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Vi presentiamo Addio cane!: intervista a Piefrancesco Adduce (Guignol)

Addio cane! (Automatic/CasaMedusa/AtelierSonique/CNI) è il quarto album firmato Guignol. Vede la luce dopo due anni dall’uscita di Una risata ci seppellirà, due anni di intensa attività live, di confronti artistici, umani ed intellettuali e di profondi cambiamenti che hanno coinvolto la band. L’uscita ufficiale è prevista per il prossimo cinque maggio. Losthighways ha il piacere di ospitare l’anteprima di tre inediti (In omaggio il tuo Dio è anche in free download) e di presentarvi queste nuove undici canzoni con un’intervista cui Pierfrancesco Adduce, volto storico del gruppo, autore dalla penna pungente, dall’animo musicale rivoluzionario e gentile, si è prestato con autenticità, lasciando che fra le frasi si fermassero i colori vivi di mesi di vita e lavoro. È bello poter entrare nelle stanze di un disco dalla porta principale, calpestarne le mattonelle senza che i tuoi ospiti indossino maschere, senza nessun azzeccagarbugli ad imbustare sentenze. Buon viaggio, e ricordatelo: non occorre mettersi in fila e nemmeno lasciare a casa le proprie fobie. Quello che conta è entrare e lasciarsi offrire un amaro come si deve. (Foto di Lucia Meazza  – www.stereodinamica.it)

Il quarto album vede la luce dopo due anni esatti dall’uscita di Una risata ci seppellirà e si porta addosso lo stesso identico odore: l’odore intenso dell’autenticità, della coerenza e della lotta. Credo che Guignol, oggi, non sia semplicemente un nome proprio di gruppo, ma un progetto, una direzione. Mi sbaglio?
Lo è nel momento in cui accompagna come un cagnaccio (per l’appunto!) fedele le nostro esistenze. La mia di sicuro, in bene e in male, più o meno consapevolmente, nel senso che si porta con se le “scorie”, le emozioni, le idiosincrasie, il meglio e il peggio delle mie/nostre giornate. La lotta, se ho inteso quello a cui ti riferisci, ha a che vedere con l’oggettivo, quello che ci circonda, quello in cui affoghiamo sempre peggio, quello che vorremmo, spereremmo cambiasse, pur sapendo che sarà sempre condotta ad armi impari e che possiamo, riusciamo a incidere poco o nulla in tal senso… ma poi c’è, soprattutto, quella con se stessi, e li se ne esce spesso piuttosto malconci, più che contro tutto il resto. Questo nuovo disco è li a raccontare soprattutto questo tipo di conflitto.
E’ una direzione che vorremmo poter dire, anche citando qualcuno, ostinata e contraria, lo è per il semplice fatto di essere ancora qui a proporre il nostro lavoro quando ogni segnale intorno a noi, sociale e non, a livello di gruppo e a livello personale, sconsiglierebbe di farlo ed è una direzione in cui  la rotta è soggetta a forti turbolenze, è traballante, un po’ ubriaca, un po’ incosciente, solitaria al solito, ma l’unica possibile, l’unica che sappiamo e che ci corrisponde.
L’esigenza di questo disco è dettata forse dal fatto di dover chiudere e saldare dei conti che spesso o sempre non tornano, per poi riaprirli subito dopo come e più di prima!
È il ribadire ostinato di chi non vuole cedere o rassegnarsi ma è anche un appuntamento con se stessi, a nudo e senza sconti, li dove parte il tutto, la lotta e il conflitto che non si risolvono, come la vita del resto, che non ha soluzioni, ma solo possibili vie, il più delle volte inspiegabili.

Pensando al disco, quindi…
Addio Cane! è per quanto mi riguarda il più urgente e completo tra i nostri lavori, è il naturale proseguimento del precedente Una risata ci seppellirà, ma è anche tutto ciò che credo mancasse a quel lavoro.
E’ stato scritto durante il tour precedente, si è scritto da sè praticamente… è quindi il più spontaneo e immediato tra i nostri dischi e rappresenta la fine di un ciclo artistico e di vita, uno sguardo caustico, divertito e atterrito al contempo rivolto in un primo momento fuori e poi dentro di sé subito dopo.

