La compattezza non è un istinto. E’ una costruzione ricercata, voluta. Frutto di maturità e consapevolezza. Sintesi di stratificazioni e cesello. Magma rovente di intuizioni calate in declinazioni stilistiche.
La compattezza non è un dettaglio. E’ un obiettivo. Nel caso di un disco, è un pregio. Non assoluto, ma relativo. Rispetto ad un genere, ad un periodo, ad una band.
Compatto. E’ compatto il quarto album in studio degli Interpol. Suona come una bolla fluida che estende le sue curve senza mai bucare il contorno. Self-titled, come se fosse un esordio. E questo sottintende due scelte precise: tornare al punto zero di Turn on the Bright Lights (2002) e indossare l’abito buono delle prime mosse con più esperienza alle spalle. La loro new wave, in debito con le matrici Curtis-Cure, si bagna di quell’approccio orchestrale e corale che sta segnando le nuove tendenze (Arcade Fire e Fleet Foxes sembrano indicazioni imprescindibili). Il risultato non è prevedibile, ovviamente. Se la combriccola in gioco ha dalla sua la leggerezza di un rock poco sperimentale e molto classico nella sua natura ammaliatrice, e gioca sporco con testi scuri, enigmatici e malinconici (“Tonight a special memory serves me/ And I’ll wait to find the wrong way”, Memory Serves), allora la posta diventa alta. L’ascolto si fa desiderare, svariate volte. Tradotto: questo Interpol sorprende e poi lievita nel tempo, invecchia come un buon rosso pastoso. Le strutture ritmiche sono avvolgenti, le linee di basso serpeggiano sulle esplosioni di batteria cedendo a crescendo empatici e sinuosi. Le chitarre girano sul trucco del colore e sui riff irresistibili. La voce conosce perfettamente le angolature delle sue estensioni, il calore delle basse quote, la drammaticità dei passaggi segreti. Questi americani hanno un certo slancio indie nel sangue, e sanno tenerlo a bada col piglio stiloso di chi arriva dritto al punto! Ci sanno fare, tutto qui. Infilano una sequenza mordace con Success, Memory Serves, Summer Well, spezzano con la tensione nervosa di Lights, riaggiustano i toni ariosi con la strafottenza del singolo Barricade, rallentano progressivamente piazzando Always Malaise (The Man I Am) e Safe Without, fino a chiudere con le atmosfere crepuscolari di The Undoing.
Sanno farsi perdonare quel fastidioso terzo capitolo (Our Love To Admire, 2007) scritto tra le pagine della Capitol, e tornano a scrivere la loro storia puntando sull’autoproduzione e su quell’ingrediente interpol che, piaccia o no, funziona! E funziona come un buon disco dovrebbe.
Credits
Label: Soft Limit – 2010
Line-up: Paul Banks (voce, chitarra) – Sam Fogarino (batteria) – Daniel Kessler (chitarra)
Tracklist:
- Success
- Memory Serves
- Summer Well
- Lights
- Barricade
- Always Malaise (The Man I Am)
- Safe Without
- Try It On
- All Of The Ways
- The Undoing
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