Li avevamo incontrati pochi mesi fa, a maggio. Ci avevano parlato dell’ep che precedeva l’album a venire, di nuovi progetti e del percorso che li aveva portati a realizzarli. Mantenuta la promessa, Mountain Whales degli Amycanbe è uscito il 22 ottobre e abbiamo il piacere di tornare a fare altre quattro chiacchere con loro sull’ennesimo obiettivo raggiunto. (Ask me è in streaming autorizzato)
Come avete scelto il nome dell’album? Da dove nasce?
Mattia: Eravamo sulle montagne di Cesena! Una sera Marco e Mattia stavano sperimentando dei nuovi suoni, un po’ strani, e io ascoltandoli ho detto “sembrano i versi delle balene”. Ecco così Mountain Whales .
Cosa c’è di differente in quest’album rispetto ai precedenti lavori? In cosa la vostra musica è cambiata e quali sono invece i tratti comuni?
Mattia: Ci siamo lasciati andare un po’ di più. La scrittura è forse più matura, i suoni sono più curati. Sarà perché è nuovo, ma a me sembra riuscito molto meglio rispetto al precedente..
Diciamo che non ci siamo dati limiti negli arrangiamenti e nell’utilizzo degli strumenti/soluzioni, come abbiamo fatto magari in passato.
Nella vostra bio citate grandi artisti, di generi totalmente differenti, tra le vostre influenze. Ad esempio, in cosa vi ispirate a Nick Drake e quanto conta nella vostra musica l’ascendente di Aphex Twin?
Mattia: Nick Drake non era certo un esempio di persona allegra. Nel bene e nel male la sua visione ha permeato la mia/nostra adolescenza musicale, e forse anche da lui arriva la malinconia che permea alcuni nostri pezzi. Io lo amo particolarmente, non mi stanca mai la magia che trasmettono le sue canzoni, in equilibrio perfetto tra atmosfere buie e melodie perfette.
Aphex Twin. Odio/amore, è stata un’infatuazione (relativamente) più recente, sono arrivato a lui tramite ascolti di Radiohead, da lì ho scoperto un mondo di musica elettronica che ha in parte influenzato il mio modo di comporre, pur non potendomi certo ritenere un programmatore o conoscitore di software.
Avete annunciato che sarete in tour fino alla prossima primavera, quali punti dell’Italia toccherete? Ci sono in programma anche date all’estero?
Mattia: Tutti quelli che saranno raggiungibili! Siamo appena tornati da un mini-tour tra Campania-Puglia-Lazio. Poi Lombardia, e si riprende a Gennaio con date in Emilia e Marche
A proposito di tour, c’è qualche data dei vostri concerti che vi è rimasta particolarmente impressa? Se sì, per quale motivo?
Mattia: Tra quelle recenti, mi è piaciuta molto quella ad Acquaviva delle Fonti. Ci siamo davvero divertiti e il pubblico è sempre calorosissimo da quelle parti.
Qual è stato l’ultimo album ascoltato che vi ha colpito particolarmente?
Mattia: Parlando di “novità”, sicuramente The Whole Love, l’ultimo dei Wilco, mentre scavando tra i tesori dimenticati, Fina Estampa di Caetano Veloso.
Ho due domande in particolare per Francesca. La prima: i testi sono tutti scritti da te, a cosa ti ispiri per farlo?
Francesca: Sì, scrivo tutto io. Ovviamente il lavoro su Gertrude Stein è partito dal suo testo e più in generale dai suoi romanzi. Tendenzialmente mi condizionano molto quello che leggo, le frasi che sento dire alla gente, le notizie sul giornale, quello che ci succede quotidianamente. Uso tanto anche le storie che mi raccontano. Credo a tutto quindi il coinvolgimento è sicuramente maggiore quando qualcuno mi racconta qualcosa!
La seconda è questa: hai riferimenti letterari quando scrivi? E chi sono gli scrittori che ami di più?
Francesca: Riferimenti precisi non ci sono. Leggo moltissimo ed è una cosa che amo molto fin da quando ero piccola. Non passo mai giorni senza leggere. L’ultimo autore che mi ha condizionato l’esistenza è Arturo Bolano. Dopo aver letto il suo 2666 non sapevo come fare, avrei voluto leggerlo all’infinito quindi ho iniziato e leggere tutti i suoi romanzi! Ora è uscito il nuovo di Murakami e sto per andare in libreria a comprarlo! Ho appena finito Il Deserto dei Tartari di Buzzati che mi ha tenuta sospesa nel tempo… incredibile! Insomma…di tutto un po’ e amo lasciarmi condizionare e ispirare.
Ringraziandovi, vi chiedo di lasciarci con una parola che racchiuda il vostro disco.
“inDenso”