La nazione/città/circo di Farfalla, dei 12 marmocchi, dei polli in batteria si è popolata di nuove creature/allucinazioni che, rubando la voce alla sete, quella delle anime, ci raccontano il desiderio, la violenza, la bellezza, la fede, il cemento. Presentiamoli a chi ci legge, cane compreso.
Sono figure e  vicende vissute anche in prima persona, ricordate o rese deformi da un sguardo un po’ visionario, un po’ – mi piace pensare- alterato dalle polveri sottili che ci coprono dentro e fuori.
C’è una nota comune di vitalità disperata, che si manifesta in modo eccessivo e anche violento, di una violenza sempre latente, sottotraccia, quasi fosse un dato ambientale imprescindibile che pervade il tutto.
In Addio cane! la bestia sta lì ferma e ti fissa, immobile, come un monito, un’epifania, fino a che non parla rivolgendosi all’uomo.
E’ la figura di un sogno che ho fatto tempo fa, probabilmente per via dei tanti randagi incontrati nei pomeriggi accecanti estivi nel Sud Italia, al riparo all’ombra di qualche muro di tufo.
Parodie di popolo conformista in Quello che vi dirò devoto come un gregge alle mode e alle tendenze (con riferimenti anche all’ambiente musicale italiano) dietro figure di artisti-marionette.
Ci sono intime confessioni di debolezza in In omaggio il tuo Dio, fragilità ma anche consapevolezza intorno ai propri vizi, irrinunciabili, croce e delizia di un’esistenza infantile, bambina, come unica possibile, perché unico, vero, autentico abbandonarsi. C’è la ricerca di un Dio di facile consumo, come ultimo comodo rifugio dopo troppe promesse e illusioni andate deluse.
Ne La Scimmia si racconta il vano ritorno al passato, alla ricerca di sé, il perdersi per ritrovarsi, sperduti in un doppio ego e in perenne conflitto con l’altro sé, in agguato, sempre pronto a tornare  e a prendere il sopravvento, come un demone, come una scimmia dispettosa e beffarda.
In Padri e Madri un piccolo quadro di famiglia piccolo borghese, tra rancori, conti da saldare, vite intere da rinfacciarsi, vanità e vanaglorie da esibire, bugie da perpetuare.
Girotondo, è una canzone sulla perdita dell’innocenza, l’entusiasmo e la vitalità giovanili e sui tanti muri di gomma del potere, il saggiarne, alla fine, l’essenza violenta, corrotta e autoritaria. L’Italia di oggi, l’Europa della grande crisi e il nord Africa delle primavere arabe ecc…
In Un giorno fra i tanti il senso di soffocamento  nell’alienante afasia  di un ufficio lavorativo.
In Blues del buco le irresistibili dipendenze psicologiche o fisiche intonate su vascelli metropolitani in rotta verso In nessun luogo, tra delirio da intossicamento e fantascientifici, futuribili, desolate città future.
Il torto di ostinarsi a vivere, pur provenendo dal lato “sbagliato” del mondo ne Il torto che è anche il singolo del disco.
E infine Cani e figli tuoi sull’Italia post Tangentopoli, quella post Berlusconi, quella dei 150 anni dall’Unità, in fondo incapace di una vera e propria rivoluzione, sempre e comunque vittima di se stessa, della propria storia, del proprio carattere antropologico, vario, diverso nelle epoche e nei suoi particolarismi ma in fondo sempre troppo simile e riconoscibile.

Parliamo di musica: cosa ha determinato l’impronta sonora di Addio cane!?
L’impronta sonora è stata determinata dal fatto di avere le canzoni già ben abbozzate di base, ma in forma molto essenziale, testi su chitarra, basso, batteria, con il gruppo che nel frattempo ha cambiato fisionomia: la fuoriuscita di due elementi ha innescato una generale revisione del tutto, con l’inserimento sui brani di due musicisti, vecchie conoscenza nostre, già collaboratori e saltuariamente sul palco con noi, ma mai così
dentro alle nostre cose, soprattutto per quanto riguarda i suoni, come Francesco Campanozzi, già con i vari Le Gros Ballon, Fabrizio Coppola, Alessandro Fiori, e  Paolo Perego degli Amor Fou.

