Raccontano di un autunno insolito, di amori dalla durata prevedibile, di crolli esistenziali, di una Francia in veste di desiderio, di ricordi. E seguono direzioni ironiche per fare della malinconia un accento lieve sulla vita. Ironia e malinconia, per smorzare i toni, perché l’introspezione abbia una possibilità nel sorriso e nella leggerezza. Indie-rock in italiano che vira verso il pop, quello intelligente. Strumenti tradizionali, tra cui eccelle la viola, e suoni strani ma educati. Avevano idee di contaminazione, e pare proprio che abbiano centrato l’obiettivo.Tutto questo accade dentro un disco d’esordio, Rivoluzioni a pochissimi passi dal centro. Tutto questo è opera dei torinesi Verlaine. Non per caso abbiamo incontrato Daniele, autore dei testi e voce della band. Così, per scoprire la loro storia, le loro attese. (Ti ho già detto il mio nome e Dipendente pubblico sono in streaming autorizzato; foto di Martina Carnesciali)
Quando nasce l’orchestrina scalcinata ad assetto variabile… ovvero i Verlaine?
I Verlaine sono del 2000 (annata vinicola classificata come eccezionale) poi attraverso cambi di formazione, tradimenti, correnti interne, donne da inseguire e perdere in giro per l’Europa eccoci qui.
Rivoluzioni a pochissimi passi dal centro è un bel titolo. Che storia ha?
E’ preso da una lettera d’addio che avevo scritto qualche anno fa.
Indie-rock in italiano che assapora la malinconia ma sorride con l’ironia, concedendosi raggi di delicato e intelligente pop. Posso pensare questo della vostra musica?
E’ proprio l’obiettivo che avevamo. Quindi sì , grazie: questa domanda ci ha commosso.
Loop, giocattoli, synth paleolitici, e strumenti più tradizionali. Tra questi, la viola dà un colore dolce e delicato alle vostre canzoni. Così sapiente e indovinata negli inserti da rendersi essenziale…
In effetti Andrea (il violista-tastierista) è entrato con noi proprio per dare questa connotazione di miele e calore. Poi in realtà il lavoro cha fa la viola da un paio d’anni supera quello di semplice arrangiamento diventando spesso un cardine compositivo e, come giustamente rilevi tu, essenziale.
Avete dei referenti. C’è ovviamente una tradizione sonora che vi influenza. Raccontatemela… e spiegatemi come si fa ombra fino a lasciare emergere la vostra cifra distintiva. Uno dei vostri produttori artistici ha dichiarato che il vostro desiderio era: contaminazione…
Sarebbe bellissimo ed hype risponderti che arriviamo da esperienze ed ascolti differenti ma non è vero. Tolto Andrea, che ha una formazione ed ascolti più classici, noi siamo cresciuti con gli stessi amori per le rock band angloamericane poi affiancati dalle grandi band nostrane degli anni ’90 (Marlene Kuntz, Afterhours, Scisma, C.S.I.) e dalle cose della Morr. Penso che la cifra distintiva dei Verlaine, proiettata anche in chiave futuribile, possa essere la capacità di unire delle pop song in italiano non verboso con suoni interessanti e speziature di elettronica da nullatenenti. Una cosa che ci ha entusiasmato da quando abbiamo visto i Fleet Foxes dal vivo a Milano è quella di cominciare tutti a cantare nelle nostre canzoni. Nel disco questa cosa non è ancora molto presente ma ci stiamo lavorando con dedizione. Poi certamente in questo ambito pet sounds dei Beach Boys è su un altro pianeta ma in Italia è una possibilità poco esplorata.
Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele dei Perturbazione hanno curato la produzione artistica del disco. Come vi siete conosciuti e come è stato lavorare insieme?
Come musicisti li conosciamo da tanti anni, io ho addirittura la prima cassetta dei Perturbazione con il maiale ed una chiazza di sangue. A livello personale li abbiamo invece conosciuti solo questa estate perché Gigi dopo averci visto dal vivo ci ha proposto di collaborare con loro per la realizzazione del nostro disco. Lavorare insieme è stato veramente semplice, sono persone con tempi e capacità empatiche incredibili. Inoltre mentre Gigi è più artigianale e viscerale, Cris rappresenta la componente tecnologica e di sintesi. Ci hanno davvero seguiti e soprattutto supportati durante tutte le fasi di registrazioni del disco. Vino, sigarette e amari hanno cementificato questo idillio musicale e fatto il resto.
