Contronatura è un disco d’esordio solo perché è il primo per Luciano De Blasi e i Sui generis, ma ha già in sé la forza del vero cantautorato, quello di chi ha veramente qualcosa da dire e lo fa in maniera implacabile. Basta un primo ascolto per avere l’impressione di una manifestazione improvvisa di pensieri che si sono cercati a lungo nei silenzi e, una volta fuori per necessità, non possono che avere un ritmo incalzante e spesso travolgente. Ho avuto il piacere di approfondire il progetto di Luciano De Blasi e i Sui Generis. nel corso di un’interessante intervista. (Contronatura è in streaming autorizzato)
Tra le cose che mi hanno colpita di questo album c’è il fatto che ruota tutto attorno allo stesso argomento : noi siamo sempre in conflitto tra ciò che scegliamo di essere, dal campionario delle mete rassicuranti, e ciò che invece siamo veramente e che è meno facile da realizzare. L’album nasce volutamente attorno a questa idea oppure, scrivendo, vi siete accorti che c’era un pensiero ricorrente?
L’album è frutto di anni e anni di canzoni e racchiude brani nuovi e brani che tra di noi consideriamo orami dei “classici”, quindi non lo si può certo definire un concept. Quello però di cui ci si è accorti alla fine di questo lavoro era proprio la presenza di questo grande tema unificatore, un unico sintomo che affiorava e riaffiorava tra le storie diverse raccontate nei nostri pezzi.
Viene da chiedersi di cos’altro si occupano Luciano De Blasi, Fabio Menegatti, Alessandro Anselmo, Luca Ruella e Francesco Pezzali e soprattutto, se non si dedicano alla loro natura a tempo pieno, come hanno fatto a dar vita ad un album che lascia trasparire un lavoro non indifferente…
Innanzitutto noi ci dedichiamo a tempo pieno alla nostra natura. Il fatto che, incidentalmente, tre di noi siano anche medici, non fa altro che dare ancora più energia alla creatività notturna.
Ho avuto il piacere di assistere, qui a Torino, a qualche puntata di “Il salotto di Mao” di cui siete ospiti fissi e so che Luciano De Blasi ha fondato insieme ad Ilario Rosso MINORANZA D’AUTORE. Due progetti che hanno qualcosa in comune…
Minoranza d’Autore è un collettivo di cantautori. Io e Ilario lo abbiamo fondato perché non potevamo farne a meno, ci sembrava l’unico modo possibile di affrontare la “simpatica” situazione discografica in cui ci troviamo. Inoltre qui a Torino i giovani cantautori sono tantissimi e tutti molto interessanti e, unire le forze, non solo ha aumentato le nostre possibilità, ma ha creato una miriade di collaborazioni, come ad esempio quella con Mao e il suo Salotto, oppure quella con Sounday che è diventata la nostra etichetta.
La canzone che più mi corrisponde di Contronatura è l’Illuminato, non perché io sia tale, ma perché “devo scegliere le mie parole giuste, purché siano poche o altrimenti non saranno molto oneste, finché non le trovo non capisco quello che sta succedendo”. Insomma, per capire e capirsi, per essere giusti, riflettere sulle parole è importante, per tutti… Peraltro il vostro album mostra una gran cura per la parola…
O per la parolaccia. D’altra parte si tratta di canzone d’autore e i testi sono il cardine di questo tipo di musica. Come si può notare il nostro stile è meno ermetico di quello di De Gregori però credo che il periodo storico ci imponga d’essere diretti, cazzo!
L’album è stato prodotto da Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele dei Perturbazione. Come è nata la collaborazione con loro e quale impronta hanno lasciato nel vostro lavoro?
Abbiamo conosciuto i Perturbazione sempre grazie ai contatti maturati nell’ambito del collettivo Minoranza d’Autore. La loro produzione artistica è stata determinante per dare al nostro lavoro una dimensione professionale. Gigi e Cristiano sono stati molto abili nel darci i consigli giusti senza però intaccare minimamente il nostro stile, decisamente più grezzo e ruspante rispetto al loro.
Ascoltando il disco mi sono venuti in mente Dylan, De Andrè e Conte. Quali cantautori sono nella natura di Luciano De Blasi e I sui Generis?
E’ come dire a un prete che le sue parole ricordano quelle di Dio. Chiaramente veniamo da quella scuola, è però necessario aggiungere il nome di Gaber, indiscutibilmente il più lucido tra tutti i cantautori italiani. E poi, visto che siamo torinesi, non dimentichiamo il grande Fred Buscaglione.
In conclusione, possiamo dire che andare contro natura significa semplicemente non essere uomini? O essere uomini orribili, per riprendere il titolo di una vostra canzone. Ad un certo punto ci si dimentica “come si deve amare”, di “alberi viola”, di “erba e cemento bagnati da amori possibili”, di chiedere perdono…
E chi vuol essere un uomo non orribile? Siamo realisti, si fa quel che si può. Finché essere “uomini orribili” vorrà dire fare ciò che ci piace, anche se non rientriamo completamente nell’ortodosso, direi che va bene così.