E’ il 10 Settembre, la sera è già scesa e il pubblico freme. Firenze attende ansiosa Patti Smith e il suo gruppo per uno spettacolo che si annuncia elettrico e carico al massimo. L’atmosfera è agitata, i fans sono rumorosi e impazienti, qualcuno ha superato le recinzioni per assistere al concerto senza biglietto e le persone iniziano ad accalcarsi. Quando sale sul palco, finalmente, le grida sono tutte per lei: alta e magrissima, senza per questo apparire indifesa, imperfetta e splendida allo stesso tempo. Patti è un vulcano di energia, il pubblico è sempre più straripante man mano che le canzoni si rincorrono nello spettacolo, fino all’esplosione finale con l’elettrizzante cover di My Generation; qui la folla diventa incontenibile e le settantamila persone iniziano a perdere il controllo. Qualcuno sale sul palco, si avvicina a Patti. Nessuno vuole farle del male, sono solo affascinati ed adoranti al punto da volerle essere vicini, si siedono sul palco per condividere la sua furia pacifica.
Da questa sera nulla sarà più uguale a prima. Questo 10 Settembre segna un punto di rottura e chiude un capitolo del Patti Smith Group. Si ripiegano le bandiere e si torna a casa. Questo momento di eccesso mette in discussione Patti Smith come artista e come persona. E’ necessario uno stop.
Questo era il 10 settembre 1979, una data fondamentale nella carriera della sacerdotessa. Un momento in cui la sua vulnerabilità prende il sopravvento, in cui lei comprende che serve riprendere il controllo, ritrovare un senso. Un momento in cui la donna emerge sull’artista, un momento in cui l’amore si fa necessità primaria, portando un matrimonio e due figli: “Mentre suonavo davanti a settantamila persone a Firenze avevo un solo desiderio: stare con Fred”. E da qui si ricomincia: trent’anni dopo, il 10 settembre 2009, Patti Smith sale sul palco con i compagni di sempre, in un concerto che vuole essere una celebrazione, un ricordo, una festa. Aveva lasciato il pubblico desiderando correre da Fred, e proprio per lui il primo pensiero, con le note di Frederick ad incantare tutti.
Piazza Santa Croce è piena e allegra, Patti sorride. L’atmosfera è ben diversa da trent’anni fa, ma lei è la stessa fiera leonessa di sempre. Il percorso si snoda tra alcuni dei suoi brani più famosi (a sorpresa, per chi pensava avrebbe riproposto l’intero Horses); si passa dalle atmosfere raccolte di Pissing in a river, attraverso le sciamaniche eco di Ghost dance e la lettura di estratti di Allen Ginsberg, in un crescendo fino a Dancing barefoot, Free Money, Gloria e People have the power. Qui Patti si ferma. Mentre la piazza si zittisce per ascoltarla, questa incredibile donna si ferma, per raccontarci che le parole di quest’ultima canzone, divenuta un vero inno ai suoi concerti, sono del suo amato Fred Sonic Smith: “Quando la ascoltate ricordatevi anche di lui” dice, guardando il cielo e iniziando subito dopo una versione emozionante ed emozionata di Because the night. Difficile non commuoversi.
Durante la serata, Patti Smith ricorderà le persone passate al suo fianco, amici che all’epoca dello storico concerto fiorentino le erano accanto, compagni che ora non ci sono più. C’è il ricordo speciale per Robert Mapplethorpe, celebrato in questi mesi da una suggestiva personale alle Gallerie dell’Accademia, e c’è l’affettuoso saluto a Fernanda Pivano, uno spirito libero che non sembrerà mai giusto aver perso. In questi ricordi viene fuori l’anima di Patti Smith, una donna grandissima, lacerata dalla vita, che condivide la sua storia con il pubblico, sbattendo la sua persona sul palco. Non è possibile quando si parla di quest’artista,scindere l’arte dalla vita, poiché dell’una ha nutrito l’altra e in entrambe è cresciuta.
Patti Smith, a sessantrè anni, incarna lo spirito del rock’n’roll, senza mai sembrare fuori luogo. Non appare mai una caricatura di se stessa ma sprigiona ancora una potenza innata, canta e si agita come se gli anni non fossero mai passati.
E quando, dopo una pausa, lei torna sul palco accompagnata dal suo gruppo, imbraccia la chitarra e inizia a suonare e cantare Rock’n’roll nigger, la guardi e pensi di avere davanti qualcosa di sacro. Porta con sé sul palco un bambino italiano, dodici anni e tanta emozione, lo guarda e con quel suo grido religioso dice: “questo è il futuro del mondo, questo è il futuro della musica, fuckin’ rock’n’roll!”. E regala a Firenze ancora My Generation, posseduta dalla musica e protesa verso il suo pubblico. Il bambino canta tutte le parole a memoria, lei gli sorride e canta ancora con quella grinta che è impossibile descrivere.
Con Patti Smith e il suo gruppo siamo tornati indietro nel tempo, abbiamo assaggiato l’adrenalina di quella serata e lei sembra aver dato pace a quel ricordo di trent’anni prima. E anche se è durata solo un attimo, il tempo di una canzone, una serata, è stata un’estasi magnifica.
L’emozione è grande alla fine di questa lettura, come era grande quella sera, in piazza S.Croce a Firenze.
Culla di arte e passione come non mai, la città toscana ci ha fatto vivere momenti davvero indimenticabili. Osservare al proprio fianco la gente che assisteva al concerto è stata un’esperienza indimenticabile. Giovani, giovanissimi e persone con ormai la chioma argentata… avevano tutti gli stessi occhi. La stessa luce. Talvolta amplificata e resa immensa dalle lacrime.
“Fernanda! Ti lanciamo tutto il nostro amore!” con un bacio rivolto verso il cielo. Le parole di Patti Smith sembrano uscire dai nostri cuori pigri. Senza vergogna, emozionata dice quello che pensa, e bacia stelle che non brillano più su questa terra, come Teresa Sarti Strada, il cui ricordo è stato immortalato da Patti con una maglietta di Emergency mostrata al pubblico.
Poco dopo l’urlo “No More War! No More War!” ha toccato davvero il cuore e la mente di tutti.
E poi la musica, vabbè. Musica è un termine in certi versi riduttivo, perchè come dice Giulia, per quanto riguarda Patti Smith non si può isolare l’artista dalla sua arte. E’ un tutt’uno. Nessuna cover di un brano di Patti Smith avrà la stessa forza, la stessa magia.
Patti Smith è carne. E pure la sua opera va oltre la poesia.
Dio quanto è bella.