I vostri testi sono ricchi di immagini che virano verso l’introspezione eppure certe pennellate di improvvisa e leggera ironia smorzano i toni, aiutate da aperture melodiche sempre delicate. Gigi è anche autore di testi, come si è posto rispetto ai vostri?
Penso rispecchino in parte la mia personalità che di base è riflessiva ma sbraca volentieri, che poi è la cosa che trovo fantastica nei dischi di Ciampi… tirare delle coltellate al cuore e poi uscire con un “ti sganghero”. Gigi rispetto ai nostri testi si è posto da ultrà sfegatato. Pensa che poco tempo fa avevo bisogno dei testi in word da mandare non so più a chi e l’unico che li aveva trascritti fedelmente sul pc era lui.
La Francia nell’immaginario di questo disco…
Io adoro la Francia, ci ho abitato per un anno ed alcuni tra i miei scrittori perferiti (J.C. Izzo su tutti) sono francesi, così quando posso scappo volentieri al di là delle Alpi… mi sento subito pieno di un senso di poesia incredibile. Nel concreto in realtà cambia poco ma poter comprare le gitanes senza filtro, bere il pastis di mattina tra l’approvazione generale e mangiare i croissanttuttoburro che fanno lì mi fa sentire meglio.
Musica islandese è il titolo di una canzone. “Musica islandese strana, ma di qualità”… sono parole che estrapolo da Ti ho già detto il mio nome. Così tanto per ironia… o la musica islandese vi piace? Lo domanda una che la segue!
La musica islandese ci piace. Al di là degli artisti più famosi io adoro Mugison. La canzone ironizza sul fatto che qualche anno fa, in pieno trend filoislandese, per alcune riviste sembrava che nel resto di Europa non si suonasse più e quindi per fare i coglioni in saletta facevamo i vocalizzi alla Sigur Rós… iuseiiiaaaiiiiii… Comunque quando ci hanno dato i cd stampati con il pezzo è immediatamente esploso il vulcano!
I trent’anni. I crolli esistenziali da due soldi. L’autunno che dura da giugno a maggio accompagnando l’amore che dura poco (osate tre anni!) e tutto l’insieme emotivo che interseca quello della rassegnata crescita. “Ordina ancora da bere e fammi ridere”: la leggerezza vince la nostalgia?
Penso di sì, ne sono abbastanza convinto. Mi ripeto più o meno cento volte al giorno: “la vita è complessa… ma andrà tutto bene”.
Ti ho già detto il mio nome è il singolo. Spiegatemi i motivi che vi hanno portato a sceglierlo…
Ci sembrava il pezzo più “rappresentativo”.
Proprio in questo brano si notano le voci di due ospiti d’eccezione Lalli e Tommaso Cerasuolo (Perturbazione, ndr). Mi raccontate questa scelta?
Lalli la adoriamo. I suoi tre dischi solisti sono di disumana bellezza, poterla avere ospite in un nostro disco prima era un sogno, d’ora in poi, qualunque cosa succeda sarà motivo d’orgoglio. Insomma teniamo da parte svariate copie per i nipoti! Tommaso si è letteralmente autoinvitato ed autoregistrato ed è stata una fortuna perché il suo intervento è magnifico e stempera parecchio il mood finale del pezzo, ribaltandone anche la cadenza ritmica.
Parlatemi di Dipendente pubblico…
Questo non è un pezzo ironico anche se la frase ad effetto del ritornello può trarre in inganno. Parla delle dinamiche di una coppia un po’ arrugginita che si guarda indietro.
Cosa si aspettano i Verlaine… adesso?
Di suonare tanto ovunque, di caricare le macchine o, se avremo i soldi, di affittare un furgone e di ricoprire con le nostre ballad da rimorchio alcolico questa malandata repubblica.