Giovani, newyorkesi e con un disco d’esordio che ha letteralmente spiazzato tutti. I The Pains of Being Pure at Heart hanno saputo riscoprire i suoni e le atmosfere di quel twee pop che ha fatto sobbalzare il Regno Unito negli anni 90. Quel sound al quale i britannici hanno saputo da sempre conferire delle caratteristiche peculiari e ampiamente riconoscibili che si è poi diffuso a macchia di leopardo per tutto il continente. Pop sì, ma senza dimenticare di tanto in tanto di strizzare l’occhio un po’ allo shoegaze, alla new wave e al punk rock. Ma i dolori dell’essere puri di cuore sono esternati soprattutto con l’ausilio della melodia, melodia di una spontaneità giovanile, di quelle che ti entrano in testa da subito e che non puoi fare a meno di canticchiare tutto il giorno, di quelle in grado di colorare anche il grigio mondo industriale del regno unito degli anni 90. Dieci canzoni appena per 35 minuti di durata. Il tempo di una passeggiata dal profumo di primavera, le chitarre elettriche sature di sottofondo e le due voci di Kip e Peggy che cospargono di raggi di sole le strade che arrivano fino al cuore. Un disco semplicemente bello, di una bellezza che non ha bisogno di canonizzazioni estetiche perchè schietta e impulsiva. LostHighways prova ad approfondire questa splendida e promettente nascita attraverso un’esclusiva intervista con Kip Berman, cantante e chitarrista della band.
La vostra musica richiama alla mia mente il pop inglese degli anni ’90. Band più famose quali The Smiths e altre meno famose come tutte quelle della Sarah Records. Vi sentite in qualche modo legati a questo tipo di musica o a queste band?
Siamo in qualche modo legati all’etica e allo spirito di queste band, difendendo i singoli in vinile, celebrando melodie orecchiabili e splendidi arrangiamenti e non comportandoci da cazzoni rock strafatti o cose così. Ma credo che il nostro sound sia differente, noi siamo un po’ più abrasivi e rumorosi di quanto lo erano queste band. Loro hanno difeso la “pura perfezione pop”, noi troviamo la perfezione in quella musica che ha un certo livello di noise e un forte, viscerale, sentimento emotivo, non il bello solo per il gusto di farlo. Per essere sintetici: siamo grandi fans del catalogo della Sarah Records e dello spirito del DIY (do it yourself, n.d.r.) di quel tempo. Comunque non siamo nostalgici e siamo molto contenti di vivere oggi e fare musica nel 2009.
E oggi quali sono le band che stimate?
Oggi alcune delle band che davvero amo sono Girls, Crystal Stilts, Vivian Girls, caUSE co-MOTION, Zaza, Depreciation Guild (la band del nostro batterista), Knight School, Manhattan Love Suicides, Pants Yell and Shrag, per nominarne alcune.
Credo anche ci sia una sorta di trend negli Usa in questi ultimi anni per il quale molte band stanno riscoprendo il pop, specialmente inglese. Quali sono i differenti fattori che possono guidare una band americana nella scelta di questo tipo di espressione musicale, in un’America che è la culla di qualsivoglia genere musicale?
Siamo condizionati tanto pesantemente dalle tradizioni pop americane quanto da quelle dei nostri precedenti dominatori coloniali. Detto questo, Kurt Cobain ha sempre difeso le band pop underground, e quando avevamo 14 e 15 anni ha coverizzato brani e parlato di Beat Happening, The Vaselines, Another Sunny Day e molti altri che ci hanno portati in questo tipo di musica. Anche il successo di Belle and Sebastien mi ha introdotto ai Pastels, che sono ad oggi una delle mie band preferite di tutti i tempi. Ma noi siamo molto attenti a non idealizzare troppo le band pop inglesi, dopo tutto siamo comunque una band americana e aspiriamo ad essere più nella tradizione di Sonic Youth, Nirvana o Yo La Tengo, piuttosto che emulare una tradizione culturale che non è la nostra. E’ importante per noi essere naturali e reali e io credo che la nostra musica rifletta questo.
