La generazione delle macerie del muro di Berlino. La generazione post-grunge e post-ideologica non è solo quella lobotomizzata dai reality e da altre droghe mediatiche. Alcuni di quei giovani hanno occhi e cuore, sentono e gridano la decadenza delle nostre metropoli. Vedono all’angolo della strada lo spacciatore e il triste studente fuorisede, la discesa del soldo facile e la salita dell’onesta e dell’integrità. Partono dal passato per capire il presente, dalla Ludwig alle ronde odierne. La voce di questa parte dei giovani è distillata nelle cinque canzoni dell’Ep Io vengo dalla polvere da sparo degli emergenti partenopei Onirica. Il loro pop misto di derive post-rock è tutto da ascoltare. E’ un raggio di sole sul fango in cui stanno seppellendo le menti. LostHighways li ha incontrati per scandagliare la sostanza del loro progetto. Ce n’è abbastanza per puntare su di loro nel prossimo futuro, senza esitazione. (Il ritorno di Ulisse è instreaming esclusivo autorizzato; foto 3 di Rosa D’Ettore)
Come è nato il brano Due vite e come è nata la collaborazione con Andrea Zanichelli de Il Nucleo?
Da un po’ di tempo avevamo l’idea di fare un lavoro le cui canzoni ruotassero attorno allo stesso filo conduttore. Il racconto di una metropoli e le storie che la abitano. Due Vite è un brano nato da un’idea precisa di testo, quella di raccontare appunto la città attraverso la storia di due individui che vivono i medesimi luoghi ma in modi opposti. Uno spacciatore che vive di espedienti riuscendo ad arricchirsi a tal punto da avere la possibilità di sposare la propria amata e uno studente fuorisede che è costretto a lavorare di notte come barista e non ha le possibilità economiche di sposare la sua ragazza rimasta accidentalmente incinta.
Con Il Nucleo, dopo esserci conosciuti, ci siamo tenuti in contatto per diverso tempo. Quando i brani erano ancora in uno stato embrionale facemmo ascoltare ad Andrea i provini e gli proponemmo di prestare la sua voce ad un episodio dell’Ep. Due vite era il brano più adatto, anche per il tipo di testo. Le voci della canzone sono state registrate presso il loro studio a Reggio Emilia ed è stata un’esperienza che ci ha arricchito sul piano artistico e umano. Il Nucleo è una band che noi stimiamo molto e siamo felicissimi della collaborazione.
Nei vostri brani ci sono al centro i nuovi vinti della società, come i precari, gli studenti fuorisede, potenziali trans… perché vi sentite portavoce di questa parte?
Con questo lavoro non volevamo essere portavoci di una categoria sociale, ma raccontare semplicemente storie che potevano rispecchiare una metropoli abbastanza movimentata come la nostra. Poi il fatto che fossero tutti potenziali “vinti” è stata una scelta voluta: l’immagine globale che avevamo era quella di una città facile da criticare e da condannare, quindi anche i personaggi o gli eventi che l’avrebbero caratterizzata dovevano avere questa componente. Come in tutte le storie, anche noi ci siamo affezionati ai personaggi che perdono… un po’ come accade al caro Willy il Coyote!
Con le vostre canzoni sembra che vogliate dare una voce alla Napoli che si concede una chance…
In realtà in alcuni momenti sprofondiamo nel pessimismo più totale e ci rendiamo conto che di chance la nostra generazione e la nostra città se ne siano giocate già parecchie. Sicuramente molte altre ne rimangono. La paura è che il punto di non ritorno sia sempre più vicino. Il nostro è un lavoro “quasi arreso”, e dico quasi perchè in ogni canzone è presente almeno un elemento di reazione allo “stato di cose”. Facendo un discorso più ampio, perchè credo sia riduttivo parlare soltanto di Napoli, nella società italiana ci deve essere un qualche anello che non ha funzionato alla perfezione, tutto ciò porterà tra non molto ad una nuova rivoluzione politica come accadde all’inizio degli anni ’90, ne sono certo.
Il vostro pop vira improvvisamente in folate progressive di stampo post-rock alla Mogway, quanto vi ispirate a questi gruppi del Nord Europa?
Se volessimo catalogare in scatoloni i nostri ascolti, sicuramente il cantautorato italiano e la musica strumentale moderna hanno dato il loro grande contributo alla nostra formazione. Il primo per la stesura dei testi e la forma canzone, il secondo per la ricerca di un suono che fosse in grado di dare un vestito adeguato a ciò che diciamo.
Il tema di Ludwig è geniale. Ponete l’accento su un fatto di cronaca di trent’anni fa che però è legato ai giorni nostri…
Trent’anni fa una coppia di maniaci, Abel e Furlan, furono autori di efferati delitti in nome del fanatismo. Epurare la società dal diverso e da chi è indegno di vivere in nome di un credo politico. Abbiamo scelto di raccontare questo evento per la reazione di sdegno che ha provocato in noi e perché è la giusta esasperazione ed il frutto di quanto accade oggi in Italia. Mi riferisco in particolare ad Abdul, il ragazzo ammazzato a colpi di spranga a Milano perché di colore, al ragazzo picchiato a sangue ad Ostia perché presunto “gay e comunista” o ancora alle ronde notturne nel nord Italia… questo è quanto di attuale rappresenta Ludwig.
Quanto sono importanti i social network per una band emergente come voi?
Per chi come noi, non avendo un contratto discografico o una distribuzione, non riesce a rientrare in determinati meccanismi di promozione come possono essere la radio, la tv e la carta stampata, l’unico modo per apparire e ad avere visibilità è internet e nella fattispecie i social network.
Questi cinque brani sembrano cinque hits di un potenziale album. Quando ci sarà l’uscita del vostro disco?
Io vengo dalla polvere da sparo è stato concepito come un disco di dieci tracce. I cinque brani che lo costituiscono, sono il frutto di una cernita tra una dozzina di pezzi. In questo periodo stiamo lavorando a diversi brani nuovi, speriamo di pubblicare per l’anno venturo un album intero.
Sarete in giro in Italia?
Per nostra fortuna, da Settembre 2009 siamo nel rooster della Bulbart Works di Napoli, agenzia di booking che cura i nostri live e che ci sta dando la possibilità di suonare anche fuori dalle mura della nostra città.