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The sky is red, clouds are grey and copper moon: Soulsavers & Mark Lanegan @ Estragon (BO), 01/09/09

soulsavers11E’ tardi, tardissimo. Fuori dall’Estragon, nel caotico contesto della Festa dell’Unità di Bologna, la folla è numerosa, compatta e fitta. Dall’interno del locale alcune note raggiungono il brusio degli spettatori in attesa: la voce di Mark Lanegan giunge profonda, calda, infiltrandosi anche attraverso muri e lamiera del capannone che ospita il concerto. Sono già passate le 23 quando riusciamo ad entrare, quando pian piano, con ordinata fretta, il pubblico si sistema sotto il palco immaginando di vedere uscire a breve il cantante americano, perchè, diciamolo: tutti sono qui per lui. I Soulsavers sono solo uno dei tanti contenitori che immagazzinano le magnifiche qualità di Lanegan, il suo canto, la sua intensità, la sua storia.

La musica di sottofondo si placa, le luci si spengono e ad apparire sul palco è una ragazza, esile, mora, giovanissima, del tutto ben lontana dalla imponente e tenebrosa figura di Lanegan. Sola con la sua chitarra si appresta a cantare al microfono. Una voce melodiosa, un blues malinconico ricco di femminilità reso ancor più accattivante dall’uso di loop con la sua chitarra. Sul palco è sola, ma la sua anima musicale si sdoppia, si triplica. Cori e accordi sono sovrapposti riempiendo il suono, comunque e volutamente scarno, povero e solitario. Il suo nome è Red Ghost, nome d’arte dell’australiana Rosa Agostino che subito dopo la sua personale performance si affiancherà ai Soulsavers e a Lanegan.
Così inizia il concerto della band che stupisce proprio per questo: i Soulsavers sono una vera e propria band. La dimensione live prende forma nei corpi di ben sei persone, tra musicisti e cantanti sul palco, oltre a chi sta dietro ai mixer a compiere un lavoro meno esposto ma fondamentale per una musica come la loro.
Le canzoni si susseguono una dopo l’altra senza sosta, con un Mark Lanegan impassibile illuminato da luci rosse fisse; canta con un’espressione plastica consumata dal whisky, immobile ben saldo all’asta del microfono. Il tono profondo ed il timbro roco e spettrale di Lanegan sono l’attrazione che tutti si aspettavano, splendida ed affascinante. I Soulsavers non sono solo questo, però. Suoni ricchi e curati si distanziano dal trip-hop che li caratterizzava agli albori della loro carriera, diffondendosi nel locale che ci avvolge come un grigio bozzolo. La band che abbiamo di fronte è fondamentalmente rock, e ciò che li contraddistingue è la modernità dell’approccio musicale. L’elettronica ha uno spessore marginale in questo live, seguendo la strada intrapresa con l’ultimo Broken, a differenza del precedente It’s not far you fall, it’s the way you land che spesso e volentieri si faceva spingere da basi e sonorità più distanti dal blues-gospel di Lanegan. Si parlava di musica sperimentale, ma di quale sperimentazione si tratta, se ad usare l’elettronica è la coppia Machin-Glover, nata con remix e suono digitale? Per i Soulsavers è ben più ardito tuffarsi in scale blues, ampliando completamente l’esperienza a territori esplorati solo appena fin ora. Una riscoperta, un salto indietro, nel tempo e nella musica.
Il calibratissimo basso di Martyn LeNoble si affianca ad una precisa e personale batteria. La chitarra di Richard Warren sa accompagnare le musiche, come anche diventarne protagonista. La tastiera di Rosa Agostino colora il suono, saturandolo con eleganza. Tutto è perfetto, preciso, misurato.
L’intesità della musica raggiunge i suoi apici nella bellissima Some misunderstanding, chiaro esempio dello sforzo dei Soulsavers di addentrarsi appieno in una ballata tipicamente folk-blues dalle tinte cupe e dorate:  qui la voce di Lanegan, sostenuta dai cori, si affianca ad una chitarra elettrica altrettanto protagonista. Sempre tratta dall’ultimo album, l’altra faccia della medaglia è Unbalanced pieces che gioca le carte del ritmo, quello che fa ondeggiare, ballare con il trip-hop cupo ed algido caro ai britannici Soulsavers.
Seguendo la stessa forma, stordisce e sconvolge la potenza di Paper money, esibizione per la quale varrebbe tutto il concerto insieme alle acclamatissime Revival e quella Kingdom of rain di Lanegan, reinterpretata con le vesti dei Soulsavers.
A conti fatti, i momenti migliori, più emozionanti, sono proprio quelli in cui l’elettronica affiora con maggior vigore, dove la contaminazione è assoluta e il fondersi degli stili è stupefacente.
Il concerto scorre di canzone in canzone, senza colpi di scena, senza inutili orpelli. Il palco è una necessità, ma non significa necessariamente spettacolo: qui la musica è protagonista, gli show vengono lasciati altrove.
Alla fine del concerto ci accorgiamo che tra il pubblico era presente l’intera formazione degli Afterhours. Agnelli & co. non potevano perdere l’occasione di incontrare un grande artista, e per loro anche un amico, come Mark Lanegan e i suoi compagni di avventura. L’Estragon ha fatto un grande colpo inserendo la data dei Soulsavers nel calendardio del festival, mantenendo l’ingresso gratuito per chi ha acquistato la tessera valida per l’intero programma. Si è preferita la qualità con prezzi accessibili, piuttosto che l’intrattenimento a facile incasso.
Ora si può tornare a casa davvero soddisfatti. Il primo giorno di settembre è finito gloriosamente, come l’estate, che nel calendario proseguirà ancora, ma di fatto è giunta al termine nel suo quasi totale silenzio musicale (discografico e on stage). E se questo quindi è un assaggio di autunno, c’è davvero da essere ottimisti su una stagione ricca di concerti e musica in cui perdersi.

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