Qualsiasi adolescente degli anni ’90 non può non aver saltato sui versi irriverenti di Basket Case. Non può non aver chiuso gli occhi nell’ascoltare almeno una volta Good Riddance, per tutti Time of your life. Tra loro mi metto anche io, che proprio per questo ho atteso con grande curiosità l’uscita di questo disco. I Green Day si presentano come unici sopravvissuti di una generazione che aveva fatto del punk un linguaggio; un sistema di comunicazione tanto pungente quanto immediato. Mai convenzionale, il punk ha mostrato la faccia più sfrontata e coraggiosa di chi non accettava la situazione e si è ribellato. L’uscita di American Idiot, ormai datato 2004, era stata accettata con notevoli controversie. Per i fan di vecchia data era stato interpretato come una manovra commerciale nella scelta di un’apparenza più emo e compiacente con la scena del momento. Per gli adolescenti di quegli anni è stato invece una graditissima scoperta. E così oggi tutti insieme ascoltiamo 21st Century Breakdown (prodotto da quel Butch Vig, già produttore di Smells like teen spirit dei Nirvana), per molti versi la continuazione di ciò che aveva annunciato il disco precedente. L’idiota americano era colui che si era affidato all’amministrazione Bush, quello che aveva supportato la guerra in Iraq, incurante delle conseguenze ed è proprio lui che ha condotto l’America, e tutto il resto del mondo, verso il guasto del ventunesimo secolo. Il sogno americano non esiste più, la crisi ha colonizzato ogni angolo, gli esiti di una guerra non voluta dai più sono evidenti in ogni casa. Il punk torna prepotentemente tra le mani dei Green Day come mezzo di comunicazione per raccontare la verità senza falsità. E lo fanno ancora una volta con il metodo dell’operetta punk: 18 canzoni divise in tre atti, ognuno da un titolo piuttosto eloquente (Act1 – Heroes and cons, Act2 – Charlatans and saints, Act3 – Horseshoes and handgranade). Come ogni opera che si rispetti, la storia verte intorno a due personaggi chiave, Christian e Gloria, immortalati sulla cover del disco. Christian rappresenta il giovane autodistruttivo, incapace o semplicemente svogliato nel trovare soluzioni. Gloria è il suo opposto: l’ottimismo e la speranza sono gli elementi fondamentali che la caratterizzano. E proprio questi sono gli aspetti che stanno alla base dell’idea del concept album, come a dire che l’arrivo di Barak Obama può risollevare le sorti, ma allo stesso tempo l’accumulo di problematiche negli ultimi anni rende ogni tentativo complesso. Concetto già ampiamente espresso nel primo singolo uscito, Know your enemy, non un’inutile caccia alle streghe, ma la possibilità di riconoscere l’errore e la capacità umana di dare risposte efficaci ed efficienti. L’analisi porta al confronto non solo tra due atteggiamenti ma anche tra due generazioni: quella di chi ha vissuto la propria adolescenza durante il governo di Nixon (i Green Day stessi) e quella che si diplomerà nel 2013 (i loro figli) dimostrando come possa essere più difficile per questi ultimi immaginare un mondo differente da quello in cui stanno vivendo. Altra istituzione fortemente contestata per tutto il disco è la religione, specie nei suoi fanatismi e nelle sue contraddizioni. L’America che si erge agli occhi del mondo, specie di quello orientale, come modello di equilibrio e democrazia, viene osservata dall’interno portando allo scoperto, attraverso un’amara critica, i numerosi gruppi fondamentalisti cristiani che raccontano un’unica verità e un’unica via per raggiungerla, senza concedere legittimità al dubbio e alle differenze. Dal punto di vista strettamente musicale, è questa per i Green Day un’ottima prova. Il disco, nonostante l’ora abbondante di durata, scorre velocemente, senza interruzioni. Senza apparire uguale a se stesso, riesce a unire le diverse modalità di espressione cui la band ci ha abituati in tutti questi anni, con continuità, come fosse suonato e cantato tutto d’un fiato. Il punk, il rock, la ballata filtrati dalle mani dei Green Day sono sempre riconoscibili nel passato e attuali con il presente.
Li si attende alla prova live per vedere come, alla soglia dei quaranta anni, riusciranno a coinvolgere un pubblico per lo più coetaneo dei loro figli.
Credits
Label: Warner Music – 2009
Line-up: Billie Joe Armostrong (chitarra, piano, voce) – Mike Dirnt (basso, cori) – Trè Cool (batteria, percussioni)
Tracklist:
- Songs of the century
- 21st century breakdown
- Know your enemy
- ¡Viva la Gloria!
- Before the lobotomy
- Christian’s Inferno
- Last night on earth
- East Jesus nowhere
- Peacemaker
- Last of the American girl
- Murder city
- ¿Viva la Gloria? (little girl)
- Restless heart sindrome
- Horseshoes and handgranades
- The static age
- 21 guns
- American eulogy
- See the light
Act1 – Heroes and cons
Act2 – Charlatans and saints
Act3 – Horseshoes and handgranades
A. Mass Hysteria
B. Modern city
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