Operazione decisamente insolita per un artista del calibro di Peter Gabriel che, a otto anni di distanza dall’ultimo lavoro Up (2002), si ripresenta con questo Scratch My Back, un disco interamente di cover. E c’è da rimanere davvero spiazzati sin dal primo ascolto, sia per quanto riguarda la scelta degli artisti e dei brani reinterpretati, sia per quel che concerne il modo pratico in cui vengono eseguiti.
Così il cantautore inglese si pregia della compagnia del piano e dell’orchestra per regalarci una sua personalissima interpretazione di brani di artisti vecchi e nuovi, famosi e meno famosi, indie e major, tutti portati a nuova luce dall’ex leader dei Genesis. L’atmosfera dominante è intima e raccolta, lenta, calma, malinconica. Il piano ora accompagna, tessendo gli intrecci armonici su cui si innesta la voce sublime (e mai vittima del tempo che passa), ora fa cadere languide note come sottili gocce di pioggia tra le braccia calde della linea vocale che quasi basterebbe da sola per definire il concetto di pura bellezza. E tra tutto ciò, a riempire e svuotare la struttura dei brani, tracciare le differenze di dinamica, si impongono gli inserti di un’orchestra che predilige eseguire parti molto più legate alla musica da camera piuttosto che parti più “classicamente” orchestrali. Un’orchestra che sa intervenire col giusto tatto in ogni brano ed in ogni sua parte; valorizza i timbri dei suoi strumenti solisti, che crea fantastiche melodie ora tenui e languide, che si insinuano ora leggiadre e carezzevoli tra le parole sofferte di Heroes (David Bowie), ora forti e maestose tra i cori bellissimi di The Book of Love (The Magnetic Fields); funge ora da sostrato a indicare le direzioni armoniche, ora da contrappunto alla voce e al piano; cresce e si smorza rendendo splendente ogni interpretazione. Ogni brano è preso da Gabriel e fatto suo, munito della propria cifra stilistica e sentimentale inconfondibile. Il pathos commovente del crescendo finale di Apres Moi (Regina Spektor), la tensione che scaturisce da My Body is a Cage (Arcade Fire), la versione straziante e minimale di Street Spirit (Radiohead) sono limpida dimostrazione di come emozioni e sentimenti nuovi e inaspettati possano sempre scaturire dalla musica, filtrati attraverso la sensibilità di Peter Gabriel. Se davvero tutti i brani sono bellissimi, e se tra gli “indimenticabili” figurano episodi quali Flume (Bon Iver), The Power of the Heart (Lou Reed), Philadelphia (Neil Young), con The Boy in The Bubble di Paul Simon riesce a compiere un vero e proprio miracolo: raggiungere una bellezza tale da spiazzare quasi più dell’originale.
È stupefacente la riuscita del progetto nelle mani di un artista quale Gabriel, che appare ancora in forma smagliante, con la sua voce che saprebbe rendere bellissima ogni cosa. Un progetto che diviene omaggio verso ciò che di valore c’è stato e c’è ancora oggi nel panorama musicale che ci circonda. Ma anche qualcosa che va oltre, un album pieno di memoria e di una creatività che mostra la capacità incredibile di un artista di poter emozionare in qualsiasi maniera e in ogni momento. Non rimane che attendere il compimento del progetto originale, I’ll Scratch Yours, un disco gemello nel quale tutti gli artisti “coverizzati” da Gabriel restituiranno il favore al maestro reinterpretando a loro volta alcuni dei suoi brani.
Credits
Label: Virgin – 2010
Line-up: Peter Gabriel
Tracklist:
- Heroes [David Bowie]
- The Boy in the Bubble [Paul Simon]
- Mirrorball [Elbow]
- Flume [Bon Iver]
- Listening Wind [Talking Heads]
- The Power of the Heart [Lou Reed]
- My Body Is a Cage [Arcade Fire]
- The Book of Love [Magnetic Fields]
- I Think It’s Going to Rain Today [Randy Newman]
- Après Moi [Regina Spektor]
- Philadelphia [Neil Young]
- Street Spirit (Fade Out) [Radiohead]
Links:Sito Ufficiale,MySpace