Spicca quel suo celeste come cielo americano che narra, inossidabile nel tempo, resiste la sua leggenda anche nel 2009. De Gregori, insieme a pochi altri “giusti” della nostra musica, è sempre riuscito a cogliere gli argomenti con un linguaggio contorto e affascinante, la sua poetica è stata sempre ermetica. Bufalo Bill è un prodotto della scuola italiana, e che lo si dica, la canzone d’autore l’abbiamo sempre saputa fare. In quegli anni album come Bufalo Bill si distinguevano per la semplicità più assoluta, colpendo diritto al cuore. Per la società e per i giovani erano anni bui, anni di piombo, chiusure di fabbriche, manifestazioni, terrorismo, le cariche dei carabinieri. In quegli anni la società non fece tanti regali ma la musica, di regali, ne fece tanti. Bufalo Bill era uno di questi e, paradossalmente, De Gregori, cantautore di sinistra, non raccontava quasi mai “cose di sinistra” o almeno lo faceva con un linguaggio tutto suo, sembrava quasi sempre scollegarsi da certe azioni massimaliste, voleva solo raccontare amore, sentimento, guerra, cose italiane. Cose che questo paese aveva vissuto sulla propria pelle, ma viste dal lato buono, viste con gli occhi dell’amore. Amore, la parola di questo album. Nella title track l’autore parla in prima persona, come se fosse lui stesso il leggendario cavaliere del west americano che, anche se giocava a ramino e fischiava alle donne, aveva già voglia di crescere e di poter decidere la strada da fare. Pochi sanno che, ispirandosi al film La ballata di Cable Hogue e al cowboy che al tramonto viene accidentalmente schiacciato da un’automobile, ha dato forma al personaggio “culo di gomma famoso meccanico”. Bufalo Bill ci trascina tra le avventure del Piccolo Esploratore Tobia, accompagnato al pianoforte e al canto dall’amico Lucio Dalla. In questo disco l’ascoltatore scopre come e perché viene ucciso Babbo Natale, in quella stupenda e allusiva L’Uccisione di Babbo Natale, un brano allucinogeno e delicato. I due protagonisti della canzone, Dolly dal mare profondo e il figlio del figlio dei fiori ci fanno capire cosa succede quando si eccede con alcuni tipi di sostanze. Forse in Disastro Aereo Nel Canale Di Sicilia, il Principe (soprannome storico di De Gregori, a simboleggiare la sua aria schiva e, perché no, altezzosa) anticipa un po’ i tempi raccontando già le evidenti difficoltà tra Occidente e Oriente. Non si può poi non citare un altro brano entrato di prepotenza nella nostra storia musicale, è uno dei più delicati omaggi resi alla memoria del mai dimenticato Luigi Tenco, quel Festival che trova nella delicatezza e nelle sue note malinconiche la sua ragione d’essere. Atlantide racconta l’amore globale, quello che racchiude l’amore del singolo e l’amore cosmico, a mio parere uno dei migliori De Gregori di sempre. L’album poteva solo chiudersi in bellezza con un brano di qualità musicale e lessicale elevatissimo, quel Santa Lucia che è un atto di devozione alla vita e all’Uomo.
Bufalo Bill rimarrà indimenticabile e sempre attuale perché quando la poesia sposa la musica nasce qualcosa che non è né l’uno né l’altra.
Credits
Label: RCA Italia – 1976
Line-up: Francesco De Gregori (voce, chitarra) – Mario Scotti (basso) – Roberto Rosati (chitarra) – Carlo Marcovecchio (batteria) – Antonio Torquati (tastiere)
Tracklist:
- Bufalo Bill
- Giovane esploratore Tobia
- L’uccisione di Babbo Natale
- Disastro aereo sul canale di Sicilia
- Ninetto e la colonia
- Atlantide
- Ipercarmela
- Festival
- Santa Lucia
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