Confesso: fino a qualche anno fa P.J. Harvey era poco più di un nome per me, un’illustre sconosciuta. E come capita per gli appuntamenti importanti della mia vita non ricordo come l’ho conosciuta, come mi sono avvicinata a lei. Ma comunque sia avvenuto il nostro primo incontro so che è stato un colpo di fulmine, un’attrazione irrimediabile che si alimenta all’uscita di ogni disco, ad ogni nuovo lavoro. Ed è talmente forte quello che riesce a trasmettermi che ne sono quasi gelosa e possessiva. Voglio ascoltarla da sola PJ, voglio godere in solitudine della sua musica, della sua voce, della carica vitale che trasmette. Voglio essere trasportata dai suoi racconti, dalla capacità che ha di aprirti il cuore e qualche volta di farti anche molto male. Se in White Chalk mi aveva colpito la sofferenza sottile, acuta e personalissima e in A woman a man walked by era stata invece la carica erotica, lo spirito primordiale della musica e della voce di PJ e Jonh Parish, in questo Let England Shake lei si fa portavoce di una sofferenza universale, condivisa. Ad ogni disco ha indossato abiti differenti, in ogni album ha interpretato un personaggio diverso: è stata il fantasma di una donna che intona il suo canto d’amore perduto( White Chalk), poi uno sciamano che compie riti propiziatori (A woman a man walked by). Oggi è come gli antichi poeti che seguivano gli eserciti per alleviare le sofferenze e le preoccupazioni dei soldati. Testimoni di una terribile realtà che però, per mestiere e con mestiere, riescono a guardare con distacco e a trasmetterla come se fosse lontana, irreale. Musicalmente questo si concretizza in testi crudi e crudeli che si accompagnano a melodie tutt’altro che tetre e funeree e ad una voce molto più limpida e chiara rispetto ai due lavori precedenti. Un contrasto che domina tutto il disco.
A cominciare dalla titletrack che diventa attualissima alla luce dei fatti più recenti: “The West’s asleep. Let England shake, weighted down with silent dead. I fear our blood won’t rise again.” Cosa scuote l’Inghilterra, cosa scuote l’occidente? Il ritmo è apparentemente semplice ma la sua ossessività, la ripetitività del motivo principale trasmettono un senso si angoscia molto intenso. La nostalgia della patria sembra essere al centro di Last Living Rose, canzone bellissima. “Goddamn’ Europeans! Take me back to beautiful England (…) Let me watch night fall on the river, the moon rise up and turn to silver, the sky move, the ocean shimmer, the hedge shake, the last living rose quive”. Il testo è poesia accompagnata da musica. Sprezzante e ironica è invece The Glourious Land, fin dall’intro con lo squillo di tromba che segue la musica. L’ironia diventa irriverenza nel capolavoro che è The Words that Maketh Murder. Riesco ad immaginarla PJ vestita in divisa militare, la bandiera inglese sulle spalle alla guida di un corteo. Al seguito la banda che suona il canto di vittoria e mentre gli spettatori si preparano ad intonare una canzone gioiosa ecco PJ che li colpisce, che li sferza con queste terribili parole: “I’ve seen and done things I want to forget; I’ve seen soldiers fall like lumps of meat, Blown and shot out beyond belief. Arms and legs were in the trees”. Frusta, colpisce e affonda PJ quando ci ricorda che la morte è in ogni cosa, che riguarda tutti. All And Everyone. Siamo nel punto più alto del disco. La melodia e la voce della Harvey sono dolci e suadenti, sono morbide, senza cattiveria o rabbia. Semplice e dolorosa constatazione: la morte è ovunque, la morte è nel sorgere del sole. On Battleship Hill si avvicina di più alle sonorità di Withe chalk soprattutto nell’assottigliarsi della voce di PJ Harvey e nella rievocazione di quelle atmosfere vittoriane. Il disco si chiude con un brano di speranza, The Colours of The Earth, in duetto con Jonh Parish, presentissimo anche in questo lavoro come co-produttore ma anche come musicista e ai cori in molti brani.
PJ Harvey è una grande artista ed è una grande donna. Questo disco è un capolavoro.
Credits
Label: Universal Island Record/ 2010
Line-up: PJ Harvey (vocals, autoharp, saxophone, guitar, zither, violin) – John Parish (drums, trombone, xylophone, mellotron , rhodes, guitar, vocals, percussion) – Mick Harvey (piano, bass harmonica, drums, organ, vocals, rhodes, bass, percussion, guitar, xylophone) – Jean-Marc Butty (drums, vocals). Additional vocals on tracks 8 and 12 by Sammy Hurden, Greta Berlin and Lucy Roberts
Tracklist:
- Let England Shake
- The Last Living Rose
- The Glorious Land
- The Words That Maketh Murde
- All and Everyone
- On Battleship hill
- England
- The Dark Places
- Bitter Branches
- Hanging In The Wire
- Written On Forehead
- The Colours of The Earth
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