Dire Calexico vuol dire macinare chilometri, dalle lande desolate e deserte dell’arida Tucson (Arizona) ritrovarsi a percorrere le strade del mondo, tra l’America del Sud e l’Europa, a formare un’unica linea di congiunzione immaginaria che si fa simbolo di identità; sentire la strada e immergersi tra la gente, diventare parte della strada e della gente per poi imprimere certe suggestioni, certi colori che le parole non sono in grado di rendere, tra le note inconfondibili di una musica che non ha luogo e non ha tempo. Quella stessa idea di viaggio di unione ideale impressa nello stesso monicker Cal(ifornia)(M)exico. Calexico è uno di quei viaggi che sembrano non avere mai termine, perché è viaggio della continua scoperta. Un viaggio iniziato ufficialmente nel 1996 ma con alle spalle chilometri e chilometri di esperienza già percorsi tra le grandi strade alberate di Los Angeles, California dove Joey Burns e John Convertino condividevano l’esperienza dei Giant Sand con Howe Gelb.
Viaggio proseguito senza soste proprio sul suolo cocente di Tucson, dove l’aria si secca in gola che sembra soffocare, dove il sole rende rovente la polvere che si imprime in ogni piccola fessura. Calexico è anche una grande famiglia che si è allargata col tempo fino a includere sempre più musicisti tra i componenti ufficiali e collaborazioni temporanee, provenienti dalle parti più diverse del globo. Calexico è uno dei fulcri indissolubili della musica indipendente mondiale. Forti del successo dell’ultimo disco Carried to Dust (2008) e del tour invernale passato anche in Italia a Gennaio, in attesa delle imperdibili date del tour estivo, due delle quali in compagnia dell’istrionico Vinicio Capossela, Joey Burns ci racconta di sé e dei Calexico in questa esclusiva intervista che gode di uno splendido regalo: lo streaming autorizzato di ben due brani, Two Silver Trees da Carried To Dust e Panic Open String da Garden Ruin (2006). (Si ringraziano Marco Aimo di Cooperative Music e Marica Graziano per il prezioso aiuto).
La terra, la natura ed i suoi prodotti, gli elementi, hanno grande rilevanza nella vostra musica. La terra ed il deserto di Tucson, la vostra casa, ma anche la strada e la terra degli altri posti dell’America del Sud e del mondo. Come tutto questo si riflette nel vostro modo di vivere e sentire la musica?
Tieni un orecchio per terra e dormi con un occhio aperto. Si odono suoni come una riga di un vecchio film in bianco e nero, ma è la descrizione di come dormi davvero quando viaggi sulla strada. Senti davvero come se il tuo orecchio stesse raschiando la strada quando il tour bus scala ogni collina, le ruote che qualche volta vanno fuori strada e le botte spintonano la tua testa e spingono il tuo corpo fuori dal sonno. Così tu giaci nella tua cuccetta, rimbalzando, tentando di tornare a dormire, con un occhio aperto. Strettamente legato alla terra. Felice di esserne costretto. Sognando di fluttuare ed essere sospeso in aria come una melodia senza una canzone da poter considerare casa.
Come nasce la vostra musica nella vita di tutti i giorni?
Ascoltando la musica intorno: i cantieri edili, gli uccelli, i cani, i gatti, i vicini che cantano, il suono della Chevrolet Impala 1960 che va giù e su per la South 6th Avenue, il suono di un vecchio telefono, il ronzio delle zanzare che vogliono sempre sangue, le urla dal cortile di una scuola e la quiete della notte. I vecchi fonografi e le cassette suonano lentamente, soprattutto in estate quando il calore periste anche mentre la notte muore. Queste cose sono parte della musica che risuona durante la vita di tutti giorni. Le cicale suonano come un feedback digitale, le Jimi Hendrix del mondo degli insetti. Buffo che il loro colore sia verde, blu e viola… davvero psichedelico.
