Matt Elliott è tornato ad indossare gli abiti ormai dismessi di manipolatore di suoni eclettico ed oscuro. A dieci anni di distanza dall’ultimo lavoro targato Third Eye Foundation, con un trasferimento in Francia e quattro dischi solisti in mezzo, torna il progetto elettronico con il quale il musicista inglese aveva iniziato la propria carriera nella prolifica Bristol. Il risultato di tale ritorno ai vecchi metodi di lavoro porta al concepimento di The Dark, un disco pregno delle tematiche e delle ambientazioni care all’autore che non smette mai di buttare il proprio attento occhio critico sul mondo contemporaneo, sulle sue contraddizioni, i suoi malori, le sue ansie e le sue paure. Sensazioni che si esprimono attraverso il concetto di destrutturazione, filtrando all’osso tutta l’esperienza mutuata nel corso degli anni dagli studi sulla musica tradizionale europea. Sentimenti che si esprimono in apocalittiche visioni proiettate su paesaggi sonori sconfinati e immensamente sconfortanti, attraverso la reiterazione del loop, lo sconvolgimento della naturalità dei suoni. Ma Matt Elliott è anche il cantautore folk triste e cupo che ci ha fatto innamorare di lavori dall’incredibile splendore come il ciclo delle Songs. Third Eye Foundation e Matt Elliott sono due facce della stessa medaglia, al centro l’attenta e viscerale, nonché disillusa, analisi dei sentimenti umani più oscuri e il loro manifestarsi nel mondo in cui viviamo. LostHighways prova a scavare più a fondo nell’animo di Matt Elliott che si concede gentilmente a noi per una chiacchierata che vuole approfondire entrambi i progetti per poter meglio comprendere la sua visione della musica e del mondo. (If You Treat All Like Terrorists We Will Became Terrorists e Something About Ghosts sono in streaming autorizzato; si ringraziano Stéphane Grégoire e la Ici D’Ailleurs.)
Sono trascorsi dieci anni dall’ultimo album dei Third Eye Foundation. Dieci anni in cui non sei stato fermo, hai fatto altre cose, curato altri progetti musicali. Come mai hai preso la decisione di continuare su una strada interrotta diversi anni fa? Quali esigenze hanno condizionato la nascita di The Dark?
Tutti mi chiedevano se avrei mai riportato in vita i Third Eye Foundation; io promisi alla mia etichetta discografica che prima o poi avrei fatto un disco dei 3ef (Third Eye Foundation, n.d.r.) e ad un certo punto semplicemente mi è sembrato che fosse arrivato il momento giusto.
In che modo artisti quali Chapelier Fou e Chris Cole hanno contribuito alle sembianze di The Dark?
Entrambi hanno registrato le proprie parti a casa loro e me le hanno mandate. Molte di esse le ho utilizzate così com’erano, altre invece le ho rigirate, messe in movimento e sepolte nel mix. Sono le parti che ascolto sempre anche io.
Almeno due movimenti del concept di The Dark sono ispirati da nozioni utilizzate in psicologia e psichiatria. Mi riferisco ad Ahnedonia e Pareidolia. Come mai la scelta di questi due concetti così specifici? In che modo pensi che si possano riferire al mondo in cui viviamo?
Le condizioni psicologiche mi affascinano. Credo che ognuno di noi sia affetto da almeno una forma di disturbo psicologico, è una parte del nostro modo di rapportarci con la condizione umana. Ne riconosco diversi in me stesso, certi sviluppati ad un grado superiore ed altri molto meno. Ahnedonia, spiegata in breve, è l’incapacità di provare piacere per le cose; mi rendo conto di soffrirne ad un grado tale per il quale trovo molto difficile godermi i momenti così come vengono, tendo a godere delle cose soltanto dopo che l’evento è accaduto. Pareidolia è una sorta di modo di connettere le cose che non sono connesse, ed è uno stato necessario per le persone creative ma è anche ritrovato in molte forme di schizofrenia. Ad ogni modo si può capire molto sulla mente umana studiando i suoi difetti e ci sono moltissimi sottoprodotti creativi della malattia mentale.
Un altro brano molto significativo è il conslusivo If You Treat All Like Terrorists We Will Become Terrorists. Ci puoi dire cosa volevi suggerire con un titolo così diretto? Sembra molto legato alle tematiche politiche di cui tratti anche sulla tua pagina MySpace riguardanti la limitazione dei diritti fondamentali. È un’impressione sbagliata?
