Nella loro Bologna, i Mariposa hanno organizzato una serata speciale: ad aprire la festa due giovani artisti anticipano il concerto di presentazione dell’album omonimo della band. Una serata all’insegna della condivisione musicale, dell’amicizia, della contaminazione. Dopo aver ascoltato le stranianti composizioni di Iosonouncane e lo psicotropo blues di Samuel Katarro, i Mariposa hanno dato spettacolo con i nuovi brani, e i classici di una carriere lunga dieci anni di follie musicali, tanto ludiche quanto professionali. Al termine del concerto Michele Orvieti si è intrettenuto con noi per una chiacchierata tra passato e presente della band e del “mondicino musicale italiano”. Ad accompagnarvi nella lettura, Piero, brano estratto in esclusiva per noi dall’ultimo disco. (Foto di Emanuele Gessi; in collaborazione con Giulia Gasparato)
Il nuovo tour è iniziato il primo aprile a Padova, e dopo due giorni siamo al Locomotiv di Bologna per una serata speciale. Com’è nata l’idea di questa festa?
Bologna è la nostra città d’adozione: qui abbiamo la nostra sede, il nostro studio di registrazione, la sala prove e qui al Locomotiv facciamo due volte al mese il nostro programma-talkshow-concerto radiofonico, il Magazzeno Bis. Ci sono molte cose che ci legano a questa città e tornare a suonare qui dopo molto tempo, portando un set del tutto nuovo, è una cosa che va santificata al massimo. Abbiamo deciso di fare una serata che sia un bel “panino pieno”, con degli amici, perchè la cosa più bella per noi è poter suonare insieme a degli amici! Abbiamo conosciuto Jacopo Incani (Iosonouncane) quando suonava negli Adharma, gruppo di musicisti sardi trapiantati a Bologna che purtroppo si è sciolto, e abbiamo apprezzato tantissimo la sua attuale metamorfosi musicale. Samuel Katarro è un artista con il quale abbiamo incrociato più strade, anche quella della nostra Trovarobato, dato che Samuel è nel booking. In più stasera abbiamo avuto “psichedelic dj-set” di Aurelio Pasini, firma storica del Mucchio ma anche punto critico del Magazzeno Bis, e Francesco Locane di Radio Città del Capo, altra realtà bolognese con cui collaboriamo. Speravamo di avere amici questa sera, ed è un pensiero che si è realizzato.
La poliedricità dei singoli componenti della band si rivela oltre che nei singoli brani anche nella molteplicità di progetti che intraprendete: oltre ai classici album, penso allo spettacolo Quanti sedani lasciati ai cani, il programma radiofonico Magazzeno Bis e la Trovarobato. Quando avete cominciato avevate già chiara l’idea di diventare una piccola “holding” della musica indipendente?
E’ una cosa strana, ma tutto è nato in maniera molto naturale. Non pensavamo di fare quello che poi abbiamo fatto e ora ne siamo contenti. La Trovarobato, che è appunto il centro di produzioni discografiche e radiofoniche, è nata dall’esigenza di gestire i Mariposa, le date e la promozione. Dopo di che abbiamo iniziato a produrre altri artisti, a realizzare trasmissione radiofonica Spaghetti allo scorporo e Magazzeno Bis (che ormai è arrivato alla terza annata) fino agli sconfinamenti nel teatro di Quanti sedani lasciati ai cani. E’ un discorso molto banale ma molto vero: nonostante i dieci anni di attività non ci sentiamo arrivati. Abbiamo sperimentato molte cose, ed in particolare in questo disco il Pop, alla nostra maniera, semplificando le strutture, cercando di essere più diretti… una continua sperimentazione che poi ha portato a tutte le cose che tu hai accennato.
Forse anche a seguito de Il paese è Reale ora si vive un bel fermento e si è riusciti a voltare un po’ di riflettori verso band come voi, troppo spesso oscurate. A distanza di poco tempo uscite con il vostro album che appare molto più immediato dei precedenti: è un caso o c’è forse la volontà di afferrare un treno che non si sa se ripasserà mai più?
Il nostro percorso è del tutto personale, rappresenta il nostro evolverci come musicisti; è una cosa incoerente come tutte quelle che facciamo, ma tutto sommato ha il suo senso. Il Paese è Reale è una bellissima esperienza che Manuel Agnelli ha realizzato, dando la possibilità di fotografare un’istantanea del mondo indipendente; particolare, strana, si può non condividere come scelta ma comunque disegna qualcosa. Il disco ha raccolto successo, ed è pieno di bei brani; per esempio quello di Beatrice Antolini è molto bello. Mi piace sottolinearlo perchè con Beatrice c’è un particolare legame: lei prova nel nostro studio, Enzo Cimino suona la batteria anche nella sua band… e queste sono cose molto belle.
