In collaborazione con Libellula Music, in esclusiva l’ottavo racconto e l’illustrazione contenuti in Babele:noir di Marco Notari.
8 ) Porpora – storia e testo: M.Notari
BANG
… e poi un vento tiepido le accarezza le guance e Lucia apre gli occhi. Si trova seduta su un motorino, dietro a Cristiano che lo sta guidando. Viaggiano attraverso le stradine di un centro medievale, è prima mattina ed una luce tenue colora di arancione ogni cosa. La strada sale lentamente attraverso i vecchi palazzi, e sollevando un poco lo sguardo Lucia scorge una piccola chiesa arroccata sulla cima della collina. E’ uno scenario che conosce, anche se non ricorda dove l’ha visto. Cristiano sa di dopobarba, ed indossa un elegante vestito nero.
D’un tratto Lucia sente un peso attaccato alle spalle che le fa quasi perdere l’equilibrio. Si abbraccia a Cristiano per non cadere e si gira di scatto. Avvinghiato a lei scopre un essere senza volto, dalla pelle bianca e viscida e con i lineamenti antropomorfi. Le mani e le gambe sono lunghe e prensili come quelle di una scimmia, e le sta rannicchiato sulla schiena tenendosi ben saldo. Con un senso di disgusto misto a paura Lucia comincia a scuotersi convulsamente per liberarsene ma la strana creatura non vuole mollare la presa, inizia a lanciare dei gridolini acuti e le pianta le unghie fin dentro la carne.
Lucia si contrae in un gemito di dolore, poi riprende a lottare più forte di prima, con una mano si regge a Cristiano e con l’altra afferra un polso della creatura e la costringe a mollare la presa. Questa ondeggia, grida sempre più forte, come eccitata dalla lotta. Lucia le piazza una gomitata decisa nella pancia, poi un’altra. L’essere è costretto a mollare la presa con un ultimo lamento raccapricciante, poi si schianta rovinosamente a terra. Il motorino si allontana veloce, mentre Lucia ascolta il ritmo del proprio cuore che rallenta.
Dopo pochi minuti giungono al limitare di un bosco, dove finisce la strada che stanno percorrendo. E’ Cristiano a parlare per primo. “Se vuoi, da qui si può proseguire a piedi. Fai attenzione al vestito però, sarebbe un peccato che si rovinasse”.
Il vestito. Solo adesso se ne accorge. Lucia è avvolta da un abito da sposa color porpora, con un lungo strascico che il vento solleva facendolo volteggiare a mezz’aria.
Afferra le estremità della gonna, poi si accorge che Cristiano non sembra aver intenzione di proseguire.
“Cristiano, tu non vieni con me ?”
“No Lucia, io ho paura di entrare nel bosco.”
“Ma ci sono io qui con te. Vedrai, se stiamo uniti non ci succederà nulla.”
“Lucia, tu hai fatto tutto ciò che potevi per me.” – sospira Cristiano – “E forse anche qualcosa di più. Non è per te, davvero. Non sentirti responsabile della cosa. Ma io non ci riesco, proprio non ce la faccio. Tu però devi andare avanti”
Lucia guarda verso il basso.
“Sei proprio sicuro di voler restare qui ?”
“Sì.”.
“Allora addio, Cristiano”
“Addio Lucia”
Lucia ricaccia indietro le lacrime che stanno arrivando e muove decisa i primi passi verso il bosco. La prima sensazione che la attraversa è che lì dentro l’atmosfera sia strana, minacciosa, e che gli alberi siano tristi. Quasi subito avverte un ronzio lontano, che aumenta progressivamente di volume, mentre le sembra di scorgere con la coda dell’occhio delle ombre che le si avvicinano da ogni direzione. Lucia si prepara a fronteggiare una nuova minaccia, ed il cuore riprende a batterle forte, ma quando le ombre si svelano non può fare a meno di sorridere. Sono colibrì, che prendono a danzarle sulla testa e vicino alle braccia. Circondata dai piccoli volatili che ondeggiano intorno alla sua sagoma, comincia a salire il versante della collina. La salita si fa via via più ripida e gli alberi si infittiscono fino a non lasciare più filtrare la luce del sole, ma il bosco faceva decisamente più paura prima di entrarci. A Lucia si arrossano le guance, per il peso dello strascico che si impiglia di tanto in tanto nei rovi della vegetazione e per la voglia di giungere alla chiesa. Quando qualche raggio di sole inizia a filtrare davanti a lei rivelando la fine del bosco inizia a correre con tutte le sue forze, serrando gli occhi fino a non sentire più nulla, finché finalmente è fuori. I colibrì al contatto con la luce si dissolvono in piccole bolle colorate, che salgono verso il cielo.