Qual è il cuore pulsante del disco? Con quale dei nuovi pezzi presentereste idealmente ad un pubblico che non vi conosce il vostro nuovo lavoro?
Non c’è un vero cuore pulsante, tutti gli episodi vivono di vita propria e ci piacciono per ragioni diverse.
Lo presenteremmo idealmente e anche di fatto con brani come Il Torto che sarà anche il singolo in promozione, In omaggio il tuo Dio di sicuro, La scimmia per dirne un altro, o Padri e madri.
Sono tutti brani che riteniamo molto ben suonati e ben riusciti.

Come hanno interagito i componenti della band nella messa al mondo delle canzoni? Quale ruolo hanno avuto i collaboratori di sala, i produttori?
Le canzoni dei Guignol nascono in genere da miei spunti per chitarra e voce portati poi al gruppo in sala prove. Le abbiamo provate qui e li nei ritagli di tempo, in trio, a Milano. Registravamo dei provini grezzi con lo Zoom e mandavamo dei file a Giulio, il nostro bassista che vive in Centro Italia. Quindi dopo poche prove insieme abbiamo capito che avevamo seriamente qualcosa che aveva forma e sostanza. Nel frattempo il gruppo si è un po’ sfaldato sul finire del tour di Una risata ci seppellirà, che è stato lungo e faticoso, per tante ragioni personali, economiche, lavorative, ecc. Abbiamo raccolto le  forze residue, i nostri brani e devo dire anche, la mia ferma ferrea convinzione di avere un buon disco in embrione tra le mani.
Quindi  Francesco Campanozzi e Paolo Perego hanno avuto un ruolo fondamentale, entrando di fatto quasi come 5° e 6° elemento del gruppo e dando un grosso apporto in termini di idee e soluzioni sonore che, per come stavamo messi, quasi al lumicino, difficilmente avremmo raggiunto. Francesco è un polistrumentista che già ci ha accompagnato live più volte, al basso o alla chitarra, abile tecnicamente e molto versatile (non per nulla collabora a vari progetti, dai NOA che furono a Fabrizio Coppola, ai Le Gros Ballon, Piano Machine, Alessandro Fiori e quindi Guignol): la sua presenza ha inciso molto sui suoni delle chitarre, delle tastiere, sui colori in generale e in fase di mix. Paolo (attualmente bassista degli Amor Fou, ex NOA, Raffaella Destefano, Fabrizio Coppola e altri) ha preso parte in modo altrettanto vario e decisivo più che altro in fase di mixaggio, ed è anche lui indifferentemente, bassista, chitarrista, batterista, ecc. Attualmente accompagna i Guignol dal vivo proprio alla batteria.

Il disco verrà presentato ufficialmente con un live il prossimo 5 maggio a Milano. Avremo l’occasione di un paio di anteprime (a Pontremoli il prossimo 27 aprile e a Roma il 28). Seguiranno svariate date in tutta Italia. Cosa aggiunge ad un disco l’occasione del live? Cosa vorreste/vi piacerebbe aggiungesse a questo disco in particolare?
L’occasione del live è l’occasione vera ed effettiva che giustifica il fatto di suonare, non c’è confezione disco che tenga. La musica è una cosa viva e deve essere suonata in diretta ai vivi. La finalità del disco è quella che porta i musicisti davanti a un pubblico ed è il vero banco di prova di tutto. Ci piacerebbe aggiungesse l’opportunità di raggiungere un pubblico più numeroso ma anche più critico e attento, meno passivo magari. Quello di emozionarlo e colpirlo allo stomaco, oltre che alla testa, possibilmente, è compito nostro e finchè dura siamo lieti di continuare a tentare questo mestiere.

Link: In Omaggio Il Tuo Dio – Free Download

Addio Cane – Preview

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