Visto da fuori, il mondo della musica indipendente italiana può apparire come una grande famiglia. C’è molta sinergia tra alcuni dei suoi personaggi, e così componenti di vari gruppi si trovano per crearne altri, o ai dischi di un artista partecipano in studio grosse comitive di altri, e via dicendo in un clima di condivisione. Talvolta può però sembrare anche un ambiente autoreferenziale…
No, non sono d’accordo. Soprattutto in questo piccolo insieme che tu hai disegnato mi pare ci siano molti volti nuovi. A Bologna manca un po’ questa cosa, non voglio usare la terribile parola “scena”, ma manca questa circolarità, scambiarsi, scontrarsi. In qualche maniera, con molta cautela, stiamo cercando di innescare questo. Gli incontri con Beatrice, Jacopo Incani, Samuel che viene a Bologna… poi penso a gruppi incredibili che erano tra il pubblico stasera come i Trabant Mobil che vengono da Cento di Ferrara. Ci sono molti volti nuovi che stanno solo aspettando di venire fuori e con i quali sarebbe bello poter lavorare.
Come hai già detto, questa sera hanno suonato con voi altri giovani artisti. Noti delle differenze tra voi, nati sul campo, e chi forse il primo pubblico se lo è creato in rete? Voi siete tra gli ultimi gruppi che non hanno goduto di internet sul “nascere”…
Infatti stiamo cercando di recuperare adesso! Avevamo un sito web che era stato programmato da noi dal 2001, e fino ad ora è rimasto così… per questo è stato protetto dalle “Belle Arti” e non abbiamo potuto smantellarlo! Scherzi a parte, il nostro percorso è molto parallelo rispetto ai social network. Abbiamo per esempio problemi con LastFm: esiste un gruppo brasiliano che si chiama Mariposa; purtroppo LastFm è programmato male e non gestisce le omonimie; di conseguenza la nostra biografia, le nostre date, i nostri brani si intersecano con i loro finendo in un unico canale in cui non si capisce nulla. Siamo arrivati a contattare responsabili di LastFm Italia, ma non c’è nulla da fare. In ogni caso, pur essendo arrivati tardi a questi mezzi non li rifiutiamo: abbiamo dei collaboratori che curano i vari aspetti dei social network nei quali vogliamo inserirci. C’è un’altra bella esperienza che stiamo portando avanti, un incontro tra noi e molti giovani che escono dalla sala prove del centro BoomBap di Idice di San Lazzaro (Bo). Loro sono veramente molto giovani ma sono molto ben organizzati. Abbiamo poi realizzato un festival, Tuttarobamarca, nel quale cerchiamo di far contaminare i gruppi emergenti con quelli già appartenenti all’ambiente del rock indipendente, perchè è un contatto necessario. Loro, ovviamente, sui social network sono molto più avanti, comunque si riesce a dialogare e non c’è stato alcun scontro generazionale.
Per concludere torniamo più direttamente a voi: avevate definito la vostra musica come “componibile”. E’ un termine che ancora vi rappresenta o ha subito delle evoluzioni?
Sì, musica componibile è un termine volutamente equivoco, aperto, all’interno del quale puoi inserire tutto quello che vuoi. Chiariamolo: è un gioco! Come ho detto altre volte è la seconda più grande truffa del rock dopo il punk: non vuol dire nulla e vuol dire tutto. E’ nato dall’esigenza di divertirsi con i giornalisti, con i colleghi e per poter rispondere con un termine goliardico e divertente alla domanda “che musica fate?”. Poi si è anche incanalato in cose più interessanti: ad esempio Iosonouncane fa musica componibile, ne sono certo! Pensa che quando abbiamo fatto il tour del precedente album (Profitti Now! La prima conferenza sulla musica componibile) siamo andati in giro per l’Italia con un minidisc e abbiamo fatto più di 180 interviste a musicisti, produttori, registi, personaggi della cultura e dello spettacolo e sono venute fuori le interpretazioni più incredibili. L’interpretazione prevalente è quella che ricorda l’Ikea, il Lego, le cucine, però queste 180 persone non sono riuscite a trovare una definizione chiara, quindi perchè non continuare a portarcelo dietro, visto che l’indefinibilità è comunque molto preziosa nel nostro mondicino musicale italiano?
Un solo commento
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