E’ stato tour manager per la Mescal e quindi di band del calibro di Afterhours, Modena City Ramblers, Mau Mau, Cristina Donà, La Crus, Massimo Volume, Bluvertigo, Morgan, Subsonica, La Sintesi, Perturbazione, Bandabardò. E’ stato dietro le quinte della macchina Tora! Tora! Festival. Ora è uno dei soci-fondatori di Estragon, una delle agenzie di booking più importanti in Italia. Per LostHighways è stato un onore poterlo intervistare perché i suoi occhi e le sue orecchie hanno visto e ascoltato il meglio della musica indipendente italiana degli ultimi vent’anni.
La prima volta che ti ho incontrato è stato anni fa: verificavi l’organizzazione del palco degli Afterhours. Potresti descrivere il mestiere di direttore della produzione di un tour? I suoi pregi ed i suoi difetti?
Ho lavorato per diversi anni a Nizza Monferrato (AT) alla Mescal occupandomi del booking di tanti artisti e spesso mi trovavo anche a seguire la produzione dei tour e magari anche a fare il tour manager… insomma seguire la produzione mi ha sempre affascinato e divertito anche se spesso è molto faticoso perché devi mantenere tutti i rapporti con artisti, turnisti e tecnici e il lavoro da svolgere è davvero tantissimo. Credo ad ogni modo che sia importante fare diverse esperienze sul campo nel mio lavoro, proprio per cercare di capire di più come e cosa fare per ottenere buoni risultati.
Avendo vissuto i tour di molte band dell’underground italiano degli anni d’oro (Afterhours, Modena City Ramblers, Mau Mau, Cristina Donà, La Crus, Massimo Volume, Bluvertigo, Morgan, Subsonica, La Sintesi, Perturbazione, Bandabardò), pensi che una scena di tale tipo possa mai ritornare con le nuove band emergenti attuali?
Dalla fine del Tora! Tora! Festival che è stato secondo me la degna conclusione di dieci anni d’oro per la nuova scena italiana c’è stato un periodo di stasi ma credo che ora i nuovi gruppi italiani (e non parlo solo di quelli che c’erano nei ’90) stiano producendo buone cose ed emergendo molto bene. E’ vero che non esiste ancora una nuova scena ma credo che a breve ci si renderà conto che qualcosa sta effettivamente avvenendo… non voglio dare anticipazioni ma penso che il movimento musicale italiano “alternative” sia pronto ad emergere di nuovo.
Molto spesso quando ci sono band italiane che propongono un bel rock cantato in inglese ho visto consigliare il tuo nome per inviare la demo. Quanto credi nel rock cantato in inglese dalle giovani band italiane? Quali band proporresti all’attenzione ora?
Credo che un musicista possa esprimersi come crede e che se ha qualità queste saranno immediatamente visibili a molti, il talento per me non si discute quando è percepibile. Certo oggi ci vuole tanto e duro lavoro per una band per essere speciale, forse chi canta in italiano è avvantaggiato sul pubblico italiano e chi canta in inglese fatica di più a farsi un proprio pubblico. Ultimamente ci sono molte band interessanti che vorrei segnalare: Heike Has The Giggles e Young Wrists in primis, dai suoni freschi, dolci ed aggressivi, altri come (M+A) ed Aucan, ma i nomi che potrei fare sono davvero tanti.
Tu hai studiato all’Università di Bologna. Il primo aneddoto connesso alla musica che ti viene in mente di quel periodo?
Fin dai tempi del liceo vivevo per andare a vedere tutti i concerti in zona Emila-Romagna, sia di italiani che di stranieri e arrivato a Bologna mi sono davvero trovato immerso in mille possibilità di vedere live. In questo modo conoscevo molti artisti e molte persone del settore, inoltre ho elaborato una tesi di laurea in scienze politico-sociali (tecniche di ricerca sociale) facendo un censimento di tutti i gruppi rock romagnoli a mezzo interviste e questionari. Poco prima di laurearmi ecco che i Mau Mau, che avevo conosciuto in giro ai loro concerti, mi chiesero di fare il loro tour manager (non sapevo nemmeno che cosa volesse dire a quel tempo) e dal giorno alla notte decisi di partire con loro per un tour in Francia. Di lì poi tutto è cominciato passando per i La Crus e la Mescal e poi ancora Estragon.
Hai partecipato all’organizzazione del famoso Tora! Tora! Festival che doveva cercare una sinergia tra i vari gruppi italiani per proporsi come alternativa al filtro mainstream. Diciamo che quel discorso è stato ripreso dal progetto Il paese è reale. Cosa pensi dell’esito di tali tentativi di unificare artisti sotto un movimento, un’idea? E’ possibile una tale proposta soprattutto nell’ambiente underground italiano?