Non nascondo le mie idee politiche. È un imperativo quello di dover essere politicamente coscienti perché i tempi in cui viviamo sono oscuri. Il vostro Presidente del Governo dovrebbe essere in prigione ma sfortunatamente i criminali governano il sistema e noi dobbiamo stare lì a guardare e prendere nota. Siamo stati persuasi a rinunciare ai nostri diritti fondamentali, siamo tutti potenziali terroristi e siamo stati condizionati ad accettare questo trattamento, e tutto ciò non è giusto. Il reale pericolo per la società viene dalla corruzione. E’ il nocciolo della maggior parte dei problemi delle società. Tutti i nostri politici sono enormemente corrotti ed ora anche noi, la gente comune che lavora e che ha da pagare i propri debiti. Paghiamo sempre più tasse e in cambio riceviamo un ritorno sempre minore. Loro ci trattano come degli idioti ma credo realmente che il loro tempo sia in declino. Sempre più gente sta aprendo gli occhi nei confronti del raggiro di questa forma del sistema capitalistico ed è soltanto una questione di tempo prima che esplodano ed è questa la vera ragione per cui vogliono tracciare i nostri profili, istallare le telecamere a circuito chiuso ovunque, spogliarci virtualmente, cercarci se vogliamo volare o monitorare le nostre email e le nostre chiamate. Per questo dico che se siamo trattati come dei terroristi probabilmente potremmo diventare la loro definizione di un terrorista. E proprio parlando di terrorismo ti dirò che c’è un’evidente montatura riguardo tutti i più grandi attacchi terroristici degli ultimi anni (11 settembre, le bombe di Londra e Madrid, l’attacco di Mumbai e il bombardiere della biancheria intima, come lo chiamo io); sono stati istigati dalle diverse agenzie di intelligence ma ci sono ancora alcune importanti questioni alle quali bisogna dare una risposta. Il terrorismo è un’enorme fottuta bugia per istigare in noi la paura, e per fare quello che ci dicono e gioca su alcune delle caratteristiche umane più oscure quali appunto la paura degli altri, un razzismo di base, ed è una cosa terribile per la società. Ed inoltre è anche un grosso modo per fare soldi.
Di solito come nasce la tua musica?
Per quanto riguarda i 3ef è difficile spiegarlo, succede e basta, mi siedo al computer e cazzeggio per ore e settimane e mesi ed ecco che nasce un album. Provo a buttare fuori cose casuali e vedere quali di esse funzionino e poi un sentiero appare e allora lo seguo.
Riusciresti ad identificare le tue influenze musicali?
Sono veramente troppe per citarle tutte, mi piace qualsiasi tipo di musica che abbia in sé una qualsiasi parte di animo umano. La musica creata puramente per l’esigenza di esprimere qualcosa, qualsiasi cosa, che è la sola definizione di buona musica per me e che ricopre tutti i generi, tutte le culture e tutti i tempi.
Come mai nel 2003 hai sentito il bisogno di fermarti con i Third Eye Foundation e iniziare una nuova esperienza filtrando tutte le tue conoscenze attraverso l’abito del folk? Credi che la nuova dimensione del canto ti abbia potuto aiutare a esprimere meglio la tua visione del mondo?
In verità volevo fare qualcosa di completamente differente, non lo sapevo nemmeno chiaramente al tempo ma ora credo di annoiarmi facilmente, per questo provo a lavorare in svariati modi, per aiutare il caos generale. Trovo che sia più facile esprimersi con le parole, aggiunge un’intera altra dimensione ma è molto difficile scrivere dei testi: è la parte più dura per me.
Nella tua musica, specialmente per quanto riguarda il progetto solista, ci sono tantissime referenze alla musica tradizionale europea che spesso mostrano un vero e proprio studio di queste culture. Come sono nati questa passione e questo interesse?
Sono affascinato da tutti gli aspetti dell’umanità e in Europa abbiamo così tante splendide culture, attraverso il tempo. Quando ami e studi la musica è impossibile non essere interessato alle culture che l’hanno creata. Quello della musica è un universo stupendo che unisce tutta l’umanità al nucleo. Quasi tutto ciò che ho imparato nella mia vita, in un modo o nell’altro, è stato grazie alla musica.