Lucia le osserva mentre si asciuga il sudore dalla fronte. Fuori dal bosco il sole che rende i contorni più nitidi che mai. Davanti a lei, ecco la chiesa.
La riconosce, è la chiesa sconsacrata dove ha conosciuto Cristiano. Pochi passi e spinge il portone di ingresso. Appena dentro è avvolta da una gradevole frescura. Tutto è immerso nel silenzio, e Lucia si gira d’istinto verso quello che un tempo era stato l’altare, e che con il tempo era diventato il palco per le esibizioni, come a controllare che tutto sia effettivamente come lo ricorda.
E’ allora che la vede. Una bambina seduta per terra al centro della grande sala. Lucia la riconosce subito. La bambina la stava aspettando, ma non la guarda. Gli occhi sono fissi verso il pavimento, il volto è contratto.
Lucia le si avvicina.
“Ciao”
“…”
“Sei arrabbiata con me ?”
“…”
“Perché sei arrabbiata con me ?”
Anche Lucia si siede per terra, e si rende conto che la bimba sta piangendo: un paio di lucciconi fanno capolino dagli occhi. Le prende la mano. Quel vestitino pesca è proprio quello che le metteva sua madre quando andava alle elementari.
Poi la piccola non si trattiene più: ” Perché volevi ucciderti ?” le urla tra le lacrime.
Lucia esita. Come si fa a spiegarlo a una bambina ? Come si fa a spiegarlo a se stessi ?
“Perché..non riesco più a trovare un senso per cui restare, non riesco più a provare niente. Ed ho paura”
La piccola smette di piangere, di colpo si fa seria e calma. La fissa da dietro i suoi occhi azzurri ancora lucidi: “Non puoi rinunciare alla tua vita solo perché ti fa paura. Questo è un modo di fare stupido.” – la voce della bambina ora è decisa – “La mamma mi ha letto un libro dove c’è scritto che si può vivere per il profumo di un fiore, per la musica di una canzone, per il sorriso di un bambino, anche se il mondo in cui ci si trova è orribile. Non te lo ricordi più ? Non ti ricordi più di me ? ”
Poi la bambina le si getta al collo, ed è allora che Lucia per la prima volta dopo tanti anni prova di nuovo la sensazione che sentiva da piccola abbracciando sua madre. Si sente protetta, si sente come se nulla potesse andare male, si sente amata. E soprattutto per la prima volta si sente pronta a diventare madre. Sorride e stringe forte la bambina, che le da un bacio sulla guancia, e poi un altro. I suoi baci però sono umidi, un po’ troppo umidi per essere baci di una bambina. Tutto inizia a girare intorno a Lucia, che sente come un miagolio lontano, poi meno lontano, poi che si avvicina…
(…) Quando rinviene ci sono due occhi gialli che la fissano. Ulisse le si è accoccolato sulla sua pancia gonfia e le lecca il viso miagolando a più non posso. Si tocca la testa, la pallottola deve averla sfiorata di striscio e lei è svenuta, forse per la paura. Sorride al gatto, lo accarezza e lo abbraccia forte. Sorride di nuovo, e respira. Rimane ferma così per mezz’ora, senza pensare a niente, solo respirando, e sorridendo tra sé di tanto in tanto.
Alla fine si rialza, e promette a se stessa che non cadrà più.