La domenica mattina è fatta per pensare, specialmente se gli occhi si aprono inspiegabilmente alle 6.30. Piuttosto che maledirsi per questa non voluta levataccia, meglio impiegare il tempo in modo proficuo: pensare.
Ancora nel letto, tra uno sbadiglio ed un braccio intorpidito, la mente corre verso l’ultimo pensiero della sera precedente, in questo caso alle ultime note ascoltate. La voce di Alberto Ferrari cantava Scegli me attraverso un video su YouTube; qualche sera fa, invece, i Verdena suonavano dal vivo al Vox Club di Nonantola.
I concerti nei paesi di provincia hanno sempre un fascino particolare: il viaggio, la nebbia, le strade deserte, il giungere, essere insieme a tanta gente che è arrivata “in” un luogo ed “intorno” ad una musica. Strano e diverso rispetto alla più consumistica città dove tutto è a portata di mano, o al massimo, di qualche passo.
In una società nella quale i cinquantenni vengono considerati giovani, io mi ritengo un pivellino, ma allora mi chiedo cos’ero ai tempi in cui mi avvicinavo ai primi concerti live, nei primi anni 2000.
Tra le primissime band che incontrai, guardando dal basso verso l’alto del palco, c’erano proprio i Verdena, allora giovanissimi (pivelli pure loro). Mi affascinavano tantissimo, incarnavano tutto quel furore giovanile senza capo né coda, senza motivo, senza perchè, issato in aria da tante mani sudate durante un concerto. Tutto questo erano Alberto, Luca e Roberta: quasi dei fratelli per il giovane pubblico, perchè la musica ad una certa età può essere più familiare di chi condivide con te un tetto ed ogni pasto della giornata. Ricordo la rabbia, l’energia da sfogare con salti ed urli. La musica, non c’era altro in quel momento (oltre al pensiero di “difendere” le amiche e la morosa dalle troppe spinte e gomitate dei più esagitati ai quali si rispondeva con la stessa moneta). Momenti sordi nel sentire. Anche questo molto strano, difficile da spiegare ma cicatrizzato nei ricordi migliori.
La sera del 7 Dicembre 2011 le cose erano diverse, ovviamente, anche la musica. Sempre loro e sempre diversi: anche chi li critica non può che accorgersi del viaggio parallelo di coerenza e creatività presente nella musica dei Verdena. Molti album, ep, brani pubblicati qua e là, sempre mutevoli, spiazzanti. Tutto ciò fa sì che un attuale concerto della band bergamasca risulti come un pattern schizoide, di quelle immagini che solo fissandole in un punto preciso dopo qualche secondo riesci a riconoscere una figura precisa, come per magia. Il punto da fissare in quella serata è stato il momento in cui Alberto ha smesso di suonare, è letteralmente schizzato: ha scosso la testa, ha lasciato cadere a terra la chitarra acustica, l’ha calciata, ha urlato verso i fonici, ha lanciato l’asciugamano, ha preso a calci altre cose dietro alla batteria di Luca e se ne è andato, mentre Roberta sorrideva. Quello è il punto da fissare. Ricordo scene analoghe in passato (per intenderci, quando erano pivelli). Un po’ è indubbiamente questione di carattere, ma c’è un’enorme differenza. Se prima, come ho detto, i Verdena incarnavano l’energia dei più giovani in ogni più cretina manifestazione, ora Alberto, Luca e Roberta sono cresciuti umanamente ed artisticamente, il pubblico è diverso. Di fronte al fatto di assistere si impone una riflessione. Ci sono i musicisti e gli artisti: due categorie estremamente differenti che a loro volta si dividono ulteriormente in base ai loro comportamenti. I primi prediligono la performance, possono incazzarsi per svariati motivi ma tentano sempre di “portare a casa” la serata; i secondi, e credo che Alberto rientri in questa categoria, non sempre si trattengono, perchè nel momento in cui sono sul palco, questi non vivono per la musica, ma è la musica che vive per loro. E credetemi, la differenza si nota.
Tanti brani dall’enorme e complesso WOW (Le scarpe volanti, Il nulla di O., E’ solo lunedì, Badea Blues, Nuova luce, Lui gareggia, Scegli me, Miglioramento, Loniterp), molti altri da Requiem (Non prendere l’Acme, Eugenio, Caños, Don Calisto), qualcosa, forse poco, da Il suicidio del samurai (40 secondi di niente, Logorrea, Elefante), un brano dal primissimo ed omonimo Verdena (Dentro Sharon) e pure brani un po’ più nascosti (tra i quali la bellissima Il tramonto degli stupidi).
Un concerto potente, come sempre spinto dalla precisa forza di Luca alla batteria e Roberta al basso, fondamentali ed enormemente cresciuti negli anni. Specialmente per i brani dall’ultimo album, la presenza di Omid Jazi (sintetizzatore, chitarra e cori) offre quell’avvolgente suono pieno che caratterizza gli ultimi Verdena.
E’ un piacere ritrovare una band a distanza di tanto tempo, vederla cambiata, cresciuta senza paura, e non aggrappata ad un solo target di pubblico. E’ bello immergersi, proprio grazie alla prova live, nella bellezza di un disco come WOW, e sentirsi battuti da una “marea che ha coperto le nostre teste”, torbida come i nostri pensieri cui solo la musica può dare un senso. (Foto di Emanuele Gessi)
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