Il viaggiare, sia personalmente che con la band, può essere anche l’occasione per venire a contatto con la gente del posto e con le loro specifiche culture e tradizioni? Joey, tu scrivi anche un diario/blog sul sito della band…
Viaggiare è bello. Mi piace moltissimo ma mi manca casa sempre di più. Sì, incontri nuova gente, ascolti nuova musica e assapori nuove ricette. Niente come scendere dalla tua finestra e girovagare attraverso oceani inesplorati. Nessun viaggio è un buon viaggio senza il navigare i mari. Sto pianificando di andare in Portogallo a Settembre per affondare i miei piedi nel Douro e nei meandri giù al sud, lungo la costa verso Lisbona. Lo svago è sempre una buona ricetta per sbattere i gomiti contro l’inaspettato. In questo luogo, le parole sono bisbigliate, i drink sorseggiati in silenzio, le sigarette mandano alcuni segnali e il mondo dei sogni è illustre meraviglia. Le canzoni vivono e respirano in posti del genere.
Le origini differenti dei componenti della band implicano differenti influenze musicali ed un modo personale di suonare e di entrare in contatto con ogni strumento. Tutto questo rende unico il sound dei Calexico in ogni brano. Credi che sia vero? Quali sono le implicazioni dell’avere componenti provenienti da così tanti posti differenti in fase di composizione e quando vi esibite dal vivo?
Credo che la qualità unica si manifesti attraverso molti modi diversi e in molti tempi diversi. Non ci sono regole. Il modo migliore per spiegarti è questo: pensa di bendarti e di prendere uno strumento che non sai come si suona. Hai un buon amico che ti porta in un bar affollato nei sobborghi di una città in cui non sei mai stato, dove parlano una lingua che tu non parli. Ti siedi e ordini una birra senza parlare e senza sollevare la tua benda. Come una forma di gratitudine per il drink, provi a suonare questo strumento che non hai mai suonato prima per ringraziare. Se a loro piaci, ti offriranno un’altra birra. Se no, camminerai verso casa bendato… e con uno strumento che non sai suonare!
Avete intrapreso molte collaborazioni con molti artisti e a volte siete anche andati in tour con loro, penso anche ad Iron & Wine. Promuovere gli altri artisti meno famosi è tipico dei Calexico. Cosa puoi dirmi riguardo queste esperienze? Qual è la migliore che ricordi?
Li amo tutti e sono un fan di molti musicisti. Questo è un viaggio del cuore ed è un viaggio che non potevo fare da solo se non per il pubblico che vuole darmi quest’opportunità e rischiare qualcosa di nuovo. Vivere nel momento è la chiave. Dondolare senza una rete ed avere l’intuizione che questa combinazione di musicisti, pubblico e luoghi possano avere un senso nel cosmo, che ruota costantemente nello spazio. Mi piace sempre suonare con Salvador Duran. È di Cananea (Messico) e ora vive a Tucson con la moglie Zinia. Lui è un grande a suonare nel “momento” e ad aiutare gli altri a ritrovare la nave ammiraglia dell’anima e della musica. Il ricordo più bello con lui? Forse la prima volta in cui abbiamo suonato a Tucson al Temple Of Music and Art nel 2001, abbiamo improvvisato su brani tradizionali del Messico. Salvador alla chitarra faceva rumori di animali come uccelli, capre, tori e lupi solitari. Io lo accompagnavo piegato su un contrabbasso, graffiando e montando in collera come un toro selvaggio in risposta alle sue chiamate. Ma soprattutto amo i momenti di quiete dopo la mezzanotte in sala prove o in un club o in un teatro dopo che il pubblico se ne è andato, e noi suoniamo per il personale del locale ed i tecnici. È così dolce per me sentirmi come in famiglia in questi contesti.
Il tour tocca di nuovo l’Italia. E due delle vostre date sono arricchite dalla compagnia di Vinicio Capossela. Qual è il vostro rapporto con la terra italiana, con la musica e con gli artisti quali Capossela? Credi che la vostra collaborazione con lui continuerà?