Sì, credo sia possibile perché alla fine in molti si conoscono e si rispettano anche se spesso la poca lungimiranza di manager, discografici ed agenti di booking, non permette loro di agire per il meglio. L’unica parsona che ha cercato di unire per davvero una scena (che per altro era palpabile e alla luce degli occhi) è stato Manuel Agnelli ai tempi del Tora! Tora! cercando di coinvolgere davvero tanti bei progetti. Vi assicuro poi che il mio lavoro di raccordo dietro le quinte è stato davvero difficile per far andare avanti le cose al meglio. Abbiamo realizzato serate davvero incredibili dove tutti in primis si divertivano nel fare il proprio lavoro. Certo non si è riusciti a porrtarlo avanti per troppo tempo, soprattutto per mancanza di sponsorizzazioni. Il tentativo seguente credo sia stato più palpabile a livello discografico perché coincideva anche con la partecipazione a Sanremo degli Afterhours, è mancato il festival vero, cosa che secondo me in questo preciso momento storico invece avrebbe senso fare. Soprattutto noi che lavoriamo a contatto con tanti artisti sentiamo il bisogno di avere almeno un appuntamento importante, un festival per le band “alternative”, che continuano ad avere un buon pubblico nonostante i media diano spazio solo ai talent show spazzatura, e su questo sto lavorando con altre persone del mio settore, anche di agenzie concorrenti con le quali però siamo in sintonia sugli obiettivi da raggiungere.
Sei membro dell’organizzazione Network Europe (associazione di promoters e booking agent europei). Partecipi da anni a numerosi ed importanti appuntamenti per la musica dal vivo quali Eurosonic in Olanda, By:Larm in Norvegia, Popkomm in Germania, SXSW in USA, CMW in Canada per la musica pop/rock e Womex per la world music. In Italia, secondo te, appuntamenti live confrontabili a quelli stranieri esistono?
In Italia purtroppo non c’è la capacità di formulare ipotesi di lavoro comuni e di darsi strategie ed obiettivi comuni. In Italia esistono poche realtà aperte ai conttatti con gli stranieri ed il mondo internazionale: il MEI (onnivoro e onnicomprensivo di tutto quello che può inserire nel suo programma per fini più politici e commerciali che altro) cerca di essere un fulcro come Italia Wave che permette si dare visibilità a nuovi gruppi con le sue selezioni, ma che vive però un po’ ripiegato su se stesso e spesso non sta a seguire il lavoro ‘sporco’ degli agenti di booking come noi che siamo sempre sul campo. L’esperienza all’estero mi serve ed è servita ad aprire nuovi orizzonti ad avere nuovi input e soprattutto a far circolare meglio gli artisti su cui lavoriamo.
Nel 2007 hai fondato Estragon Lab, come procede quest’avventura?
Procede molto bene in sinergia con l’Estragon Club ed ora anche l’Osteria Estragon: cresciamo piano piano e ci togliamo le nostre piccole soddisfazioni. L’agenzia lavora con tanti gruppi italiani di qualità: Africa Unite, Amor Fou, Bachi da Pietra, Bologna Violenta, Figli di Madre Ignota, Heike Has The Giggles, JoyCut, Massimo Volume, Modena City Ramblers, Persiana Jones, Phone Jobs, Saluti Da Saturno, Skiantos, The Dub Sync, Nidi D’Arac, Mau Mau, Meg, Diva Scarlet, Moltheni, Ronin, Super Elastic Bubble Plastic e… alcuni progetti speciali davvero interessanti come “Songs with other strangers” oltre ad alcuni artisti stranieri Damo Suzuki, Tape the radio, La Pegatina, Muchachito Bombo Infierno etc. Certo non siamo tantissimi nello staff e lavoriamo davvero 24 ore al giorno per stare dietro a tutto e tutti… cerchiamo di essere sempre pronti ad ogni evenienza e di essere in sintonia con gli artisti con cui lavoriamo, ci diamo obiettivi e cerchiamo di raggiungerli.
La vendita dei concerti. Alcune volte delle band girano poco ed altre tanto. Quelle che girano poco molto spesso sono quelle più valide, molto spesso i costi delle loro date non sono proporzionati al pubblico che va ai loro concerti ed ecco che scatta l’ostruzionismo dei locali verso tali progetti. Ci sono modi per evitare di far scomparire band valide a causa di queste dinamiche?
Molto dipende da come lavorano i club che fanno suonare le band dal vivo. Se si riesce a stringere una sinergia tra noi e loro di solito i gruppi validi rimangono in circolazione creandosi una fan base solida che gli permettere di crescere. Certo il problema, se andiamo a fondo, non è dei club ma dei media che spesso non danno risalto alle band emergenti valide.
Quanto lo stato italiano investe per la cultura e quindi per gli eventi live? Perché un gruppo di ragazzi per organizzare un evento live nel loro comune devono fare i salti mortali? Molto spesso vedo festival al sud che sono stretti in una strana morsa tra le agenzie di booking e gli assessori comunali/provinciali di turno. Tutto ciò non fa molto male allo spirito di iniziativa giovanile?
Ci sono molti piccoli festival e belle realtà giovanili che organizzano bene e con voglia nella nostra penisola ma quando si incomincia a diventare troppo grandi allora le istituzioni non aiutano a dovere. In questi ultimi anni molti sono i festival che non esistono più ma vedo comunque che ne nascono di nuovi anche se le difficoltà crescono. Spesso non si hanno agevolazioni e/o contributi per portare avanti le cose e per questo i piccoli festival muoiono.
Hai detto che il più bel disco del 2010 è stato quello dei Massimo Volume. Perché tale scelta?
Perché li conosco da tanto tempo, sono bravissimi, interpretano nel migliore dei modi lo spirito di questi anni, Mimì è diventato uno scrittore bravissimo ed i suoi testi sono molto intensi ed inseriti in un contesto musicale perfetto. Il loro album Cattive Abitudini rimarrà a lungo come uno dei migliori album rock mai realizzati da band del nostro paese.