Come per gli anni scorsi, il Covo Club di Bologna si trasforma in un luogo magico, sede di rituali di iniziazione, partenze e traguardi. Qui si inaugura il nuovo tour di Beatrice Antolini che vedrà l’artista marchigiana ripercorrere l’Italia a partire dalla sua città d’adozione, il capoluogo emiliano, dopo il successo del precedente disco A due.
Sono passati due anni dalla pubblicazione dell’album che ha portato il nome della poliedrica musicista su tutte le testate musicali italiane e in migliaia di pagine internet, tra recensioni, live report, o semplici e preziosissimi passaparola.
Beatrice Antolini è una realtà della musica indipendente italiana capace di calamitare attenzioni da un pubblico trasversale, e questo ritorno al live, sostenuto da un disco nuovo di zecca (BioY), assume la sembianze di un evento immancabile per gli appassionati di musica, per quelli che non considerano la scena alternativa italiana un brand ma un pozzo profondissimo nel quale si celano tesori immensi da ammirare.
Il pubblico arriva, il locale si riempe, Beatrice e la sua band salgono sul palco uno dopo l’altro.
Il concerto inizia con un solo semplice ritmo. E’ lei a suonare questo scarno mantra alle percussioni. E così, l’inizio caratterizzerà tutto il concerto: il ritmo.
Il ritmo inteso come spina dorsale che sostiene i movimenti delle melodie ricercate; il ritmo che veste i brani, li colora, gioca con le ombre come fa un estroso stilista con drappi e cuciture.
Night SHD è il brano d’apertura di questo concerto che si configura come un viaggio intergalattico verso un pianeta che Beatrice Antolini e la sua band vogliono mostrarci, con orgoglio ed un pizzico di timidezza.
C’è emozione nei cinque musicisti che abbiamo di fronte, ma solo per quei pochi istanti che dividono una canzone dall’altra in questa loro prima esibizione di un lungo tour.
Il concerto procede con Eastern sun e Piece of moon che si aprono completamente al funk sinuoso e suadente nel canto e nell’incedere della splendida sessione ritmica.
Beatrice Antolini è un’artista completa che, come da sola ha creato il suo disco, anche nel live vuole e non riesce a fare a meno di spaziare tra gli strumenti: tastiere, sintetizzatore, percussioni e voce. Beatrice si muove sul palco, si scambia con il bravissimo e fondamentale Enrico Pasini (tastiere, synth e tromba) e la musica va, incalzante e magnificamente nuova, mettendo a nudo anche l’umanità e la fragilità di una persona che suonando può anche inciampare su una nota, ma poi si corregge più determinata di prima.
L’incontro tra il funk, il soul e l’electro pop di Mutantsonic è tra i momenti più efficaci del concerto: un brano che stupisce e mai appare scontato, suonato da musicisti che riescono a trasmettere l’irruenta necessità di ritmo che hanno nel corpo.
Il live di questa sera è fisico, nervoso, ma sempre armonioso, anche in quei brani che la stessa Antolini definisce “più facili” perchè facenti parte del precedente disco, brani che comunque in questa situazione trovano nuova forma e mood terribilmente accattivante. In questo modo A new manner for a quite life è solo una fugace occhiata in un passato che viene osservato con rinnovato sguardo.Il suono di un appassionato pianoforte apre la lenta e sognante Planet che a sua volta anticipa la tribale BioY e la ormai conosciutissima Venetian Hautboy, vera e propria cerniera tra l’Antolini di A due e quella di questo fine di 2010 riportando alla mente l’esperienza discografica (e non solo) de Il paese è reale.
Prosegue il viaggio nel passato con Funky show: più potenza, più sfrontatezza, più densità nei suoni elettrici e nelle percussioni rispetto a quanto il precedente album e relativo tour ci avevano abituati. Un clima nuovo, incredibilmente solido, con un suono patinato quanto basta, e spontaneo nella sua musicalità folle ed estemporanea: questo è il sound che si respira stasera al Covo.
We’re gonna live risuona della sua ammiccante espressività eighties, fresca ed efficace, mentre Sugarize e Double J chiudono un concerto che ha messo in luce tutta la potenzialità di un’artista e la magnifica alchimia creatasi con la band.
Oltre all’ormai storico Federico Fantuz con la sua chitarra tagliente ed energica, al già citato Enrico Pasini, al sempre più importante e fondante basso di Luca Nicolasi, il palco del Covo vede per la prima volta sedersi dietro alla batteria di Beatrice Antolini l’estroso e puntuale Marcello Piccinini: un grande valore aggiunto per chi già dimostra di essere una spanna sopra a tanti.
Un concerto emozionante e trascinante, che si scosta fortemente dalla realtà del disco, più pulito e curatissimo nei suoni; la trasposizione live di BioY è come un’auto in folle che corre in discesa, senza freni, senza limiti. Una serata che non sazia, ma al contrario stimola ulteriormente la fame di musica, di ritmo, di grande qualità artistica, compositiva e di performance che Beatrice e la sua band sono riusciti ad offrire anche questa sera, più di prima, e certamente meno di domani.
Il ricordo più bello di questa sera è lontano dai pensieri tecnici musicali (che Dio me ne scampi!) ma risiede tutto in uno scambio di sguardi tra Beatrice, Federico, Enrico, Luca e Marcello. Il brano che stavano suonando era quasi terminato, e loro si sono osservati. Erano stupiti di ciò che stava accadendo. Forse era una brano che un po’ temevano nella prova live, eppure tutto era andato liscio, anzi, magnificamente. La potenza del suono, la generosità del ritmo, la capacità di trascinare. Tutto era perfetto, sopra e sotto il palco. I loro volti colmi di gioia e stupore, ma la musica è questo, anche per chi la fa.
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