Vinicio è un vero talento e un combattente di valore nel mondo dei cantastorie. Dovrebbe essere il capitano di una nave, il leader di una spedizione verso la vetta più alta della montagna. E’ la voce che sentiamo quando sogniamo il Paese delle Meraviglie. Lui ha il potere di “narrare” e poi di navigare fuori da ogni situazione difficile e portare un sorriso ai molti cuori solitari. Le sue canzoni scavano nel profondo come 20.000 leghe sotto il mare. Siamo molto contenti di riunirci col nostro collega e capo crociato. Stiamo pensando di fare alcune altre registrazioni insieme. Spero di viaggiare attraverso il tempo e lo spazio con lui e Alessandro (Alessandro Stefana, ndr). John Convertino ha il suo retaggio familiare in Italia, a Bari. Ogni volta che torniamo da voi ci deliziamo del modo in cui il cuore si gonfia nel petto, il vino bagna le labbra e l’espresso punge la lingua. Lasciare l’Italia è una delle cose più difficili nella vita.
Puoi dirmi qualcosa riguardo i cd che registrate in tour e vendete durante i concerti? Com’è nata questa idea?
Nel 1998 io e John siamo stati in tour in America in due, di supporto ai Dirty Three. Abbiamo dormito per terra, nelle auto, suonato nelle lavanderie a gettoni e nei club in giro per tutta la nazione. Warren, Mick e Jim (Warren Ellis, Mick Turner e Jim White, ndr.) erano diventati come fratelli. Pensammo ad un piccolo segreto: il Tour Cd. Facile da fare, divertente da ascoltare, e un bellissimo regalo per il pubblico che cerca qualcosa di più che una t-shirt o un poster in cui affondare i propri denti. Il Tour Cd offre un altro sguardo sulla natura dell’artista o della band. E’ un atto di condivisione col pubblico. Per questo tour stiamo portando un concerto registrato a Bruxelles nell’Ottobre 2008 al famoso Ancienne Belgique. Ci sono molte nuove canzoni e molti ospiti e quell’energia viva che ci spinge dall’alba al tramonto. Questo è il nostro “tanto di cappello” ai Dirty Three e a tutte le band che vogliono continuare il processo creativo oltre gli album registrati in studio per delle etichette.
In che modo vi sentite legati ad alter forme d’arte? L’influenza della letteratura, penso a John Fante, ma anche le arti visuali, la pittura ed il cinema a volte sembrano essere considerevoli per la vostra musica…
Va a finire tutto nella minestra. Pittori quali Neo Rauch e Baumgärtel, Germania, fotografi quali Gary Winogrand, musicisti quali Lhasa, Duke Ellington, Lightnin’ Hopkins, scrittori quali Charles Bowden, Luis Alberto Urrea e Carlos Fuentes, registi quali Frank Capra, Jim Jarmush, i fratelli Cohen, la lista potrebbe essere infinita. John Fante è un ottimo scrittore, amo il modo in cui ha ispirato Charles Bukowski. Viva San Pedro, il porto nel quartiere di Los Angeles e la Harbor Freeway e Cabrillo (Juan Rodríguez Cabrillo, ndr.).
Cosa puoi dirmi riguardo la collaborazione con l’associazione Human Borders?
Si tratta di uno dei molti gruppi umanitari del sud ovest degli Stati Uniti che mirano a diffondere consapevolezza e conoscenza di quello che sta avvenendo riguardo la militarizzazione del confine USA/Messico. Stanno facendo moltissimo per le persone. Human Bordes è stata invitata a molti nostri concerti negli Stati Uniti proprio per agevolare il processo di informazione.
Quali sono i vostri piani per il futuro?
Stiamo pianificando di scrivere della musica per alcuni film. Pensiamo di registrare una collaborazione con Vinicio Capossela, come ti ho accennato prima. Mi piacerebbe moltissimo suonare in Messico, in Brasile e in Cina. Abbiamo molti piccoli piani, ma di solito teniamo i piedi per terra!