Un altro venerdì sera, un altro concerto in questa Bologna ormai stabilmente autunnale. Fine della settimana lavorativa o di studio, il venerdì sera è il momento ideale per archiviare gli affanni dei giorni precedenti e regalarsi buona musica.
E’ una location inusuale quella che stasera accoglie la Brunori Sas. La sala del Teatro Perla è uno spazio molto diverso dai locali in cui abitualmente Bologna accoglie la musica, talmente insolito che persino alcuni bolognesi ne ignorano l’esistenza. Eppure il pubblico accorre.
Questa serata era attesa e desiderata (tanto attesa che i manifesti sparsi per la città per tutta la settimana sparivano regolarmente poco dopo essere stati affissi), anche perché la Sas, nel lunghissimo tour che sta attraversando in lungo e in largo la penisola, mancava da diversi mesi dal capoluogo emiliano. “La grassa” Bologna è luogo attento al fermento musicale, la sala si riempie mentre le musiche di Oratio, ultimo acquisto nella squadra Pippola, ci mettono tutti nel giusto mood.
Finalmente, con la giusta dose di emozione, Dario Brunori si guadagna il palco. Vol Uno è un album ormai collaudato e testato a dovere, così come sono rodate e sicure le dinamiche di palco. Ognuno dei musicisti che accompagnano il Dario nazionale sa il fatto suo: precisi nel proprio ruolo, regalano nuovo colore ai brani che la Sas porta in tour da più di un anno.
Ripensando alle prime date live di questa società in accomandita semplice, è inevitabile constatare il grande cambiamento: gli arrangiamenti sono più sicuri e ricchi, l’affiatamento dei musicisti è ben visibile, il concerto non è solo la riproduzione fedele di un disco ma uno spettacolo a tutto tondo.
Questa sera, poi, la formazione cui la Sas ci ha abituati (Dario Brunori, chitarra e voce; Simona Marrazzo, voce, cori e percussioni; Mirko Onofrio al sax, flauto, flauto basso; Dario Della Rossa alle tastiere, diamonica e banchetto; Massimo Palermo alla batteria) si arricchisce di un sesto, nuovo elemento: Stefano Amato si inserisce nello spettacolo con violoncello e chitarra elettrica. La resa finale è decisamente interessante, il suono è compatto, l’insieme è armonico e curato.
Dario Brunori ci mette come sempre del suo, sospeso tra l’emozione del teatro affollato e la sua incapacità di prendersi completamente sul serio. La vena istrionica e il talento cantautorale si confondono e si completano.
Molta è la strada percorsa dalla Brunori Sas, innumerevoli chilometri e decine di concerti; applausi, sorrisi e foto ricordo non si contano più. Quando giungono le prime note di Guardia ’82 il pubblico, forse fino a quel momento un po’ intimorito dalla formalità del teatro stesso, può lasciarsi andare. Tutti cantano, tutti seguono le indicazioni di Brunori, che dirige la serata come un sapiente direttore d’orchestra.
Durante la serata non mancano incursioni nel futuro, piccoli momenti di anticipazione di quello che potrebbe essere un prossimo Vol Due. La Brunori Sas saggia le reazioni del pubblico che tiene il tempo de La Mosca e Con lo spray, a stento trattenendosi sulle poltroncine. Non solo il Brunori scanzonato, però: La giraffa morta e ancor più Una domenica notte sono incursioni in momenti di abbandono, di intimità, in spazi quasi privati.
Non c’è solo il cantore delle nostre belle memorie passate, colorate a tinte sbiadite e sfumate dalla nostalgia. Non solo palloni sgonfiati e ginocchia sbucciate, insomma. Brunori sembra avere molti altri racconti, e forse anche una prospettiva diversa da cui descrivere se stesso e in fondo un po’ anche noi. Sempre più nazionalpopolare, tanto che qualcuno tra il pubblico ascoltando questi nuovi pezzi lo soprannomina (in assonanza) Dario De Brunori, questo cantautore anomalo sta per concludere un tour che sembra infinito, andando a ritirare il riconoscimento Siae al Premio Tenco di Sanremo. Chissà, magari scoprirà che quel palco gli è particolarmente congeniale.
Ci salutiamo festosi sulle note di Stella d’argento. Il pubblico grida, canta, applaude e sorride e Brunori pure, si emoziona e sorride. Allora non c’è altro da aggiungere: in bocca al lupo alla Sas ed un “arrivederci, a presto”. (Si ringrazia Giovanni Gigantino – La Fabbrica; foto di Emanuele Gessi)