Plagiarism è il secondo disco di una band che è un duo, ma non sembra. Un disco che non è solo un normale album. Un suono che non è solito. Un progetto tanto sfacciato quanto ambizioso, che ci incuriosisce e ci appassiona.
Alcune domande agli Ex.Wave (Luca D’Alberto e Lorenzo Materazzo) ci aiuteranno a capire meglio come si può dall’Abruzzo arrivare a suonare con i Deep Purple, duettare con la sorella di Neil Young (Astrid), incidere una cover di Poker Face ed avere alle spalle studi ed esperienze di musica classica. Quello degli ExWave è un progetto che segna il tempo ed i suoi mutamenti, di un modo di fare e fruire la musica che prima o poi in Italia, deve cambiare.
Innanzitutto parliamo dei tempi che hanno portato alla nascita di quest’ultimo album: il precedente Apri gli occhi è datato gennaio 2009 ma nel periodo trascorso cosa è successo? Quanto di questo tempo effettivamente è stato dedicato a Plagiarism e quanto invece (e da cosa) gli è stato rubato?
I due anni trascorsi da Apri gli occhi sono stati dedicati quasi esclusivamente a Plagiarism, addirittura alcuni brani contenuti in questo disco erano stati “abbozzati” prima del nostro album d’esordio. Non abbiamo avuto fretta nel lavoro di composizione e in quello, ancor più lungo, di rielaborazione dei brani. Il più grande stimolo nel periodo intercorso tra i due dischi è arrivato dalle collaborazioni con grandi nomi del panorama musicale internazionale quali Alan Wilder (Depeche Mode/Recoil), i Deep Purple, Astrid Young (sorella di Neil), Mike Garson, The Electronic Conspiracy e molti altri: ricevere complimenti e consigli da musicisti del genere può dare una marcia in più.
Rispetto al precedente, le differenze sono sostanziali: certe sonorità “algide” non sono andate perse ma si sono combinate massicciamente all’elettronica. Questa importante componente è cresciuta con voi o già faceva parte degli Ex.Wave ma nel primo album è stata semplicemente “limitata”?
Sicuramente è cresciuta con noi. In Plagiarism abbiamo cercato di effettuare una sintesi tra il mondo classico e quello elettronico. Era la via già intrapresa con Apri gli occhi, ma con questo secondo album siamo riusciti a spingerci oltre, creando un sound di difficile definizione, non standardizzato come quello della maggior parte dei gruppi. La nostra ricerca ci ha portato a toccare generi musicali anche molto distanti tra loro, lasciandoci liberi dai vincoli che caratterizzano il mondo accademico e il risultato è stato sorprendente.
Nel vostro sito si può leggere una frase che fa un riferimento combinato alle emozioni più profonde che si possono vivere, ed al contempo alla volontà di ballare. Per la nostra cultura c’è una forte divergenza tra queste due realtà: Plagiarism e gli Ex.Wave vogliono descrivere questa antitesi od annullarne le distanze?
È stata proprio questa antitesi ad affascinarci, guidandoci nella composizione del disco. La musica dovrebbe rispecchiare la vita dell’artista che la scrive, non essere un prodotto creato a tavolino; per questo Plagiarism ha molte sfaccettature ed è carico di sentimenti contrastanti che rispecchiano i mille colori delle nostre vite.
Un’altra grande novità del disco è ovviamente la voce questa volta molto più presente. Astrid Young è un’ospite d’eccezione in un brano incantevole (Wonderland); come è nata la collaborazione?
È stata Astrid a contattarci perché facessimo alcuni arrangiamenti dei suoi brani, poi è stata così contenta del nostro lavoro che si è offerta di prestare la sua splendida voce al brano.
Due parole sul resto delle voci: sono tutte reali o ci sono anche campionamenti? Nell’esecuzione dal vivo come vi comportate?
Ci sono alcuni campionamenti, ma sono così elaborati da risultare voci nuove, mai ascoltate prima. Il lavoro che attualmente stiamo facendo sulle voci, mentre prepariamo il live per il tour autunnale, consiste nell’utilizzare più microfoni contemporaneamente con effetti diversi, al fine di ricreare quel particolare sound elettronico che caratterizza il disco.
