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Noi siamo questo, la nostra musica: intervista ai 2Pigeons

In occasione di un evento particolarissimo come il Critical Book and Wine 2012 nel suo appuntamento bolognese al T.P.O. incontriamo i 2 Pigeons. La rassegna che affianca vignaioli, editori e musicisti indipendenti ospita una bella serata marchiata La Fabbrica Etichetta Indipendente. Chiara Castello (Pigeon 2) e Kole Laca (Pigeon 1) salgono sul palco immediatamente dopo il bravissimo Matteo Toni (un cantautore unico, da seguire a breve nel suo album d’esordio).
Dopo aver assaggiato il profumo del vino e dei libri, ci spostiamo nei camerini per una piacevole, informale ma anche approfondita chiacchierata. Con Chiara e Kole è facile parlare, sorridere e pensare. A loro va il ringraziamento per la disponibilità ad un confronto vero e umano, dove nelle parole e nella musica si va a scoprire anche un po’ delle “persone”. (Turtulleshe feat.Pierpaolo Capovilla è in streaming autorizzato; Foto 1 di Emanuele Gessi – Lost Gallery) si ringrazia La Fabbrica)

Secondo disco: tempo di bilanci? Si dice che sia sempre un traguardo difficile…
Chiara: In realtà per noi non è stato il disco più difficile perchè le condizioni nelle quali ci siamo trovati sono state nettamente di qualità superiore. Forse non è stato nemmeno il più facile, ma abbiamo avuto a disposizione uno studio vero, un produttore (Alberto Roveroni) che ci ha seguito, e oltre a quelli che chiamiamo “ospiti” abbiamo chiamato altri musicisti altrettanto bravi ed importanti che hanno suonato parti nel disco.
Kole: A dire la verità, il secondo disco diventa difficile se il primo ha avuto abbastanza successo (ride, ndr)… bisogna essere onesti!

Per quanto concerne il lato puramente musicale, quali sono le maggiori differenze tra Retronica ed i precedenti dischi?
Kole: Le differenze maggiori sono proprio nel modo di comporre e di decidere cosa mettere su un disco. Sia nell’ep che nel primo album abbiamo registrato e composto brani secondo quanto poi potevamo eseguire dal vivo; con Retronica abbiamo trovato più stimolante fare altro, a prescindere dalla mera esecuzione. Tant’è vero che abbiamo ripescato anche vecchie idee che non potevano rientrare nei precedenti dischi.
Chiara: Sì, abbiamo ritirato fuori delle cose, e lavorando prima anche separatamente, abbiamo composto in maniera più classica.
Kole: Modalità che per noi, in verità, era assolutamente nuova!

Come avete anticipato, Retronica vanta molte collaborazioni. Come sono nate, quanto sono state cercate e quanto, invece, sono frutto degli eventi?
Chiara: Avendo scelto di scrivere della parti che non eravamo in grado di suonare direttamente noi, abbiamo chiamato musicisti più bravi di noi per farlo! Ci sono parti di batteria, basso e chitarra… la scrittura ci ha portato ad avere bisogno di tutto ciò. Fondamentalmente si tratta di membri delle nostre ex band.
Kole: Abbiamo fatto una “super band”: bassista e chitarrista sono dei Museo Kabikoff, mentre il batterista è degli East Rodeo. Poi c’è Davide al contrabbasso.
Chiara: Infine ci siamo concessi un superlusso, nel singolo Hard working space ci siamo concessi addirittura un duo d’archi (violino e violoncello). Dobbiamo però svelare che il violino, nonché Primo Violino del San Carlo di Napoli, si chiama Cecilia Laca… quindi sorella di Kole!

Nel vostro progetto ho sempre riscontrato e sottolineato una salda simbiosi tra musica ed immagine: con il primo ep questa prendeva letteralmente forma nell’artwork del disco stesso, per Land è stata la volta del bellissimo ed inusuale video di Open doors oltre ai live visual di Michele Sambin. Sono certo che ci sia qualcosa in serbo anche per Retronica… cosa?
Kole: Hai intuito giusto!
Chiara: Tra breve uscirà il video di quello che noi chiamiamo “singolo”, Hard working space. Qui la linea estetica va fortemente a riprendere l’immaginario che abbiamo sempre adottato, mettendo insieme il militare-sovietico ed un immaginario spaziale e retro-futuristico.

Questa estetica di cui parlate, che vi contraddistingue da sempre, come si è sviluppata?
Kole: Io sono albanese, e fino ai miei vent’anni sono cresciuto in Albania. Lì avevo sempre davanti cartelloni della propaganda comunista. Brutti, fatti male: gli albanesi copiavano quelli russi, che comunque già dagli anni ’50 non erano più quelle vere e proprie opere d’arte degli anni ’20. Ho così proposto a Chiara di riprendere questo importante dettaglio del mio background, cercando di recuperare la parte più bella di quell’iconografia. Se uno vuole coglierlo, c’è ovviamente un lato anche ironico. In particolare questo è palese  nella copertina del primo ep: noi con microfoni e cavi in mano al posto di falce e martello!

