Ri-suona, La carne, elettrico, nucleale, necessario. Guadagna l’attimo del gusto primitivo, del tatto semantico, della poetica del vero e lo rende palpabile, fruibile, detestabile, ammissibile, fiero. Coglie l’attimo in cui è il baro a svelare il gioco, a rimescolare le carte, a dare voce agli atti, alle sembianze dei gesti d’amore, di vita, di strada, di stanza, di fine. Il tappeto che raccoglie le carte è rosso, reticolato di nomi e fotogrammi che non ricorda un luogo in particolare ma è quel luogo: una città e i passi che la animano, le ombre che i terrazzi lasciano sull’asfalto, angoli di vie, percorsi a salve, auto in corsa, appartamenti allegri, appartamenti presi e lasciati, letti rifatti per puntiglio, cibo consumato a ore, buona compagnia, cattiva compagnia, figlie, amanti, padri, Amore. Donne-Amore che tradiscono, sollevano, incantano, sfuggono, rimangono, non ci sono state mai. Racconti del disamore, dell’altra faccia del desiderio (“già da qualche mese ci facciamo un male pulito, sappiamo dove puntare e colpiamo […] santo questo tuo rallentare per aspettarmi e restare, la pazienza che hai quando godi con me, quando mi scrivi / santo questo darti da fare / santo questo”, Siracusa e le stelle), medaglia che conosce la ruggine (“e avere così poca voglia di te, delle tue mani / e avere così poca voglia di consigli prevedibili e delle tue mani”, Marco Ferreri), la resistenza, il peccare, l’attesa, il silenzio (“ripenso ai giorni appena buoni, al tuo infinito non dire, ai tuoi piedi che non vorrei qui, a questo amore marginale e come sempre la distanza ci fa bene”, Benedetto davvero), lo spasmo malinconico dei ricordi rivisitati, traditi, sedotti dall’urgenza, dal bisogno di perdono (“io sopravvaluto i ricordi con i miei occhi neri e gonfi / è un delirio di famiglia / anche mio padre sai lo fa quando fissa rosso di odio mia madre”, La buonanotte in francese) . I Valentina Dorme firmano undici storie di mani, del tatto come parola, di colori che non sono sfumatura ma aggettivo, qualificazione, fatto. Mario Pigozzo Favero ferma nero su bianco il segreto scomodo della carne, del respiro quando si fa corto, dei passi spesi a rincorrere, delle soste consumate a tradire, a svelare, a rivelarsi. Treviso, le stagioni della pelle, l’estate caldissima di Paolo e Francesca, i girasole, i grigi, un commiato, la confessione (“un amore di guerre poche e combattute male, che non ha saputo e non sa invecchiare bene, di troppe frasi che andrebbero urlate dette invece sottovoce […] chè io non sono forte, io non sono forte”, Io non sono forte), le notti come proiettili, il sangue come nudità: Dante, forse, non c’entra e Marco Ferreri è, probabilmente, un alibi particolare. Un purgatorio di chitarre suonate come suona il tempo, ora sordido, nemico, ora imbonitore, amico fraterno: refrattarie, chimiche, tese, sudate, chitarre voce, mai sotto-voce, che tacciono al gusto degli archi per poi ripercorrerne gli spasmi, che indovinano le pulsioni ritmiche, certe delicatezze armoniche e le legano al timbro solido di un cantato maturo, venoso. Melodie che crescono, che non si muoiono addosso, angoli acuti di un rock urbano e colto, ammalato di accenti brevi pop, cantautorato cupo ed oltremodo vivo, pungente, inusitato all’abitudine, intrigante, capace di grazia e di spari, di accarezzare e di ferire. Trieste centrale, Giulia Bentley in estate, Un nome di fantasma, Olimpiadi salesiane: suonano e non lo fanno a caso, si annodano al timpano e arrivano a ferirlo, lo rapiscono, lo vincono, infine lo innamorano. Io non sono forte è un numero primo, senza pelle, l’ultimo capitolo di un album-libro che esige la ri-lettura, da cui risulta difficile accomiatarsi, al quale porgere la guancia, cui attingere daccapo per uno schiaffo ancora, per un po’ d’Amore venuto bene. Ri-suona La carne. Ed è giusto così. Come accade a ciò che infine rimane, che ha un senso a prescindere, che non deve essere reinventato ma è, senza punteggiature di circostanza.
Credits
Label: Fosbury Records – 2009
Line-up: Mario Pigozzo Favero (voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, cori) – Massimiliano Bredarioli (batteria, percussioni, chitarra acustica, cori) – Mario Gentili (basso) – Alberto Scapin (chitarra elettrica, chitarra acustica); con la collaborazione di: Fabio De Min ( synth track 1,5 pianoforte track 6), Nicola Manzan (violino track 1,4,5,6 viola track 5), Angelo Maria Santisi (violoncello track 1,4,5,6), Alberto Montesarchio (synth track 2),Marco Ballestracci (armonica track 3), Giulio Ragno Favero (synth track 3,6,9 chitarra track 4,6,7,9 piatti track 9 cori track 11), Francesco Smania (tromba track 3, sax track 4), Arrigo Pietrobon (corno inglese track 4,9 oboe track 6); parole di Mario Pigozzo Favero; musica di Mario Pigozzo Favero e Valentina dorme, eccetto Marco Ferreri (musica di Paolo Carraro); arrangiamenti di archi e tastiere Fabio De Min; prefazione al disco di Massimiliano Parente
Tracklist:
- Un nome di fantasma
- Benedetto davvero
- Il terzo uomo
- Marco Ferreri
- Giulia Bentley in estate
- I girasoli
- Trieste centrale
- Siracusa e le stelle
- Olimpiadi salesiane
- La buonanotte in francese
- Io non sono forte
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