In Plagiarism è stato scelto di inserire anche due cover: Poker face e My body is a cage rappresentano ancora una volta l’annullamento del confine che può esistere tra Lady Gaga e gli Arcade Fire. Perchè la scelta di questi brani e cosa rappresentano per voi?
È stata una sfida: riuscire a creare sia una cover di un brano ben adattabile al nostro stile (My body is a cage) sia una versione di un brano molto distante da noi (Poker face). In quest’ultimo caso abbiamo pensato un arrangiamento in chiave dark, in cui il ritmo più lento e martellante crea un’atmosfera cupa in antitesi con l’originale. Scegliere due cover così diverse è stata una mossa in più per sottolineare che in questo nostro album non ci sono barriere stilistiche.
La scelta di questi brani vuole essere anche un appiglio per un “mercato” estero?
Non propriamente: ci rivolgiamo anche a un mercato estero, ma le cover non sono state pensate con questo scopo. Come ha notato Aldo Bassi della Barley Arts (la nostra agenzia di booking), subito dopo aver ascoltato Plagiarism, è proprio il nostro sound, sospeso tra classica ed elettronica, ad avvicinarci molto al mercato estero.
Oltre a questi due riferimenti musicali, la copertina del disco la dice lunga (o forse no?) riguardo alle vostre influenze. Da Thom Yorke a Keith Flint dei Prodigy passando per Freddy Mercury, e molti altri. Inoltre la copertina è composta da una grafica che si rifà allo stile della pop-art: può essere questa una chiave di lettura del disco? Un progetto di ascesa popolare, un cut-up di stili ed immagini, una volontà di apparire come uno specchio frantumato che riflette centinaia di immagini?
I personaggi in copertina sono solo alcuni di quelli che ci hanno influenzato nel corso degli anni. Da un punto di vista concettuale siamo distanti dalla pop-art; semplicemente da un punto di vista grafico ci sembrava adatta a rendere in immagini il nostro disco, fatto di influenze e rimandi. Tuttavia non sarebbe giusto parlare di citazionismo nella nostra musica: Plagiarism è per noi la nascita di una nuova filosofia, in cui per arrivare a creare un linguaggio nuovo bisogna guardare i propri artisti di riferimento con un occhio distaccato, cogliendo solo gli input, senza addentrarsi troppo nel loro stile.
Questo disco può vantare una promozione molto più potente e capillare di quanto sia stato fatto per il precedente album. Significa che qualcuno ha davvero “aperto gli occhi” e ora sta puntando su di voi?
Il più grande dei nostri ringraziamenti va a Riccardo Vitanza, lui prima di tutti ha aperto gli occhi e ora è da lui che parte ogni cosa. Un ringraziamento particolare per aver creduto nel nostro progetto va anche a Patrizio Visco, a Ilaria Boccardi e tutto lo staff di Parole e Dintorni, alla Sony e alla nostra agenzia di concerti Barley Arts.
Voi provenite da studi e lavori in ambiente classico: come si fa a rompere il muro che divide il mondo della musica classica e quello dell’elettronica, del rock e del pop? Come ci si guarda tra chi è di qua e di là dal muro?
È vero, spesso è necessario abbattere molte barriere per muoversi in ambiti musicali così diversi. A noi però piace vedere la cosa diversamente: abbiamo scoperto un universo musicale tutto nuovo, senza rinnegare le nostre origini e senza alcun preconcetto nei confronti dei più diversi generi musicali. Plagiarism è ciò che abbiamo trovato, non ciò che cercavamo. Per questo ci piace.
Ora uno sforzo di immaginazione. Camminate per le strade di una grande città italiana; in tasca avete una sola copia del vostro disco: tra tutta la gente che incrociate nel vostro cammino, a chi vorreste regalarla e perchè?
A nessuno. La lasceremmo su una panchina, sperando di attirare l’attenzione di qualcuno, di farlo appassionare alla nostra musica, di dar vita così a un passaparola.
Glenn Gould is Alive – Video
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