riconvertono, anche noi facciamo un po’ di tutto… presto metteremo su anche un’impresa di profilati di alluminio!
Recente è la realizzazione della splendida cover di Boys don’t cry. Quale significato ha questo brano per voi? Vi chiedo inoltre se questo pezzo ha o avrà un impatto, un seguito, nella vostra musica?
Gigi: L’idea è nata quando facevamo i concerti in acustico. Quella dimensione richiama un po’ un’atmosfera intima, se vuoi riporta in qualche modo all’intimità della propria cameretta, quindi è stata quasi un’equazione: l’immagine della cameretta richiama a tutti dei ricordi e a Tommaso riportava in mente proprio questo brano dei Cure che amava molto ascoltare. Poi lo abbiamo suonato dal vivo e ci è piaciuto particolarmente farlo, perchè dava una dimensione ancora più intima al pezzo, per cui a Natale abbiamo deciso di inciderlo, tutto molto spontaneamente.
Questa recente inclinazione più acustica ha influito nella scrittura dei nuovi brani?
Cris: Ci portiamo dietro delle cose che sono nate nel periodo del live acustico. Non tanto Boys don’t cry, ma più il modo di suonare che ha portato anche a quel brano.
Gigi: Adesso, per reazione, stanno nascendo cose completamente diverse per la prossima “collezione di canzoni” (disco è una parola quasi tabù tra di noi), ci auguriamo sarà un lavoro il più possibile eterogeneo.
Elena: All’insegna del chi più ne ha più ne metta
In questo periodo è quasi inevitabile parlare del progetto capitanato dagli Afterhours: Il paese è reale. Tommaso, sulle pagine di XL ha espresso il suo (e vostro) parere a riguardo, mentre questa sera voi suonate in un teatro. E’ anche questo un modo per affacciarsi fuori dai “soliti luoghi” in linea con il principio di Manuel Agnelli: non auto-ghettizzarsi?
Gigi: Assolutamente sì. Stasera manca Bonolis, quindi non sarà lo stesso! Abbiamo avuto già esperienze in teatro, tutte molto belle. Ci si sente quasi più bravi a suonare in teatro, anche se è solo una percezione. Molto è dovuto al fatto che il teatro è un luogo sacrale, che forse rende completamente la dignità di ciò che si fa. Quando si parla è bello essere ascoltati e allo stesso modo al musicista piace che le persone lo ascoltino. Ci sono dei luoghi in cui è anche l’architettura ad influenzare il comportamento delle persone. Ovviamente sta a chi suona attrarre il pubblico: se fai schifo, la gente se ne va comunque.
Ritornando a questo spettacolo, noto che altri musicisti sembrano volersi esprimere unendo musica ed immagine: Tre Allegri Ragazzi Morti con lo spettacolo su Pasolini, Massimo Volume con la sonorizzazione della Caduta della casa Usher e Giardini di Mirò con Il fuoco. Questi eventi sono distanti dal mercato discografico, vivendo esclusivamente nella dimensione live. Cambia qualcosa nella musica o sono solo fortunate coincidenze?
Gigi: Ci hanno rubato l’idea, ovvio! Scherzi a parte, penso che, proprio perchè tutto è ormai molto standardizzato, si entri in un tunnel in cui viene automatico fare disco-concerti-disco-concerti. Se fai caso alla copertina di XL in cui c’è anche Tommaso, ti accorgerai che la cosiddetta nuova scena italiana in realtà è la vecchissima scena. Non c’è mai stato un vero ricambio, quindi è normale pensare che anche i gruppi dopo un po’ si annoino all’interno del meccanismo dello spettacolo che si ripete in continuazione. Inventarsi nuovi spettacoli, nuovi palcoscenici, nuove formule di esibizione è un’idea molto bella, impigrisce meno sia il musicista che chi lo segue.
Cris: Inoltre mettere in piedi uno spettacolo del genere, che non ha niente a che vedere con quello che fai normalmente, è anche una bella sfida.
Infatti è un progetto molto lontano dal mondo discografico e da ogni risvolto commerciale…
Gigi: Sì, siamo così abituati ad avere tutto così “incasellato” che alla fine le cose che deviano di più sono quelle che funzionano meglio, vedi ad esempio gli house concerts che si stanno sviluppando in questo periodo. Ci sono tantissime soluzioni, anche perchè l’offerta è superiore alla domanda quindi se non riesci a distinguerti, rischi di essere appiattito.
L’accostamento tra musica ed immagine è ricercatissimo anche nei vostri video: Un anno in più e Nel mio scrigno rispecchiano i differenti stili di Tommaso e Gigi. Come sono nate le idee per entrambi?
Gigi: Nel mio scrigno è un video collettivo, non strettamente mio, che sono solo uno degli autori insieme a Max Viale. Nasce perchè avevamo molto materiale filmato, anche vecchissimo. Abbiamo pensato di presentarci per una volta non come il gruppo “sempre emergente” che deve bussare alle porte e chiedere scusa, ma dire: “guardate che di cose ne abbiamo fatte!”.
L’idea di Tommaso di Un anno in più nasce invece proprio dall’esperienza legata anche allo spettacolo di stasera. Essendo lui un disegnatore/animatore, ha realizzato video per altri artisti, come Cerchi nell’acqua di Benvegnù, e Ti ho visto in piazza di Stefano Giaccone. C’è stato uno strano incrocio dato che la canzone Un anno in più nasce da cose che avevo scritto io, mentre Nel mio scrigno arriva da Tommaso, anche se in realtà il risultato è molto più corale di quanto potrebbe sembrare.
Infine, vi chiediamo di presentarci il vostro nuovo compagno di viaggio…
Gigi: Si chiama Alex Baracco, già soprannominato Barack Obama.
Cris: E’ un amico proveniente dalla scuola hard-core torinese, suonava il basso nel gruppo il cui cantante è l’attore principale del nostro primo videoclip (Il senso della vite).
Elena: In realtà, il vero motivo per cui suona con noi è che così abbassa l’età media del gruppo!
Questa intervista dimostra come l’Arte, dove c’è, arriva sempre. E lo fa attraverso strade meno scontate ma forse più raggiungibili, come l’ironia e la semplicità.
Bravo Emanuele!
Grazie Perturbazione.