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Marco Notari: Amore e Psiche

In collaborazione con Libellula Music, in esclusiva il sesto racconto e l’illustrazione contenuti in Babele:noir di Marco Notari.

6) Amore e Psiche – storia e testo: M.Notari

Se ne sta immobile, seduto per terra sulla moquette porpora. Il letto sfatto alle sue spalle, lo sguardo basso, come una statua di sabbia pronta a sgretolarsi. Intorno è buio. L’aereo ha fatto scalo a Berna e quello che lo dovrebbe riportare in Italia partirà domattina. La stanza è ampia, come si addice a un albergo di lusso, con tre finestre sul fiume Aare, un cassettone d’epoca ed un lussuoso salottino. Per la prima volta da quando se n’è andato ha utilizzato la carta di credito che i suoi genitori gli hanno intestato, anche se così possono rintracciare i suoi spostamenti. E’ l’inizio della resa. Ha spento tutte le luci, si è gettato per mezz’ora sotto la doccia, provando a non pensare, ma non è servito a niente. Non si può più nascondere, non servono le tenebre, non serve nulla. I suoi mostri non se ne vanno, sono tutti lì, ammassati nel suo cervello e tra i segni del suo torace. Non riesce a dormire da due giorni, sente la testa pesante come se fosse ubriaco, sta sempre peggio. Svuotando la valigia ha trovato, in una tasca laterale, un trip che non ricordava neanche più di avere. L’aveva comprato per sfida una notte in uno smart shop con Lucia, e poi l’avevano nascosto lì. Forse è un segno del destino. Magari così riuscirà a dormire, o almeno a non pensare per un po’. Prende una bottiglietta di cognac dal frigo bare ne butta giù un sorso, poi si infila il cartone in bocca ed inizia a succhiarlo. Chissà se si prende così.

Passano un paio di minuti senza che succeda nulla. Sarà stato scaduto, o qualcosa del genere, pensa Cristiano. Ma proprio mentre sta per prendere in mano il telecomando, si accorge che nella stanza sta succedendo qualcosa di molto strano. Il pavimento scricchiola, sempre più forte, poi si incurva sotto i suoi piedi facendo saltare via diverse assi di legno, finché Cristiano si ritrova su una piccola barca a remi. Da sotto la porta e dalla serratura inizia a entrare acqua, sempre più copiosamente, sospinta da un forte vento che sa di salsedine. Con un fragore colossale le pareti e il soffitto volano via, sradicate da un mare in tempesta che in pochi secondi avvolge e scuote la scialuppa. D’istinto Cristiano si getta ai remi con tutta la forza che ha in corpo. Supera a fatica una prima onda imponente, poi una seconda e una terza, i muscoli del corpo in tensione spasmodica. E’ a quel punto che scorge un’ombra che si avvicina in lontananza. L’ombra avanza veloce, e prima che Cristiano possa fare qualsiasi cosa si fa gigantesca sopra di lui. Ha appena il tempo di rendersi conto che si tratta di una balena con la bocca spalancata, prima di venire catapultato dentro la sua trachea. Precipita, i contorni si fanno annebbiati, gli occhi lacrimano al contatto con l’aria fetida. Ha persino modo di chiedersi che ne sarà di lui, poi si schianta dentro lo stomaco del cetaceo con un boato assordante, finendo sbalzato lontano. Rimane a terra con gli occhi chiusi, esausto, cercando di capire se è ancora tutto intero. Quando li riapre la stanza ha di nuovo un aspetto normale, ed ogni cosa è al suo posto. Si accorge di essere finito sotto il divano, e che probabilmente ha battuto una testata contro il muro. Strisciando sulla moquette si è sbucciato i gomiti e le ginocchia, che ora bruciano. Si alza a fatica, ha bisogno di aria. Raggiunge la finestra e la apre, inspira l’aria fresca della sera e per un attimo crede di stare meglio.

Poi però vede suo padre. Per la prima volta dopo sei mesi. E’ vestito di nero, il volto pallido, tiene in mano un enorme registro e non lo guarda. Fluttua sospeso a mezz’aria di fronte alla finestra.  Sopra il registro c’è una scritta caratteri cubitali: “Cristiano”. Poi suo padre urla: “Chiamo la giuria a presiedere l’appello preliminare !”. “Papà !” – lo chiama Cristiano – “Ma cosa stai dicendo ?”. “Ciao Cristiano” – esclama il padre con aria grave sollevando lo sguardo verso di lui – “purtroppo ci sono delle pesanti accuse a tuo carico ” “E per quale motivo ? Di che cosa mi si accusa ? Io non ho fatto nulla di male !”. “Beh, questo a me non è dato saperlo, naturalmente, ma stai tranquillo è tutto scritto in questo registro”. “E chi è che ha visto il registro ?”. Cristiano ricomincia a sentirsi male. Tutto questo gli ricorda terribilmente quel libro paranoico che piaceva tanto a Lucia. “Oh naturalmente nessuno può consultarlo a parte il giudice supremo, che però è molto difficile da contattare, io non ci sono mai riuscito ad esempio”. “Ma se non sai cosa c’è scritto nel registro, come fai a sapere che ci sono dei sospetti su di me, come fai a sapere che sono accusato ? E come farò io a difendermi se non so da cosa ?”. “Questo è difficile a dirsi figlio mio, ma certo se esiste questo registro tu non puoi che essere accusato di qualcosa di molto grave. Sai, credo che la cosa migliore sia che tu torni a casa ed inizi a dedicarti seriamente alla tua difesa.” Intanto stanno arrivando altre persone, che volteggiando si dispongono ordinatamente dietro al padre di Cristiano: ci sono sua madre, il suo professore di matematica del liceo, i suoi amici, le sue zie. Sono tutti vestiti uguali, in uniforme nero, e sono tutti pallidissimi. E’ a quel punto che Cristiano mette a fuoco lo sfondo. L’albergo, il cielo, i giurati, sono tutti dentro alla pancia della balena. “Ecco, è arrivata la giuria finalmente” esclama suo padre. “E quando emetterete la sentenza, quanto tempo ho per difendermi ? Quanto dovrò restare in attesa prima di sapere ? ” Cristiano intravede i giurati che si consultano, ma non riesce più a distinguerli con chiarezza, la vista si sta facendo sfocata. Sente ancora una volta la voce di suo padre sospirare: “Beh, è difficile a dirsi figlio mio, sai queste sono cose che vanno per le lunghe, potresti anche non saperlo mai, o forse un giorno quando meno te l’aspetti arriveranno le guardie e ti porteranno in prigione. Di certo quando inizia un caso come questo è quasi impossibile ottenere la piena assoluzione”. Cristiano vorrebbe ribattere, tutto questo non ha alcun senso, ma l’ultima cosa che riesce a scorgere è il registro che viene riposto in una grande borsa di pelle, poi la testa gira, gira, gira e finisce sul pavimento. L’odore di moquette stantia è l’ultima cosa che sente prima di perdere i sensi.

© Ale Giorgini (Clicca sull’immagine per ingrandire)

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