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Costretti a sanguinare: romanzo dettagliato sul movimento punk italiano.

sanguinare_copTra la fine degli anni settanta e gli inizi degli ottanta nel nostro paese si sviluppò un movimento che si ispirava al punk inglese e, proprio come accadde nel Regno Unito, i giornali italiani si impegnarono a dileggiare e screditare il fenomeno, talvolta supportati da sociologi poco scrupolosi. Marco Philopat, scrittore (anche se preferisce definirsi “agitatore culturale”) e studioso di cultura underground, aderisce a quel movimento nel 1977, diventandone uno dei più profondi conoscitori e animatori. È stato uno dei ragazzi fondatori del Virus di Milano, tra i primi centri sociali italiani e storico locale del punk. Nel 1997 pubblica Costretti a sanguinare (Shake edizioni, poi Einaudi 2006) dove racconta, in prima persona, la sua esperienza giovanile nella Milano hardcore dei primi anni ’80, quando era una delle capitali del punk in Europa.

Il libro è il romanzo di un’epoca, precursore di una serie di testi “archeologici” che hanno cercato di ricostruire la storia del periodo di massimo splendore del punk in Italia (1977-84, come recita il sottotitolo). Philopat usa la propria memoria individuale per restituirci una cronaca dell’intero movimento, presentandosi allo stesso tempo come biografo di se stesso e come storiografo di una controcultura che per un frammento degli anni ’80 ha saputo aprire uno squarcio all’interno di quel drammatico processo di decadimento che in quegli anni stava iniziando a divorare la civiltà occidentale, in preda all’arrivismo filocraxiano e al primissimo delirio consumistico.
Il primo capitolo del libro è un escursus sui metodi per farsi i capelli dritti come spilli, seguono i viaggi a Londra e i soggiorni allucinanti nei sudici squat inglesi, la formazione migliore per un punx. E poi la musica, suonare in una band, l’occupazione e l’autogestione del mitico Virus di via Correggio 18, che grazie all’attività di centinaia di giovani divenne un punto di riferimento del punk europeo, un luogo di aggregazione dove si tenevano concerti, si produceva materiale divulgativo e si tentava uno stile di vita “non allineato”, occupato da Philopat, ed altri attivisti, fino al giorno dello sgombero dello stabile.
È una narrazione priva di pause ortografiche, incalzante e ruvida come una canzone dei Dead Kennedys, mette in scena la rabbia di migliaia di giovanissimi, serbatoio di tanti movimenti futuri. È un flusso di coscienza smozzicato, il dialogo di un oratore concitato che si rivolge a un interlocutore attento. La scrittura febbrile e insieme lucida di Philopat rende omaggio allo stile usato nelle punkzine.
Costretti a Sanguinare non è solo la migliore testimonianza “dall’interno” sui punk (o “punx”) in Italia, è soprattutto il diario di un ventenne, delle sue passioni, dei suoi amori, degli amici, di un adolescente ribelle animato dall’etica del “do it yourself” e alla ricerca di un’interpretazione calzante della teoria del “no future”. È un’istantanea di una città che si illudeva di guardare al futuro mentre intere generazioni venivano falcidiate dall’eroina, senza dubbio uno dei principali strumenti di repressione di tutti i movimenti giovanili dalle ambizioni più o meno rivoluzionarie.
“- un disastro vado a Parigi con Cristina – stiamo in uno squat nel quartiere latino – con alcuni punx – uno di loro odia il mio slogan sul giubbotto – ‘costretti a sanguinare’ – abbiamo perso troppi amici per la strada – e a Milano ci aspetta un durissimo rientro – siamo alla disperata ricerca di un’identità fuori dal conformismo – fuori dall’inedia – sanguinare fa parte della nostra vita.” (Costretti a sanguinare, p. 73)

Marco Philopat – Costretti a sanguinare (Shake Edizioni Underground, Milano 1997; pp. 180)

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