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Indietro non si torna: Il Teatro degli Orrori @ Carpi (MO) 01/07/10

ilteatrodegliorrori_live_0710A volte le sere ti cadono addosso per caso, senza programmarle. A volte le sere ti stupiscono e t’innamorano senza che tu possa farci niente. A volte le sere ti travolgono e ti ritrovi sotto un palco a pensare che quello è il TUO posto. Quando casualmente vieni a sapere di un concerto, di quelli che stai aspettando da tanto, ti ci fiondi senza pensarci due volte, trasformando un giovedì sera qualunque di questa afosa estate nell’occasione per assistere all’esibizione di una delle band più interessanti del momento: Il Teatro degli Orrori. Ormai conosco bene Carpi e la sua zona piscine, teatro di tante serate a base di musica, quella buona. Parcheggio in quello che è diventato il mio posto fisso e via!

Nonostante l’inizio del concerto sia previsto da lì a mezz’ora, non c’è molta gente… Meglio, almeno riesco a piazzarmi in una posizione abbastanza buona. Mia sorella mi segue perplessa: non sa cosa sta per vivere. In realtà nemmeno io lo so, visto che è il mio primo e agognato concerto della band di Capovilla, ma almeno ho il vantaggio di sapere cosa andrò ad ascoltare. Lei invece no, ma è comunque sicura che le piacerà (ha imparato a fidarsi di me quando si parla di Musica!). L’apertura è affidata a Nicola Manzan che, vestiti i panni di Bologna Violenta, ci sbatte in faccia i brani del suo Il nuovissimo mondo (Bar La Muerte – 2010). Distorsioni di chitarra e violino prestate al rock tendente al techno-hardcore e crudele ironia nei racconti (campionamenti tratti dai vari “mondo movies” famosi negli anni ’60/’70) sono elementi che catalizzano e scaldano il pubblico che si sta accalcando davanti le transenne. Tempo mezz’ora e gli altri teatranti raggiungono Manzan sul palco: lo spettacolo può cominciare! “Eravamo in due / e sono rimasta sola”. L’inizio è di quelli fulminanti, con la dirompenza di In due. La voce sporca e graffiante di Pierpaolo Capovilla declama, urla, sputa in faccia alla gente la cruda realtà narrata dai testi de Il Teatro degli Orrori. Ci racconta la storia di Ken Saro Wiwa, di come l’hanno ucciso A sangue freddo, ci ricorda che viviamo ne Il terzo mondo, con “i miserabili al potere” e dove “solo le mie disperazioni/mi fanno sentire ancora vivo“. La teatralità di Capovilla nei gesti, nelle espressioni, nella voce è ammaliante: un vero animale da palcoscenico che si dimena, salta, si ferma improvvisamente come a volerci ammonire col suo sorriso beffardo, quasi mefistofelico. Le chitarre imbracciate da Nicola Manzan e Gionata Mirai graffiano con riff potenti, al limite del punk. Il basso di Tommaso Mantelli e la batteria di Farnz Valenti scandiscono lo scorrere del tempo disegnando il tappeto di note sulle quali Il Teatro degli Orrori ci porta alla deriva. Die Zeit, E’ colpa mia, Padre Nostro, Majakowskij, Mai direi mai e gli altri pezzi tratti dal loro ultimo album A sangue freddo (La Tempesta/Universal – 2009) ci vengono vomitati addosso con tutta la loro cruda amarezza, non lasciano scampo: sono fendenti che colpiscono duro, che ti lacerano ed entrano dentro. La band coinvolge, catalizza l’attenzione del pubblico. “Hai sentito di Tom? / Tom che se n’è andato via! / Questo non è uno scherzo, / Non è neanche una fantasia.” Il tempo scorre via veloce e la delicatezza de La canzone di Tom ci porta increduli verso la fine della prima ora di concerto. La band saluta e lascia il palco, ma il pubblico non ci sta, non ne abbiamo avuto ancora abbastanza! E loro ci accontentano. L’ultima mezz’ora della serata è dedicata per lo più ai brani tratti dal loro Dell’impero delle tenebre (La Tempesta – 2007). “Guardami negli occhi e poi / Dimmi: ‘non mi prenderanno mai’ / Dimmi che c’è ancora posto nel tuo cuore / Dimmi dove e quando io ci sarò“. Compagna Teresa arriva con tutta la sua irruenza a violentare il pubblico che ormai è completamente nelle mani e nelle corde vocali di Capovilla. Die zeit ci porta verso la fine della serata. Capovilla lascia il palco seguito dal resto della band. Il Teatro degli orrori conferma anche dal vivo di essere una delle migliori band in circolazione. Il loro rock dissacrante immobilizza il pubblico, lo devasta. La strafottenza di Capovilla & Co. è quella di chi sa che “Indietro non si ritorna, eh eh eh eh ! Questo è poco ma sicuro!”

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