Credo che nella tua carriera, nonostante tu abbia fatto cose differenti, ci sia una sorta di linea di congiunzione che attraversa tutti i tuoi lavori ed è rappresentata dai temi, dalle atmosfere spesso oscure, decadenti, malinconiche, fragili. Sensazioni che sembrano suggerire un profondo disagio nei confronti del mondo, una visione tragica e disillusa di esso. Credi che sia vero? Da chi o cosa originano questi sentimenti?
Questi sentimenti derivano dal fatto che sono un idealista. Noi abbiamo fallito ed è difficile poter avere una visione della perfezione che è inevitabilmente macchiata dalla realtà. Il nostro intero mondo è fottuto per un migliaio di queste persone così oscenamente avide. Ma derivano anche dal fatto che noi falliamo, personalmente e come società ed è tragico, la vita è tragica ma, detto questo, c’è da aggiungere che attualmente sono tranquillo, una persona felice, mi piace ridere come qualsiasi altra persona. Ho esternato molta della mia malinconia personale attraverso la mia musica e ovviamente gridare sul palco ti permette di buttare fuori un sacco di merda ed è un buon modo per sbarazzarsi dell’angoscia esistenziale. Essere vivi fa male, è quasi un dolore continuo, tanto stress e paura e, tuttavia, è pure magico e bellissimo e questo paradosso è una tragedia. Forse tendo a pensare troppo a questa cosa ma il non pensarci proprio finisce nell’essere affamati per il fottuto X Factor e le soap opera.
Hai iniziato con l’elettronica e poi hai usato tantissimi strumenti classici e tradizionali, spesso collocandoli in contesti nemmeno poi tanto lontani da quelli in cui essi stessi nascono. Qual è oggi la tua relazione con gli strumenti classici e con quelli elettronici? E come puoi legare nella tua musica questi due campi che, almeno all’apparenza, sembrano così distanti?
La cosa che preferisco fare è suonare la chitarra classica, è una cosa molto diretta e bellissima. Mi piace molto programmare ma è lontano mille miglia dal piacere che si prova suonando semplicemente qualcosa su una chitarra. La musica è tutta onnicomprensiva, non ci sono regole, soltanto le regole che imponi a te stesso, non c’è una ragione per cui puoi prendere una nota di piano o una voce e stiracchiarla, sformarla, rovesciarla, trovare qualcosa di nascosto in loro che non sarebbe mai stato ascoltato se tu non l’avessi provata. Personalmente non mi piacciono molto i suoni puramente digitali, perciò solitamente i suoni di batteria che tendo ad usare sono presi da kit di batteria veri.
Sei nato a Bristol, un posto davvero prolifico musicalmente soprattutto a metà degli anni ’90, ma è in Francia che hai avviato il tuo nuovo progetto musicale a nome Matt Elliott. In che modo credi che i posti possano influenzare la tua musica e il processo di creazione?
È sempre difficile sapere esattamente quanta influenza abbia avuto il fatto che mi sono spostato in Francia perché non posso sapere se avrei ugualmente composto la stessa musica pur stando a Bristol. Sono successe un sacco di cose a quel tempo. Molte di queste mi hanno influenzato. Poi ci sono certi vantaggi, per esempio il fatto che io non ho vicini di casa, per questo posso fare casino, gridare, suonare la batteria giorno e notte e questo mi ha permesso di fare esperimenti che magari non avrei potuto fare con dei vicini di casa. Ad ogni modo è davvero impossibile dire qualcosa con esattezza a riguardo, di certo sono davvero orgoglioso di essere cresciuto nella Bristol di quei tempi.
Credi che tornerai dal vivo con i Third Eye Foundation?
Abbiamo alcuni concerti programmati. E’ sempre difficile fare un concerto di elettronica dal vivo perché è impossibile suonarla del tutto, ma ci proveremo io, Chris Cole, Louis Chapelier, Chris Adams e mischieremo un po’ di strumenti reali con la programmazione dal vivo e i samples e suonerà tutto fottutamente bene e forte.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Credi che il progetto Matt Elliott sia terminato col ciclo delle Songs?
Sto lavorando ad un nuovo disco a nome Matt Elliott. A questo punto non ci sarà più alcun disco dei Third Eye Foundation.