A Sud. Di ritorno. Sulla soglia dell’inverno che mischia vento e sole. Fino alle sere poco illuminate delle piccole stradine del centro, sia di mare che di terra. Napoli, Salerno, Benevento, Caserta: quattro città che aspettano la voce e la chitarra di Giuliano Dottori, cantautore milanese al secondo disco solista. Temporali e Rivoluzioni (Via Audio Records) è la spinta per un nuovo tour che indossa un’elegante e semplice veste rock. Una veste dai colori tenui che però lascia trasparire tutta l’urgenza e l’immediatezza di sensazioni e stati d’animo. In duo o in trio, araldi Mauro Sansone (batteria) e Marco Ferrara (basso), colpisce la naturalezza di un chiaroscuro cantautorale che accarezza la dolcezza della parola e le derive della melodia.
Al Doria 83 viene proposto un set che si annuncia morbido, perché è quanto due elementi possono fare per tenere vivo e caldo il cuore dei brani. Le chitarre sistemate come promesse, la batteria in un angolo come in una scia notturna. Ma le carte in tavola cambiano. Complice la consistenza del pubblico. Complice la voglia di dare. Dottori e Sansone spingono, il ritmo è alto. Due, la formula basta. Basta per coinvolgere, per emozionare, per confermare, per osare, per concedersi il privilegio di lasciarsi andare. Qualcosa è cambiato. L’ha dimostrato un disco consapevole, fiero, intimo ma esteso come uno sguardo che parte dal dentro e cerca il fuori, al di là dell’approdo. Cerca. Percorre possibilità, errori, rinascite e cadute, ancora. Qualcosa è cambiato. Lo dimostra il contesto live. Dottori si prende il proprio spazio, lo definisce, lo riempie con tatto e istinto al contempo. Ha pieno possesso delle proprie capacità, della misura che riserva alla voce e alle virate che sfumano i colori delle sue corde elettriche, e non solo. Sembra toccare la sua voce, dargli la forma che vuole, lungo una scaletta che tocca Lucida (Ilrenonsidiverte, 2007) e il nuovo disco, le citazioni tra i passaggi improvvisi, le cover. Così come l’emotività sa rendere respiro di Verità ogni attimo di un bel concerto. Qualcosa è cambiato. Giuliano Dottori è atteso, è voluto. La sua musica splende perché ha saputo aprire con talento e sincerità i varchi che gli spettavano. E altri ancora gliene spettano.
La tua casa è piena, Chiudi l’emergenza nello specchio, Sirene e vampiri, Amuleto, Inno nazionale del mio isolato, Tenerti stretto un ricordo, Catene e gioie fragili, Lucida, Nel cuore del vulcano che stringe contro il corpo There there (Radiohead), Alibi. E Le cose semplici non chiude il cerchio, perché ambiguo è il suo senso, misterioso e amaro, rosso e interrogativo nelle vene buie dei versi che richiamano forte quel folk americano schivo, dolente. Il tempo si ferma su una cover che sorprende: These Days di Nico cambia pelle sulle mani e nella bocca di Dottori (più vicino alla sensibilità malinconica di Elliot Smith e St. Vincent), nuda e essenziale, solitaria e sospesa come una luce che vince il freddo.
Senza troppo clamore, senza giochi d’apparenza, senza costruzioni e calcoli, Giuliano Dottori continuerà a seguire la sua strada, senza chiudere l’orizzonte. Perché non può fare diversamente. Perché la Musica lo vuole. (Foto di Federica Di Lorenzo; Lost Gallery)