Fuori piove a dirotto. Sotto la ciclopica tensostruttura bianca del magnifico The O2 di Londra stasera si consuma l’ennesima tappa del tour europeo di Only By night dei Kings of Leon. 25000 persone per una delle ultime band in circolazione che non ha dimenticato cosa sia il rock. Stasera si celebra anche il meritato punto di arrivo di questi tre fratelli e cugino di Nashiville che, partiti suonando southern rock nel 2001 con un’etichetta indipendente, hanno subito un’evoluzione nel suono e nell’attitudine raggiungendo alla fine una perfezione stilistica di moderno rock senza eguali pur approdando ad una major come la Sony. Ed O’Brien dei Radiohead è un loro grande sostenitore. Per non parlare degli incontri avuti sul palco con Eddie Vedder.
Il gruppo supporto di questa sera è quello degli scozzesi Glasvegas che dimostrano di avere la grinta e la caratura per reggere un live davanti ad un grande pubblico. La loro performance dura una quarantina di minuti ma è densa di tutti i brani di successo inclusi nel loro album d’esordio che li ha già proiettati in un roseo futuro. Quindi l’incendio d’anima può cominciare. A rompere il ghiaccio sono Be somebody e Crawl, provenienti dal pluripremiato Only By night del 2008. My Party, Taper Jean Girl e Molly’s Chambers sono quei tuffi irresistibili nel recente e remoto passato dei loro primi tre album: Youth and Young Manhood (2001), Aha Shake Heartbreak (2004) e Because of the times (2007). Descrivere il loro sound è semplice: prendete un indemoniato blues, immergetelo in un lamento country con squarci di arrabbiato rock ai limiti del garage. Suonate il tutto con un basso imponente e ipnotico che a sprazzi viene esaltato da fiammate di accenti di Gibson che non danno scampo all’ascoltatore… lo rendono ubriaco di vita all’istante. Il concerto si dipana in un susseguirsi di brani, da Fan a Four Kicks, che hanno la dote di avere uncini melodici mai banali e di attitudine rock come i migliori Pixies e Rolling Stones. Sì, perché con i Kings Of Leon si salta nella storia del rock e non si tratta di rock citazionista. Il basso trapana il cuore con una Charmer live incredibile, mentre Mc Farless ne ricuce le cicatrici. Quindi il brano più venduto della storia di Itunes Sex On fire, che con una progressione mozzafiato conduce il coro dei 25mila. Il tendone sembra cedere. C’è spazio per la tregua da brividi che è la ballad Cold desert, forse una delle loro più belle canzoni. E quando pensi che non ci siano più pallottole in canna ti sparano Use Somebody, Closer e Knocked Up: è un tripudio di ritmo e melodia, ricamati sempre da quel maledetto basso incessante di Jared e da quella suggestiva voce della notte di Caleb. Gli assoli incendiari di Matthew e il drumming convulso di Nathaniel completano gli ingredienti perfetti di questa miscela esplosiva che sono la famiglia Followill dei Kings of Leon. Questo concerto è stata una scarica elettrica direttamente in volto al rock che tutti pensano defunto. Una sola pecca dietro la maglietta del concerto: tra tutte le tappe del loro tour europeo non c’era l’Italia… e un po’ scoprire che negli anni settanta i Led Zeppelin o i Deep Purple non avevano date in Italia, ma all’epoca forse non c’era Internet e quindi non ci sono scuse.
Mannaggia a te, Vlady! Sono verdissima di invidia!
Li aspetto qui in Italia, speriamo che prima o poi arrivino!