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Accarezzare e annusare la musica: intervista a Francesca Amati (Comaneci)

comaneci_inter01_09Francesca Amati, una cantante delicata impegnata su due fronti, in occasione dell’uscita del nuovo album dei Comaneci You a lie, ci concede una chiacchierata sulla sua esperienza maturata con le band e le nuove strade intraprese insieme a Glauco Salvo.
I Comaneci sono una realtà candida e preziosa, sia perchè pur non suonando ballabile pop-rock riescono ad avere un pubblico folto e fedele, sia perchè la qualità dei loro dischi è gustabile a 360°, oltre che nella musica anche nelle toccanti esibizioni e nella grafica e packaging elaborati.
Portavoce di un progetto artistico ben delineato, Francesca ci parla della sua musica (Satisfied girl e On my path sono in streaming autorizzato).

Era il 2007 quando Volcano aveva incantato i tanti spettatori incontrati in giro per l’Italia e l’Europa. Sicuramente non puoi ricordare i volti di tutti, ma il contatto umano nei vostri concerti è palpabile e voluto. Sarebbe bello iniziare l’intervista con un ricordo e un sorriso legati ad un aneddoto che porti con te, legato ad una qualche persona tra il pubblico…
Direi che uno degli incontri più belli è stato con due persone anziane che sono venute a sentirci, alla fine del concerto si sono avvicinate dicendomi che anche se l’inglese non lo sapevano avevano proprio capito cosa volevo dire! In realtà anche solo incontrare una persona più di una volta, che sai che è venuta proprio per sentire quello che fai è una soddisfazione incredibile.

Parliamo del nuovo disco. Non sono passati nemmeno tre anni dal precedente album, un lasso di tempo breve in relazione ai tuoi impegni, che ti dividono tra Comaneci ed Amycanbe. Quali sono state le tappe che hanno portato alla luce You a lie?
You a lie è stata una necessità, come un passaggio obbligato. Con il cambio di formazione e l’arrivo di Glauco i Comaneci sono passati da strade che non avevano mai percorso. Volevamo fare uscire più oscurità e dare un messaggio piuttosto diretto… e così ecco You a lie.

La tua voce inconfondibile è il punto d’incontro di queste due esperienze musicali. Come fai a scindere la tua creatività tra i due progetti riponendola nel giusto “contenitore”? Quanto invece le due cose si contaminano una con l’altra?
Amycanbe e Comaneci sono due progetti molto diversi, per come sono fatta io ne farei altri mille… se ne avessi la possibilità! Non sento di dover scindere la mia creatività, sento di poterla usare in contesti diversi e questa è la cosa più stimolante.

I Comaneci sono una realtà che pare fare dell’intimismo una bandiera. Canti delicati, musiche leggere, in punta di piedi. Nell’ascolto si può sentire che ogni brano è spogliato di ogni inutile orpello. Queste scelte corrispondono anche ai vostri gusti musicali personali, o si tratta solo della vostra espressività artistica?
Direi che il tutto si può limitare alla nostra espressività artistica perchè per quanto riguarda i gusti musicali io e Glauco ascoltiamo di tutto e di più. Abbiamo una comune fascinazione per le cose ossessive, per le ripetizioni e la comunicazione scarna. Questo rende Comaneci i Comaneci di adesso!

You a lie, a differenza di Volcano, appare più profondo proprio nel senso che punta e mira al buio interiore. Mentre il precedente album era pieno di melodie ariose che accarezzavano la pelle, il vostro ultimo lavoro si spinge in profondità. Cosa vi ha condizionato?
Le nostre vite direi. Come ho già detto You a lie è una necessità, come se non si potesse fare altro. Il buio interiore è sempre stato presente nei Comaneci, ma probabilmente c’è una diversa consapevolezza e volontà di esternarlo.

comaneci_inter02_09Il ridimensionamento numerico della band è stato una scelta o una necessità?
Entrambe le cose. Diciamo che è stato un moto.

Parallelamente alla riduzione dei membri della band, si può dire che avete allargato la maglia delle collaborazioni in studio. Come sono nate?
Le collaborazioni sono nate da una curiosità e da un’estrema voglia di confrontarsi con realtà diverse per noi artisticamente allettanti. Collaborare con Mattia Coletti e Bruno Dorella è sempre stato un mio desiderio non appena li ho sentiti suonare, così come con Pete dei Sodastream… si è creato un dialogo attraverso quello che facciamo ed è bello vedere che funziona!

Trovo particolarmente difficile scegliere di citare qualche brano da You a lie andando ad escluderne altri. Oogni pezzo è un’opera distinta, talvolta brillante e colorata, talvolta graffiante e cupa, di difficile comparazione. Chiedo quindi a te se senti che in questo momento un brano ti rappresenti più di altri, ed eventualmente perché…
E’ interessante quello che dici perchè i brani di You a lie dicono cose diverse pur appartenendo ad uno stesso paesaggio! Sono molto legata a On my path e Satisfied girl per la piccola rivolta che rappresentano. In Like ho usato un testo non del tutto mio per la prima volta ed è stato un esperimento interessante. Era come mettere insieme dei pezzi di qualcosa che sembrava già fosse esistito!

La musica dei Comaneci ti ha portato spesso in viaggio, soprattutto in Europa, a dimostrazione che il tanto spazio che trovate all’estero invece in Italia non è facile da conquistare. Recentemente Moltheni sulle pagine di XL si è espresso criticamente anche contro una scena indipendente che, salvo rare eccezioni “rivendica di stare dalla parte dei giusti, ma nella realtà non è così” (Moltheni su xL n.50, nov.2009, intervista di Mauro Petruzziello, ndr), annunciando il suo inevitabile espatrio artistico. Anche voi risentite di questo disagio ed osservate una sorta di ostilità in patria?
Noi di ostilità ne abbiamo sempre incontrata poca, vero è che i Comaneci si adattano più o meno ad ogni contesto quindi per noi muoverci è più facile. Già con il progetto Amycanbe le cose sono più complicate e di conseguenza e purtroppo suoniamo meno. A volte penso come sarebbe cantare in italiano… se davvero potrebbe permetterci di suonare di più, di essere anche più conosciuti in Italia, ma non credo. L’inglese ci ha portati fuori, in Europa, negli Stati Uniti, ci conoscono in Australia, in Giappone, superare i confini è la cosa più importate, in tutti i sensi. Anche con l’inglese si dovrebbe fare uno sforzo. Non rendo pubblici i testi ma penso siano assolutamente comprensibili, come dicevano quei due vecchietti! Magari in Italia ci sono forme di pigrizia e di strano orgoglio nazionale che altrove non si trovano ed è giusto vedere come le cose funzionino fuori dall’Italia per importarle!

comaneci_inter03_09La vostra scelta di curare particolarmente artwork e packaging dei vostri album mette in luce una   considerazione ampia della musica, la quale si lega agli oggetti di cui la musica stessa non potrebbe fare a meno: i dischi. Quanto è importante l’oggetto per voi?
Per noi l’artwork è importantissimo. I nostri cd devono poterci rappresentare in tutto e l’idea di più collaborazioni possibili, anche tra ambiti artistici diversi, è estremamente stimolante e divertente. Il cd o vinile che sia deve anche essere un oggetto con un suo valore estetico, al di là della musica… per altro scaricabile gratuitamente! Ci piace l’idea di qualcosa che resti, di qualcosa di palpabile, annusabile!

Comaneci – Preview

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