Intervistati, mi avevano anticipato che le loro esibizioni sono molto teatrali e spettacolari, ma non potevo pensare così tanto. I Leitmotiv appaiono come una compagnia di suonatori, musicisti nomadi i quali percorrono chilometri e chilometri per giungere sino ad un locale intimo ed accogliente come il Wolf, a Bologna. Gli incustoditi strumenti sul palco non nascondono un dettaglio che presto si svelerà tra le note delle canzoni: questa sera i Leitmotiv suonano in versione “unplugged”. Chitarra acustica, batteria, basso, tastiera e voce per dare vita ai tanti personaggi che prenderanno forma nell’aria. Giorgio Consoli, cantante della band, nonché attore diplomato alla scuola di teatro, sa ben sfruttare tutte le sue capacità: la padronanza del corpo, unita alla voce in un’alchimia irresistibile.
La prima cosa che impressiona dei Leitmotiv è la presenza scenica del frontman: rapisce l’attenzione di tutti con la sua teatralità, i suoi gesti, il suo “afferrare l’impalpabile”, il suo giocare con piccoli dettagli, che siano essi vestiti di scena, oggetti, pupazzi.
Una volta superato lo stupore per questa incredibile capacità mimica ed interpretativa, l’attenzione dell’ascoltatore passa alla band: sessione ritmica curata e personalissima, arrangiamenti di piano raffinati ed incisivi, chitarra che sa passare senza difficoltà dal rock alla pizzica, tutto in perfetta armonia. Certo, per chi ha ascoltato l’album le prime note del concerto sono stranianti nella versione “unplugged”: dove ci si aspetta furente la chitarra elettrica, un sorprendente piano di Giovanni Sileno sostiene e diventa protagonista stravolgendo le sembianze dei brani, che perdono in sfrontatezza rock ma guadagnano in intensità e passione, in perfetta sintonia con il clima avvolgente del locale.
Tutti i brani de L’audace bianco sporca il resto si susseguono in ordine misto ammaliando e somigliando davvero ai frutti della terra, al pari di un piccante peperoncino o di una fresca sorgente: Donca e Acqua di luna affascinano con i loro profumi mediterranei. Il ritmo incalzante di 24h rapisce il pubblico, mentre la sognante magia di Balocchi lo solleva con dolcezza, riuscendo a scuotere le coscienze con le sue note e parole. La scaletta del concerto offre spazio anche a due cover d’eccellenza: scritta da Modugno e Pasolini, i Leitmotiv interpretano Che cosa sono le nuvole. Nella mia mente è rapido l’accostamento alla recente versione di Benvegnù (14-19), il doloroso trasporto e la potenza vocale dell’artista toscano non compaiono in questa esibizione che vede protagonista invece un’eleganza teatrale forse più distaccata, ma non meno espressiva ed intensa. La seconda delle due cover ci trasporta inaspettatamente nella Seattle degli anni ’90 dove il grandissimo Layne Stanley ruggiva straziato la sua splendida Nutshell dal palco di Mtv; acustica come la più famosa versione degli Alice in Chains, l’interpretazione riesce a creare un clima d’impressionante profondità emotiva. Canzoni del genere riescono a far piangere dentro, senza che il volto sveli il segreto, e da come è riuscita l’esibizione questa sera sul palco del Wolf, anche per la band l’effetto deve essere il medesimo.
Lasciarsi trasportare dalle note come dalle onde, dalle onde come dalle note. C’è il Mediterraneo in loro, ci sono i viaggi, ci sono chilometri di paesaggi che cambiano e mutano al proprio fianco, c’è la passione, c’è la voglia di condividere e voler vivere facendo un mestiere che non può essere nessun altro.
Dal palco ringraziano l’etichetta bolognese La Fabbrica, per averli accolti e sospinti, e gli Afterhours per tutto quello che stanno facendo per la musica in Italia: “La musica indipendente italiana avrà ciò che le spetta“, e sono certo che Giorgio Consoli non si riferiva a soldi e successo, ma sicuramente si limitava alla “dignità” ed al rispetto per l’arte, alla passione e allo sforzo che si impiega per esse.
Pare assurdo che sei ragazzi di Taranto a settembre andranno a rappresentare la Puglia a Skopje presso la Biennale of Young Artists from Europe and the Mediterranean, mentre nella loro città… nel centro della loro città… non sono ancora riusciti a suonare. Bisogna incominciare a vergognarsi di tanta ottusità.
Dobbiamo difendere con le unghie e con i denti ognuna di queste singole piccole realtà, che vivono di pochi soldi e tanta passione.
Continuano ad essere progetti molto belli. sarebbe un peccato terribile perdere tutte queste varietà.