C’è un legame tra musica popolare e musica classica? Possono convivere field-recordings, elettronica e violoncello? Si può viaggiare con la musica? Tutto sarà possibile se avrete la fortuna di percepire le sfumature di Green and Grey, ultimo lavoro di Julia Kent. Dopo le numerose collaborazioni, la violoncellista che accompagna la mirabile voce di Antony And The Johnsons ha realizzato questo secondo lavoro solista evidenziando un talento per composizioni sperimentali dove le suggestioni ambientali sono ottenute da un raffinato equilibrio di incroci tra approcci tradizionali e moderni. LostHighways non poteva non approfondire l’universo di questa magnifica artitsta.
Perchè Green and Grey è il titolo del tuo ultimo lavoro?
Il titolo è stato ispirato dal concetto di intersezioni tra il mondo naturale e quello creato dall’uomo, e i colori grigio e verde rappresentano per questi due mondi: è in primis un contrasto visuale tra vegetazione e asfalto. Questi colori possono anche simboleggiare transizioni temporali, tra epoche e tra stagioni. Io sento molto i periodi di transizione e me ne sono sempre interessata.
Violoncello, elettronica e field recordings, come crei i tuoi brani? Qual è il tuo approccio durante la prima fase di registrazione?
Il modo in cui io scrivo la musica è proprio un processo. Inizio con una melodia o idea armonica o anche proprio una trama e quindi sviluppo da questa, usando loop e stratificazione. Non è un reale metodo di composizione ma è un approccio incentrato ad evocare un’atmosfera o un’emozione. Qualche volta il suono di un field recording mi suggerisce una certa trama musicale e qualche altra volta inglobo nella mia musica un field recording che sembra evocare l’atmosfera del brano. Nel processo creativo di Green and Gray ho provato a creare trame elettroniche imitando suoni della natura catturati in field recordings.
Mi piacerebbe approfondire questi tre brani, in particolare per i titolo: Pleaiades, Ailanthus, Tithonos. Come sono nate?
Le Pleaiadi sono le sette stelle di una costellazione, denominate così dalle sette sorelle della mitologia greca. Per me il nome evoca qualcosa di distante e leggermente misterioso (il che traduceva quello che stavo provando a convogliare in musica), ma anche le relazioni che noi, come umani, imponiamo sul nostro tentativo di giungere ad un significato tra le congiunzioni astrali dell’universo.
Ailanthus è un albero che cresce in ambienti urbani, specialmente nella città di New York, dove io vivo. E’ chiamato anche “tree of heaven” o informalmente “weed tree”, e per me rappresenta il modo in cui la natura può esercitare la sua presenza in una vasta metropoli. Per il brano Tithonos ho usato un field recording di insetti come ritmo base per le parti di violoncello, l’ho nominato così ispirandomi al mito greco di colui che aveva chiesto la vita eterna trascurando di chiedere l’eterna giovinezza, invecchiò fino a diventare poi una cicala. Uno dei miei libri preferiti di Aldous Huxley, amaro e divertente al tempo stesso, è Dopo molte estati muore il cigno che è stato ispirato da questo mito.
A spire è particolarmente suggestiva. Cosa pensi tu della tua musica, del suo potere di condurre l’ascoltatore in un costante viaggio senza biglietto…
Quello che dici è veramente carino… grazie! Effettivamente io amo viaggiare, e mi sento veramente fortunate per essere in grado di farlo per la mia musica, e adoro scoprire nuovi posti ed incontrare nuove persone. Mi sento in uno stato di viaggio permanente, in uno stato di transizione verso l’ignoto che assolutamente caratterizza la mia musica. Spero che A spire riesca a descrivere questo stato.
Quali sono le differenze tra questo ultimo lavoro e i precedenti?
Il mio nuvo disco è più espanso musicalmente, rispetto al precedente e lo è forse anche dal punto di vista emozionale. Siccome io registro tutto a casa da sola, penso di aver fatto tesoro dell’’esperienza del primo disco e quindi in quest’ultimo mi sono sentita evoluta tecnologicamente e musicalmente nel processo di produzione.
Tu speso ritorni in Italia. Hai collaborato con Marco Milanesio, Barbara De Dominicis e Paolo Spaccamonti. Mi parli di queste collaborazioni? E cosa ti piace dell’Italia?
E’ sempre un piacere ed un privilegio suonare in Italia: gli ascoltatori sono cosi precettivi, cosi sofisticati. Sono fortunata a lavorare con molti grandi musicisti italiani: in aggiunta agli artisti che hai citato, ora collaboro con i membri dei Larsen a Torino, insieme a Fabrizio Modonese Palumbo e a Paul Beauchamp abbiamo registrato il nuovo cd dei Blind Cave Salamander, che tra l’altro include anche Marco Milanesio. Parallelo 41 è il progetto che mi ha vista coinvolta con Barbarta De Dominicis e Davide Lonardi, è stato molto interessante, Barbara è una magnifica cantante e creatrice di musica, straordinaria nell’improvvisare ogni volta che suonavamo, i visuals di Davide hanno giocato un ruolo primario nel progetto. Stiamo per realizzare un DVD per le perfomances che abbiamo tenuto in differenti posti in Italia, tra cui un tunnel abbandonato a Bolzano e Forte Marghera vicino Venezia. Si è creata una bella sinergia tra noi tre, io cercavo di reagire musicalmente alle atmosfere acustiche degli spazi ed al processo non convenzionale di registrazione di Barbara, mentre Davide creava un documento visuale.
Tu sei la violoncellista di Antony And The Johnsons. Come potresti descrivere la personalità artistica ed umana di Antony?
Antony è un artista grandioso e una bellissima persona. Mi sento veramente fortunata ad avere avuto la possibilità di suonare con lui. Ho imparato tanto sulla musica e sulla vita dalla mia partecipazione negli Antony And The Johnsons.
Tu hai collaborato anche con Devendra Banhart e Rufus Wainwright. Cosa pensi di entrambi?
Diciamo che non ho proprio collaborato, ho solo partecipato in qualche loro disco. Sicuramente sono persone che contribuiscono a rendere il mondo un posto più bello attraverso la loro musica e il loro enorme talento.
C’è un limite invalicabile tra musica classica e musica popolare? Ti sto chiedendo questo perché la tua musica sembra cercare un collegamento segreto…
I confini della musica saranno sempre permeabili perché nessuno dovrebbe costringerla in generi. Mi esercito come un musicista classico ma mi sento più amio agio nel mondo non classico. Penso che i confini tra musica classica e musica popolare si stiano affievolendo, e questa è buona cosa per i musicisti e gli ascoltatori.
Quali sono i cinque album che suggeriresi al tuo migliore amico?
Pensando a dischi recenti, ti dico che sto ascoltando a ripetizione A Winged Victory for the Sullen ovvero la recente collaborazione di Adam Bryanbaum Wiltzie e Dustin O’Halloran. ISAM di Amon Tobin è fantastico. La colonna sonora di Ernst Reijseger per il film Cave of Forgotten Dreams. Little Match Girl Passion di David Lang. La musica per piano di Federico Mompou eseguita da Martin Jones e L’Enfant Assassin des Mouches di Jean-Claude Vannier. E’ stato molto difficile selezionare solo cinque titoli, c’è molta musica grandiosa! (A spire è in streaming autorizzato)