Parma è una città che non ho mai imparato a conoscere. Sarà colpa dei troppi sensi unici o semplicemente della mia pigrizia mentale, fatto sta che ogni volta che devo andarci mi munisco di cartine manco dovessi fare una spedizione al Polo Nord e parto sicura di perdermi comunque. Ma quando ne vale la pena non è un male neanche perdersi: i Numero6 fanno tappa col loro I love you fortissimo Tour nella città di Verdi giusto tre giorni dopo il mio compleanno. Mi faccio un bel regalo e decido di farlo anche a mia sorella, alla quale sto insegnando il gusto per la Musica, quella da scoprire e ricercare.
Dopo giri infiniti intorno alla stessa rotonda, deviazioni e strade chiuse a causa di Parma-Inter, una sosta in un bar con avventori al quanto improbabili che cercano di darmi indicazioni in un dialetto incomprensibile (ma non siamo sempre in Emilia?), finalmente arriviamo al circolo Giovane Italia. Aspettiamo pazienti che la partita e i suoi seguaci liberino la stanza e verso le 23.00 la band di Bitossi entra in scena. L’apertura è affidata al brano Al cuore della storia, tratto dall’album Dovessi mai svegliarmi del 2006. “Un’emergenza fa di me/Il solito impulsivo che/desidera esternare senza troppi filtri le sue idee” (200 mg da I love you fortissimo del 2010) Ed è proprio quest’emergenza, questi filtri mancanti che rendono unica la musica dei Numero6: la band genovese ci presenta il suo pop-rock senza troppi fronzoli, su un tappeto che funge da palco ed invitandoci ad avvicinarci, a superare tutte le barriere. “Non resta che ammetterlo/mi sento benissimo” (Automatici) ed è esattamente questa la sensazione che provo lì, nel mio angolino a due passi dai musicisti. La musica dei Numero6 ha la capacità da farti stare bene, di cullarti. I testi di Bitossi riescono a raccontare la durezza della vita quotidiana, ma sempre con quel senso di leggerezza perché “senza l’ironia non esiste via scorgi alternative?” (Il regno dei no). La rockeggiante Vinavil ci fa battere i piedi, “sognando che sia già/così facile dotarsi di una pelle in più”. Scorrono i brani e mi rendo conto che questa serata era quello che ci voleva per soddisfare “l’infinito desiderio di risvegliarsi leggeri” (Più di un’esigenza) che mi portavo dentro da giorni. Ancora un excursus nel recente passato della band col brano Da piccolissimi pezzi per poi tornare al presente con Wimbledon. Nello scorrere del live trova spazio anche la bellissima Le cose succedono dei Nome, band con cui collaborano Michele Bitossi e Stefano Piccardo. “Aspetto ogni giorno un tuo errore /una caduta di stile” (Aspetto, dall’Ep Quando arriva la gente si sente meglio del 2008) e invece no, stasera non ci sono cadute di stile o errori: il live dei Numero6 scorre via perfettamente. “La stabilità ci uccide insieme come fa il gas” il brano La stabilità è il prescelto per portare sul palco un po’ di note tratte dal primo album dei Numero6, Iononsono del 2003. Galleggiando su Navi stanche di burrasca, con quel suo splendido testo scritto da Enrico Brizzi, la band ci porta a scoprire La purezza di Veronica che “muore sopra a un divanetto/in discoteca”. La serata procede con la leggerezza che solo la musica dei Numero6 sa regalarti. La band sul palco è davvero ben assestata e il quartetto sa attirare l’attenzione anche di chi si trova per caso ad entrare nel locale. Le note di Un finale rocambolesco precedono quelle di Maledetta. Bitossi ci annuncia che questo sarà l’ultimo brano, a causa di non so quali restrizioni non possono andare oltre mezzanotte, ma l’orologio ci dice che c’è ancora tempo per un paio di brani. I prescelti sono Dell’inadeguatezza e Chiederti scusa, dopo di che la band ci saluta e lascia il palco. Uscendo dal locale mi rimane in bocca una sensazione buona, un senso di liberazione, come se tutta la pesantezza della vita e dei suoi schemi fosse stata cacciata e le note avessero preso il suo posto. Un live dei Numero6 è questo: una pausa di serenità che chi non è arrivato a Parma si è perso. (Foto di Katia Arduini)
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