Per quanto riguarda i testi e le atmosfere evocate dalle parole, ho avuto l’impressione che tutto sia fortemente incentrato sulla dimensione “umana”, sull’essere umano, sulla corporeità ed i suoi limiti, e tutto ciò che comporta anche il progresso. Alcune canzoni ne sono un esempio immediato: Reptile, Ikarus, Seven steps. Si denota una conflittualità, un disagio. Vi chiedo se è vero, e di cosa si tratta.
Chiara: E’ vero, e mi fa piacere che tu abbia colto questa sfumatura. E’ interessante infatti il conflitto ed il confronto con se stessi, l’evoluzione del corpo che diventa macchina (qui trovi il lato “futuristico”).
Kole: I testi sono di Chiara, ma ora mi permetto di vestire i panni del critico. La cosa interessante è proprio il confronto con se stessi, che porta a dubitare, fino a perdere la percezione su chi è l’originale e chi la copia. Chi è “la verità”? Tutti cerchiamo la verità, ma quando le cose sono troppo complesse forse è giusto e normale anche fermarsi.
Chiara: Ho cercato poi di inserire in tutti i testi, in particolare Ikarus ovviamente, quel fenomeno che spinge a voler superare il limite umano. Qui si va verso il concetto di macchina, di un corpo che “ci sta stretto”. Una cosa intrinseca nell’uomo, che viviamo nel quotidiano, con la tecnologia ma anche nella sfera spirituale.

Che ruolo svolge la tecnologia nelle vostre vite al di là dei palchi?
Kole: Come sul palco, finchè mi è utile, la uso più che volentieri. C’è gente che dice ad esempio che Facebook è il male ma io credo che dipenda tutto sempre dai noi, esseri umani, dal modo con il quale usiamo il mezzo. Sul palco, per esempio, la batteria che utilizziamo non è una cosa che si vede spesso nella musica elettronica e da molti per lo più viene usata quasi in situazioni da “pianobar”. Noi invece la pieghiamo ai nostri desideri.

Tornando al discorso delle collaborazioni, non è trascurabile l’importante presenza di Kole nei live de il Teatro degli Orrori. Il rapporto con la band è nata da tempo in un modo che, visto dall’esterno, pare estremamente naturale…
Kole: La collaborazione è nata perchè portammo a Giulio Favero il nostro primo ep da mixare. In occasione del MEI 2009 mi chiamò per questa esibizione de Il Teatro degli Orrori per suonare il piano. Dopodichè Giulio insieme a Pierpaolo Capovilla ha realizzato il reading su Majakovskij al quale ci siamo aggiunti io e Richard Tiso al basso. Successivamente, nel disco nuovo, visto che anche loro avevano previsto vari interventi di altri musicisti, sono stato chiamato a collaborare. Dovendo poi portare nel live questo tipo di composizione e di suono avevano bisogno di un tastierista, e questo è quanto. Hanno chiaramente sbagliato! Ma loro lo sanno: glielo avevo detto dall’inizio!

Uno tra i pezzi più impressionanti di Retronica è proprio Turtulleshe che vede la partecipazione di Capovilla. Nonostante Pierpaolo sia un personaggio molto esposto, il brano spicca per altro: è un brano assolutamente “vostro” dove la partecipazione crea soltanto una perfetta chiusura. Com’è si è sviluppata la creazione di questo pezzo?
Chiara: Sì, era proprio ciò che richiedeva il brano. Pierpaolo è stato bravo proprio in questo. Quel pezzo di brano l’ha scritto lui, creando un’ottima rifinitura.
Kole: Il testo è tradizionale albanese, proprio della mia città. In generale a me interessa molto attingere dalle fonti popolari, anche di varie culture; ovviamente quella albanese mi era più vicina e mi risultava più facile da maneggiare. La musica che ora più mi colpisce è quella: forti miscugli di generi, o ciò che nasce o prende spunto dalla tradizione. Paradossalmente, per me, è la vera novità.

Satellite e Nervous Countdown invece sono due brani che non mi sarei mai aspettato: qual è stata la loro genesi?
Chiara: Nervous Countdown esisteva già da prima, ma come abbiamo detto, non era stata trovata la giusta collocazione nei precedenti dischi, Kole l’ha ripresa ed io ci ho aggiunto il testo. Satellite, invece, è nata da un loop di voci che ho fatto io.
Kole: La piega che poi ha preso il brano non sappiamo spiegarla nemmeno noi. E’ il brano che ha deciso dove andare, non noi.

Due parole anche per l’evento che vi ha accolti insieme a Matteo Toni (anche lui della scuderia de La Fabbrica). Il Critical Book and Wine è una rassegna che unisce differenti mondi “indipendenti”: musica ed editoria (lavoro in campo artistico) e l’enologia (lavoro nel campo vero e proprio, ma ovviamente non solo). Cosa pensate di questa iniziativa?
Chiara: E’ davvero molto bello. Dai modo a chi viene a seguire l’evento di godere di diversi piaceri!
Kole: Io mi ci trovo di brutto! Poi ciò che unisce questi differenti mondi è il piacere di fare le cose che si amano. Ovvio che bisogna guadagnarci tutti quanti perchè bisogna viverci, ma scrivere un libro, come una canzone, o fare del buon vino significa dire “Questo sono io”. Alla domanda “Chi sei tu?” poter rispondere “Io sono questo. Faccio questa cosa”. Sarebbe un mondo migliore se tutti quanti, nel limite del possibile, facessimo qualcosa, così, con amore. Se non ti piace ciò che fai… non farlo.

Turtulleshe – Preview

Hard Working Space – Video

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