Da che tipo di suggestioni ed esperienze nascono la vostra musica e i vostri testi?
Le nostre canzoni derivano dalle cose che abbiamo provato e dalle esperienze che abbiamo avuto tutti nelle nostre vite. Ovviamente non siamo cresciuti “in un mondo fantastico”, e le canzoni derivano da tutte le cene notturne ascoltando punk rock con pochi amici. Ma non siamo punk del tipo “andare contro lo stato”, più tipo teenager Americano standard che vive in una sorta di città tipica, dove la musica diviene l’unica cosa che rende speciali ed eccitanti le nostre vite. Abbiamo guidato in giro tutta la notte senza niente da fare, solo ascoltando i Sonic Youth.
Young Adult Friction invece sembra in qualche modo collegata più al filone della new wave inglese degli ultimi anni ’70. Dei suoni più oscuri che evocano i Joy Division…
C’è un’energia e un’inquietudine che richiamano la tensione e una sorta di beat “meccanico” di alcune di quelle band, ma non sono sicuro di una vicinanza a quel dark. Per me ricorda più Do you remember the first time dei Pulp, una canzone che amo davvero.
C’è anche una tendenza shoegaze di sottofondo in ogni vostra canzone. Da dove viene?
Non siamo una “tradizionale” band shoegaze, ci piace molto rendere le cose quanto più rumorose possibile, con una sorta di “grande” suono. La musica rumorosa è un modo per renderci contenti e permette alle canzoni di risuonare emozionalmente con noi.
In che modo la vostra giovane età può influenzare il vostro rapporto con la musica e la composizione?
Siamo molto eccitati ed entusiasti di quello che facciamo. Siamo tutti tremendamente fans della musica, la musica ci dà una sorta di evasione e ha formato la nostra identità così fortemente quando eravamo teeneagers; la possibilità di essere nel tipo di band che avremmo sognato quando eravamo diciassettenni ci regala delle sensazioni inimmaginabili.
Le vostre canzoni suonano tutte molto piacevoli, immediate all’ascolto e mettono subito di buon umore. Cosa provate nel suonare la vostra musica, semplice divertimento o qualcosa di più?
I brani sono molto melodici, ma nei testi non sono roba usa e getta o gomma da masticare. Mi piacciono le band che sono in grado di bilanciare il dolore e il piacere. I Nirvana sono l’esempio di una band che poteva scrivere in modo sciocco musica melodica, ma c’era anche una dimensione triste o problematica dei sentimenti nelle liriche, è anche il tipo di musica che mi rispecchia in maniera più forte. Amo il pop, ma sento che bisognerebbe dire “qualcosa”, forse è l’essere cresciuto con una madre che è diventata maggiorenne in un tempo dove le liriche erano considerate primarie rispetto alla musica stessa (Leonard Cohen, Bob Dylan)
Quali sono le vostre aspettative per il futuro?
Spero si continui a fare musica. Tante grandi band che ho amato sono passate attraverso periodi nei quali la gente gli dava attenzione, poi li dimenticava e poi ( sperando) gli dava attenzione di nuovo. Non abbiamo mai voluto essere band effimera, da “gusto del mese”, ma il tipo di band che continua a fare dischi e migliora.
Quali sono i dolori dell’essere puri di cuore?
Non sono poi tutti così dolorosi!
Bellissima intervista in cui si può scoprire qualcosa di fresco come gli intenti e le aspirazioni di questi giovani. Il sottofondo è un pezzo delizioso…
Questa è una di quelle belle cose che fanno di una giornata “normale” una giornata “normale +”!
E si va a letto con queste note fisse nella mente… con ottimismo.
…Vogliamo chiamarla voglia di Vivere?