Quando si fa il nome dei The National non si può fare a meno di far notare che alle spalle di questa band ci sono già oltre dieci anni di validissima attività, con tanto di successo planetario (l’Italia è un discorso a parte), a partire da quel Boxer che nel 2007 non solo si configurava come una delle più belle uscite discografiche degli anni 2000, ma che avviava il gruppo americano verso un percorso fatto di partecipazioni a show televisivi, spot per Google e campagna elettorale per Barack Obama. Tre anni sono passati dalle atmosfere da focolare domestico in una notte gelata dello splendido Boxer e, nel frattempo, So Far Around the Bed, contenuta nella compilation Dark Was The Night (diretta proprio dai fratelli Dessner), ci aveva fatto letteralmente accapponare la pelle per la sua bellezza. Proprio nel momento di maggior fama per i The National ecco arrivare il nuovo attesissimo disco, High Violet. Così, ancora una volta, su un sostrato new wave fatto di chitarre tappeto e ritmiche avvolgenti si fondono l’amore per la melodia, l’attitudine per le orchestrazioni da camera, gli echi noir, la voce da crooner malinconico e consapevole di Matt Berninger, che potrebbe essere tranquillamente l’ottava meraviglia del mondo. E la musica si colloca nel contesto più ampio dei sentimenti umani: l’amore, l’inquietudine, l’angoscia, l’ossessione, la frustrazione, la rabbia e la follia per ciò che succede in America, la folle isteria di massa, la riflessione amara e nostalgica sulle proprie origini. Undici brani che mostrano la sapienza quasi “intellettuale” di mescolare elementi alti e bassi per la costruzione di qualcosa che riesce ad oltrepassare i confini del pop, per una musica che diviene dimensione a sé stante. Ancora una volta i cinque di base a Brooklyn impreziosiscono il lavoro con le partecipazioni di ospiti illustri quali Sufjan Stevens, Nico Muhly, Bon Iver e il solito Padma Newsome, a conferma della prolificità quasi ineguagliabile della scena indie newyorkese. High Violet è il sesto lavoro di una band che non soltanto in dieci anni di attività non ha mai sbagliato un colpo, ma che proprio nel corso del tempo ha compiuto passi importanti per arrivare a porsi tra i maestri dell’indie odierno.
Credits
Label: 4AD – 2010
Line-up: Matt Berninger – Aaron Dessner – Bryce Dessner – Brian Devendorf – Scott Devendorf
Tracklist:
- Terrible Love
- Sorrow
- Anyone’s Ghost
- Little Faith
- Afraid Of Anyone
- Bloodbuzz Ohio
- Lemonworld
- Runaway
- Conversation 16
- England
- Vanderlyle Crybaby Geeks
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