Amore a prima vista (Giulia Gasparato)
Domenica sera, Bologna sembra tutta chiusa dentro all’Arteria; tanta gente, temperatura tropicale, attesa frenetica. Aspettiamo tutti lei: Beatrice Antolini. Aspettiamo che salga sul palco a liberarsi delle etichette che le vengono attribuite e si sveli. Io più di altri attendo, perché è la prima volta che la vedo dal vivo e la curiosità è forte. E arriva e, quasi come se niente fosse, inizia a scuotere le pareti. Dirà, durante la serata, di non sentirsi bene, di essere senza voce e di essere furibonda per l’audio. Dirà che non è soddisfatta di come ha suonato. Io dico invece che dall’inizio, dalle percussioni di A new room for a quiet life, amplificate e giocate molto più che nel disco, ho sospettato che sarebbe stato un live elettrizzante. Sugarise, e tutti i piedi nel locale tengono il tempo saltellanti, mentre le mani di Beatrice scorrono sulla tastiera e la musica cresce. Monster Munch e Topogo, nessuno riesce a trattenersi, tutti ballano e tengono il tempo, tamburellando sulle proprie gambe, sul bicchiere o sulla spalla del vicino.
Il palco è basso, sopra sono in sette a suonare e sotto siamo in tanti ad ascoltare; Venetian Hautboy (inedito contenuto nella compilation Il paese è reale) e il locale è una mischia divertita di persone che si agitano e vibrano. I brani hanno indossato il vestito della festa stasera, sono idealmente mascherati per stare sul palco: i ritmi sono forti, ostinati e ascendenti e, nonostante sia insoddisfatta dell’audio, Beatrice se la ride e se la intende perfettamente con i suoi musicisti. Un po’ di improvvisazione, molto divertimento e il gioco è fatto: dal vivo non ritroverete i brani dei suoi album ma musiche stravolte, arricchite e tese al massimo della resa. Il tempo del concerto corre veloce, attraversando tutta la produzione musicale di quest’artista sorprendente. Non ci sono mezze misure da usare con lei: è spiazzante, magnetica, carismatica e coinvolgente. Beatrice Antolini mi ha conquistata da subito, ancor più che su disco: è una scommessa vincente per la nostra musica. E se non fossimo in Italia probabilmente sarebbe molto più famosa e riconosciuta. Godiamocela, seguiamola, prima che decida di scappare in cerca di fortuna in terre straniere. I talenti immediati come il suo sono cosa rara e poveri noi se non ce ne accorgiamo.
Più viste di un amore (Emanuele Gessi)
Il ritmo è alla base di tutto, e Beatrice Antolini lo sa bene. Il ritmo è vita: il cuore pulsa, spingendo sangue nelle vene a ritmo incessante, e per entrare fin sotto la nostra pelle, la musica deve spiccare proprio in quello. Il ritmo è colore e brillantezza: ha più ritmo un vestito a tinta unita o un vestito variopinto con calze colorate? Ha più ritmo un taglio di capelli corto ed ordinato, o una grande quantità di capelli corvini che amplifica e ripete i movimenti del capo? Questa sera è impossibile restare immobili, è obbligatorio lasciarsi andare ai mille suoni che la band sul palco riesce a creare. Capitano di una barca di folli marinai casinari, Beatrice Antolini ha autorevolezza e carisma: niente è offerto al caso, nulla si trova lì senza motivo. Il genio è il suo, la musica pure, gli esecutori portano tutto ciò che di splendido hanno da aggiungere, ed il risultato è incredibile. I brani dell’ultimo album A Due si fondono perfettamente con i pezzi del precedente Big Saloon, trasfigurandosi completamente, unendosi gli uni agli altri con scioltezza.
Questa sera all’Arteria tutti i brani sembrano portare addosso una nuova veste, in continua evoluzione.
Ricordo Marzo 2007: in apertura ad un live dei Jennifer Gentle, vidi Beatrice Antolini e la sua band suonare i brani di Big Saloon, mentre lo stupore sotto il palco era evidente in tutti i presenti. Poi la rividi, a distanza di otto mesi, in chiave acustica, ed i brani erano stati riportati ad una versione quasi embrionale. Luglio 2008: il suono riacquistava tutte le sue sfumature, apportando nuove luci ed ombre e maggiore complessità. Il ritmo cresceva, si frammentava. Pochi mesi fa, infine, la magnetica presentazione di A Due: la band è cambiata, i suoni pure, i brani sono più solari, il ritmo diventa colonna portante avvalendosi di un percussionista oltre alla batteria.
Se già prima era sicura di sé, oggi Beatrice Antolini ha ancora più chiaro ciò che lei è e ciò che artisticamente è capace di creare. Per questo oggi ha raccolto intorno a sé tanti musicisti al servizio di un personalissimo caleidoscopio musicale. La musica, con la sua complessità che gioca in una giostra di jazz, funky, rock, psichedelia, ritmi caraibici ed elettronica, riesce a coinvolgere il pubblico come non mai. Quest’artista sa bene tutto ciò e sembra non essere mai sazia.
Affascinante e camaleontica, l’arte di Beatrice Antolini è qualcosa per cui, sembra assurdo, ma si è fieri di essere italiani. Un giorno ce la invidieranno in tanti.